"-E' come nelle grandi storie, padron Frodo, in quelle che contano davvero. Erano piene di oscurità e pericolo, e a volte non volevi nemmeno sapere come andavano a finire, perchè come poteva esserci un finale allegro? Come poteva il mondo tornare come prima dopo che erano successe tante cose brutte? Ma alla fine, era solo una cosa passeggera, quest'ombra. Anche l'oscurità deve finire. Arriverà un nuovo giorno, e quando il sole sorgerà, sarà ancora più luminoso. Quelle erano le storie che ti restavano dentro, che ti insegnavano qualcosa, anche se eri troppo piccolo per capire perchè. Ma credo, padron Frodo, di capire. Ora, so. I protagonisti di quelle storie avevano molte occasioni per tornare indietro, ma non l'hanno fatto. Sono andati avanti, perchè erano aggrappati a qualcosa. - Noi a cosa siamo aggrappati, Sam? - C'è ancora del buono a questo mondo, padron Frodo. Ed è giusto combattere per questo."
J.R.R. Tolkien, Il signore degli anelli.

15 ottobre 2012

Il Vangelo, speranza per la Sicilia


Pubblichiamo la riflessione del rev. don Antonio Ucciardo, presbitero della diocesi di Catania e teologo, sulla nota della Cesi dal titolo Amate la giustizia, voi che governate la terra, divulgata nei giorni scorsi.     

vangelodi Antonio Ucciardo* - Nel clima attuale di disaffezione alla politica, lesivo per la convivenza democratica tanto quanto l'utilizzo errato delle opportunità concesse ai cittadini, bisogna segnalare la vigorosa presa di posizione dell'Episcopato Siciliano, che ci viene consegnata nella nota Amate la giustizia, voi che governate la terra (9 ottobre 2012). Le riflessioni dei nostri vescovi rappresentano sicuramente un contributo utilissimo all’arduo compito di tenere desta la speranza in una possibilità di autentico rinnovamento.



In questo senso la parola dei presuli può essere offerta anche a quanti non condividono la fede della Chiesa. Il rinnovamento che tutti desideriamo passa, infatti, da un’assunzione di consapevolezza etica. Ribadendo l'incompatibilità tra il vangelo e la mentalità mafiosa, e guardando all’esempio dei testimoni della nostra terra- don Puglisi e il giudice Livatino vengono menzionati espressamente- i vescovi auspicano «un “salto culturale” di tutta la società siciliana nel ripensare la propria convivenza civile, restituendo a ciascuna persona la dignità e la responsabilità di partecipare, soprattutto attraverso il lavoro, alla costruzione della casa comune, rigettando pericolose derive di disimpegno o di qualunquistica condanna delle colpe altrui per assolvere sempre le proprie».

Mi pare che questa sottolineatura rappresenti l’anima del documento. Da una parte, infatti, viene detto con chiarezza e coraggio che occorre un «autentico impegno in favore di una legalità non puramente formale, spesso funzionale a logiche di potere, ma da riconoscere e praticare quale strumento di tutela e presidio di valori sostanziali, più che mai irrinunciabili per costruire un’ordinata e fruttuosa convivenza civile». Dall’altra si invita a lasciare da parte «presunzione e personalismi, strumentalità e isterie», nella convinzione che «utilmente risuona il monito del libro della Sapienza, secondo cui “il giudizio è severo contro quelli che stanno in alto” (Sap 6,5)» (BENEDETTO XVI, Discorso all’ Internazionale Cristiano-Democratica, 22 settembre 2012).

Attraverso quali modalità è possibile perseguire il fine al quale le elezioni devono tendere? La nota ne indica due: la centralità della persona e il bene comune. Dopo aver richiamato la grande emergenza educativa, che dalla scuola si estende anche ad altri ambiti della convivenza civile, il documento non esita a riconoscere che «centralità della persona vuol dire altresì ripensare alla luce dei principi di sussidiarietà e solidarietà, e non del mero rigore finanziario, le politiche sociali e l’organizzazione della sanità. Vuol dire anche assumere una progettualità precisa e trasparente in settori strategici per la vita della collettività siciliana come quelli della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti, dell’acqua, nonché della valorizzazione delle energie alternative, della tutela dell’ambiente e del territorio, e delle risorse artistiche e cultural i: ambiti che troppo spesso sono apparsi ridotti a solo terreno di scontro di interessi politici ed economici».

Per quanto concerne invece il bene comune, che la nota intende come la responsabilità di tutti (anche degli elettori), viene richiamata la necessità di «una solidarietà lungimirante e di una concentrazione assoluta e senza distrazioni su alcune priorità: il lavoro per tutti, la lotta penetrante e inesorabile alla corruzione e al malaffare e la riforma dei meccanismi e degli strumenti della partecipazione democratica».

Alcune considerazioni meritano di essere riportate per esteso: «Attraverso penose scorciatoie, utilizzate per creare o mantenere il consenso elettorale, si è contribuito ad alterare gravemente l’approdo al mondo del lavoro di migliaia di giovani, bruciando intere generazioni con la piaga del precariato. Tale approccio ha contribuito al consolidarsi di percorsi e modelli deresponsabilizzanti, incapaci di riconoscere la centralità che il capitale umano riveste in ogni autentico processo di cambiamento. Tale perverso circuito appare, in ogni caso, definitivamente inceppato a causa del grave deterioramento in cui versa la finanza regionale. Il modello di sviluppo praticato in questi anni è risultato sbilanciato paurosamente verso una deviante dilatazione dell’intervento pubblico, a scapito della valorizzazione del protagonismo sociale e imprenditoriale espresso dal nostro territorio, che una politica meno autoreferenzi ale avrebbe dovuto, al contrario, riconoscere e valorizzare. È stata alimentata la distorta convinzione che l’unica risposta adeguata alle aspirazioni di crescita potesse scaturire dall'iniziativa diretta dell’amministrazione regionale, consolidando logiche di scambio clientelare. La cattiva politica ha potuto così prosperare, coniugando consenso e spesa pubblica improduttiva, in una prospettiva sempre più appiattita al solo ciclo elettorale. Questa tendenza prevale anche nella campagna elettorale in corso. Il dibattito tra gli schieramenti è concentrato,infatti, più sulla gestione dei mutevoli rapporti di forza, che non sul confronto leale concernente programmi, obiettivi e competenze necessarie per realizzarli. Uno scenario che sembra lasciare spazio solo a tatticismi utili a drenare consenso».

Le altre riflessioni, che sono conseguenti a quelle che ho voluto qui evidenziare, meritano di essere lette con attenzione. Non è certamente tempo sottratto ad altre cose più utili, perché è difficile trovare spunti che abbiano forza maggiore di questi. Il tono di franca denuncia, oggi sovente scambiato con l’urlo della demagogia o con il rancore indiscriminato e sempre improduttivo, è costantemente unito ai motivi di speranza. Se il Vangelo e la Dottrina Sociale della Chiesa sono i motivi ispiratori, in primo piano è sempre la profonda sensibilità della nostra gente, plasmata da una cultura cristiana che può e dev’essere ancora lievito di una società fondata sulla giustizia ed aperta ai frutti della pace vera che da essa derivano. Non vengono misconosciute le responsabilità che anche i credenti hanno avuto nel processo di degrado, ma vengono pure affermate le ragioni dell a speranza che essi vogliono ora proporre. Non so quali altre agenzie educative sul nostro territorio propongano scuole e laboratori di formazione sociale, così come avviene nelle nostre diocesi. Tra l’altro, da questo sforzo congiunto prenderà vita, subito dopo le elezioni, un Osservatorio sulle politiche pubbliche regionali.

Non so neppure chi abbia ancora la capacità di affermare che «occorre ripartire dalla stima per l’originaria vocazione al bene che ciascun uomo nella sua unicità irripetibile rappresenta, riscoprendola come il primo e più significativo fattore di cambiamento della realtà sociale ed economica».

Il Vangelo è anche questo! Chi non crede, deve prendere atto che nel clima avvelenato di questo tempo, nel silenzio che copre diffidenze e prepara forse nuove strategie di potere, una voce ha tentato di esprimere le ragioni per guardare avanti, per non abdicare alla speranza, per tenere desta quella coscienza che ha fatto della nostra gente, del suo intelletto e della sua onesta fatica, un esempio da indicare con orgoglio. Innanzitutto agli stessi siciliani.

*Sacerdote diocesano e teologo

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