"-E' come nelle grandi storie, padron Frodo, in quelle che contano davvero. Erano piene di oscurità e pericolo, e a volte non volevi nemmeno sapere come andavano a finire, perchè come poteva esserci un finale allegro? Come poteva il mondo tornare come prima dopo che erano successe tante cose brutte? Ma alla fine, era solo una cosa passeggera, quest'ombra. Anche l'oscurità deve finire. Arriverà un nuovo giorno, e quando il sole sorgerà, sarà ancora più luminoso. Quelle erano le storie che ti restavano dentro, che ti insegnavano qualcosa, anche se eri troppo piccolo per capire perchè. Ma credo, padron Frodo, di capire. Ora, so. I protagonisti di quelle storie avevano molte occasioni per tornare indietro, ma non l'hanno fatto. Sono andati avanti, perchè erano aggrappati a qualcosa. - Noi a cosa siamo aggrappati, Sam? - C'è ancora del buono a questo mondo, padron Frodo. Ed è giusto combattere per questo."
J.R.R. Tolkien, Il signore degli anelli.

24 dicembre 2007

PENSIERO XXVII


Chi ti regala anche solo un libro, ti ha già donato almeno tre cose: la conoscenza del passato, un'idea per il presente e la speranza del futuro.


16 dicembre 2007

PAGINA I

I. Le ragioni del malcostume – non dico della mafia, del terrore, della consapevole opposizione alla vita della civiltà, ma di quel subdolo e miserrimo andare contro le ragioni della morale nella piccolezza del quotidiano – le ragioni stanno nel ritenerci tutti così insignificanti, da non dare peso al nostro essere presenti sul palcoscenico del mondo. Difficilmente una commedia potrà avere successo, se anche l’ultima delle comparse sbagli entrata o battuta, né sìè mai vista una squadra sportiva vincere una partita nella quale ogni giocatore ha impostato da sé e per sé la propria tattica di gioco. Eppure, pensiamo – tutti! – di fare a meno di guardare la ricaduta del nostro agire.

II. Oggi l’anacoreta non è più colui che si astiene dalla carne, né chi si tiene lontano dal frastuono della città. La città seduce non già con la mercanzia di cosce esposte per le strade: anche il sesso più degradante per lo spirito tiene ancora aperta la porta della coscienza sull’agire morale. È il lento paralizzarsi di ogni idealità eroica che si deve temere sopra ogni cosa. L’uomo che chiede sesso – e solo sesso – sa di essere povero. O l’intuisce. O verrà il momento in cui avrà fame di sazietà. L’uomo che riceve la lusinga della vanagloria piccolo-borghese è un uomo che si crede ricco oltre ogni ragionevole dubbio. La via verso la dannazione è quasi certa. Non c’è redenzione perché non si crede di averne bisogno.

III. La lusinga dell’importanza. Ogni cosa, perfino il sistema politico, gioca il ruolo di seduttore, per far perdere all’uomo la coscienza della propria limitatezza e, a un tempo, della sua responsabilità davanti alle sorti dell’altro. Essere limitati non vuol dire non essere importanti. Significa fare attenzione a che questa importanza non vada perduta. La città ci lusinga, ma quando i nodi vengono al pettine, rischiamo di essere sacrificati come agnelli per salvare un polo di peccatori. Si trova sempre il capro a cui far pagare la colpa di tutti. La lezione è antica ma non è servita. Non ci accorgiamo di quanto a caro prezzo paghiamo questa nostra accondiscendenza verso il male.

IV. L’anacoreta è la sentinella di cui parla Isaia. Perché ritirarsi, se non per essere più desti? In desti, appunti, e in dormienti distingue Eraclito gli uomini. Svegliarsi dal sonno animale, dalla mera vita biologica è l’atto autentico col quale ha inizio una vita morale. I limiti del nostro agire, tuttavia, proprio perché troppo vicini a noi, sono quelli che più maggiormente ci sfuggono.

V. Ci tocca stare fermi, mentre un mondo intero crolla. Ma è in questi momenti che l’uomo acquista la consapevolezza della propria forza. L’unica cosa che fa di un uomo un vincente è la sua forza morale. Non possiamo pensare che avremo sempre energie per brandire una spada, e col tempo vengono meno pure i nemici. La vera e continua battaglia è quella con la vita: vivere è una guerra per la quale non attendiamo mai così allegramente la pace. E il più sanguinoso campo di battaglia è l’animo. Non ci sono armistizi per salvare la faccia: una vittoria è una vittoria. Una sconfitta, una ferita da leccarsi nell’immediato, e una cicatrice se il tempo saprà fare il suo mestiere. Sartre ha azzeccato il punto: il riconoscimento da parte dell’altro passa attraverso la sua bile.

12 dicembre 2007

PENSIERO XXVI


La più grossa fortuna che possiamo augurarci è di trovarci sempre accanto persone degne dei nostri sogni.

8 dicembre 2007

PENSIERO XXV


Una donna può essere meschina di madre natura. O per natura della madre.

6 dicembre 2007

PENSIERO XXIV


Si può dubitare dell'esistenza di Dio. Ma non si può dubitare che, se egli esiste, sia cattolico e parli latino.



2 dicembre 2007

PENSIERO XXIII


La vera ricchezza è quella che nasce dal cuore. Quella del portamonete si chiama disponibilità economica.


1 dicembre 2007

PENSIERO XXII


Il perdono è l'unico seme dal quale possa germogliare la pace per chi lo pianta, il meglio per chi lo raccoglie, e la speranza per entrambi.

30 novembre 2007.