"-E' come nelle grandi storie, padron Frodo, in quelle che contano davvero. Erano piene di oscurità e pericolo, e a volte non volevi nemmeno sapere come andavano a finire, perchè come poteva esserci un finale allegro? Come poteva il mondo tornare come prima dopo che erano successe tante cose brutte? Ma alla fine, era solo una cosa passeggera, quest'ombra. Anche l'oscurità deve finire. Arriverà un nuovo giorno, e quando il sole sorgerà, sarà ancora più luminoso. Quelle erano le storie che ti restavano dentro, che ti insegnavano qualcosa, anche se eri troppo piccolo per capire perchè. Ma credo, padron Frodo, di capire. Ora, so. I protagonisti di quelle storie avevano molte occasioni per tornare indietro, ma non l'hanno fatto. Sono andati avanti, perchè erano aggrappati a qualcosa. - Noi a cosa siamo aggrappati, Sam? - C'è ancora del buono a questo mondo, padron Frodo. Ed è giusto combattere per questo."
J.R.R. Tolkien, Il signore degli anelli.

7 dicembre 2011

Riforma della Riforma: l’Episcopato Francica Nava tra i Pontificati di Leone XIII e San Pio X



La Riforma e Francica Nava


Di Antonio G. Pesce - Domenica 4 dicembre, nella chiesa di S. Giuseppe al Transito, si è svolta la conferenza dal titolo ‘Riforma della Riforma: l’Episcopato Francica Nava tra i Pontificati di Leone XIII e San Pio X’. A moderare gli interventi di don Antonio Ucciardo, docente di Teologia all’ISSR ‘San Luca’ di Catania, e del prof. Antonio Blandini, storico e giornalista, è stato il prof. Giuseppe Adernò, preside dell’istituto ‘G Parini’.
Adernò ha richiamato le grandi doti morali del vescovo Francica Nava, e ne ha sottolineato anche quelle intellettuali: fu, infatti, la capacità speculativa, orientata dal pensiero tomista, a porlo all’attenzione delle alte gerarchie ecclesiali, nonostante uno zio vescovo avesse osteggiato il dogma dell’infallibilità papale sancita dal Concilio Vaticano I.
Una figura, quella del card. Francica Nava, davvero imponente, anche se non molto conosciuta. A tratteggiarla lucidamente è stato Antonio Blandini, che ne ha messo in risalto l’inclinazione sociale in una Catania sobillata da un anticlericalismo di maniera.
‹‹Catania ha sempre ingoiato i suoi figli più gloriosi›› ha aggiunto Blandini, raccontando un aneddoto poco conosciuto. Di ritorno in città, il Cardinale venne avvisato dal proprio cocchiere che in via Etnea era in svolgimento una manifestazione anticlericale, e che dunque era pericoloso attraversala. Con decisione, Francica Nava gli ordina di proseguire, e mentre la carrozza sfila tra due ali di folle, quello che ne raccoglie non sono fischi ed insulti, bensì l’ossequio della città. Del resto, quando nel 1904 si parlò di un possibile suo trasferimento a Palermo, Catania si mobilitò con una raccolta di firme, che raggiunse lo scopo di convincere la Santa Sede a lasciarlo ai catanesi.
Esempio di carità, forzò il cordone sanitario stretto su una Messina sepolta dal terremoto del 1908, al fine di portare la propria solidarietà al confratello vescovo e alla città peloritana. Da qui verranno alle pendici dell’Etna migliaia di orfanelli: per loro, Francica Nava pensò ad un istituto agrario, Il Valdisavoia.
Un cardinalato all’insegna del progetto riformatore di un (apparente) conservatore Pio X, al secolo Giuseppe Melchiorre Sarto. Del quale, purtroppo, pochi sanno essere stato il primo papa della storia ad aver attraversato tutti i ‘gradi’ della gerarchia: da parroco di campagna a parroco del Mondo.
Antonio Ucciardo, infatti, nel proprio intervento ha voluto mostrare come vi siano chiarissime analogie tra l’ispirazione ‘riformatrice’ di Pio X e quella che sembra emergere sempre più come caratteristica saliente del pontifico di Benedetto XVI. A cominciare dal motto, che se del primo è ‘Instaurare omnia in Christo’ (instaurare ogni cosa in Cristo), quello sotto il quale si può leggere l’attuale pontificato è ‘Nihil anteponere Christo’ (non anteporre nulla a Cristo), cioè, in fin dei conti, la formulazione ‘negativa’ della prima.
Lettura teologica di ampio respiro ed originalità, che non ha mancato di trattare anche il tema delle riforma liturgica verso la quale si sta muovendo papa Ratzinger, e di cui il Summorum Pontificum è il primo momento. Il momento, possiamo dire, in cui è stata restituita alla Chiesa la propria ‘continuità liturgica’: con questo documento del 2007, il Papa ha permesso ai sacerdoti – non più sotto previa autorizzazione vescovile – la celebrazione in rito romano antico (cioè secondo i libri liturgici in vigore prima della riforma degli anni ’70), purché vi sia un gruppo di fedeli che lo richieda.
Proprio don Ucciardo, alla fine della conferenza, ha celebrato secondo il messale tridentino, coadiuvato dal gruppo liturgico che, proprio nel nome, ricorda il card. Francica Nava, e che ha in Fabio Adernò e Piersanti Serrano gli animatori di un folto gruppo di chierichetti. E di un altrettanto nutrito numero di fedeli, che chiede soltanto rispetto per il proprio ‘carisma’.

Pubblicato il 7 dicembre 2011 su Catania Politica

Bentornata Laura in una Catania rassegnata

Bentornata Laura in una Catania rassegnata
di Antonio G. Pesce - Bentornata a Catania, Laura. Bentornata nella città che ti ha imposto domande così grandi, per le cui risposte non ti basterà la vita intera. Perché quelle domande, ormai, sono tutta la tua vita.
Bentornata qui, cara Laura, bentornata nella normalità della tragedia: adesso che sei tornata, quella Catania che ha provato a dimenticarti, potrà finalmente archiviare la tua vicenda come una delle tante ‘fatalità’ a cui si è rassegnata. Non sei l’unica, Laura, non lo resterai: ogni anno Catania e la sua provincia dimenticano carpentieri caduti dall’impalcatura, operai morti tra i denti di qualche macchina, autotrasportatori uccisi dal sonno che non potevano smaltire, eccetera. Ogni anno la mancanza di speranza inghiotte una fetta consistente della sua gente migliore. Ci siamo rassegnati anche al baratro dell’educazione civile. Mentre leggi queste righe, in qualche quartiere della città un giovane finisce nelle spire dell’illegalità, qualche altro viene instradato allo spaccio o all’estorsione.
A Catania ci si rassegna presto. A Catania si fa presto a dire che non si poteva far nulla. A Catania si fa presto a derubricare tutto a ‘incidente di percorso’. Non farti fare questo torto, cara ‘collega’. Non cedere alla tentazione – è una tentazione vera e propria – di pensarti come ‘caso’, un evento tra gli altri, e così lasciarti andare al gorgo dell’oblio. Tieni per te – tienitela cara, perché ormai è tutt’uno con te – la pena del tuo cuore, perché questa ‘piazza’ non merita ancora (non è preparata, non è ancora matura) ad una riflessione collettiva sul senso della vita. Tieni per te questa pena, questa ricerca del senso dell’evento in cui è data oggi la tua esistenza. Ma condividi con noi – se è il caso, gridacelo in faccia – il male civile che ci affligge.
Non lasciarci soli, Laura – noi, che ti abbiamo lasciata sola. Non dimenticarci, Laura – noi, che abbiamo fatto di tutto per dimenticarci di te. Stacci vicino, Laura. Catania, ormai, ti è nelle vene. Ti è entrata dentro come il più inguaribile dei mali. Tu entrale dentro, come la più passionale delle voci.
Catania, paralizzata dalla mancanza di speranza, ricominci a camminare anche grazie alla tua forza. Non puoi più mutare il tuo passato, Laura, ma puoi ancora contribuire cambiare il futuro di questa città. Non sarebbe poco, e donare speranza è il più grande atto di riscatto che una vita possa compiere.

Pubblicato il 6 dicembre 2011 su Catania Politica 

Consiglio comunale offline

Consiglio comunale offline
di Antonio G. Pesce – Saro D’Agata, Francesca Raciti e Manfredi Zammataro sono stati gli ultimi a dire che c’era un problema di comunicazione tra il Palazzo e la città. Poi, anche loro sono scomparsi. Inghiottiti nel buio che sta avvolgendo il Consiglio comunale.
Un po’ vecchiotto il loro ragionamento: bisogna riattivare il servizio di trasmissione televisiva delle sedute. Un po’ datato, perché tanto c’è lo streaming web, la pagina del sito comunale in cui viene trasmessa la diretta dei lavori d’aula. Manco il tempo di dirlo….
Anche dal web sono scomparsi. Da alcune sedute, infatti, è venuto meno perfino il servizio internet, che almeno tentava di mettere una pezza a questa indecorosa situazione. E salvava la faccia ad un’amministrazione, che si era impegnata a rifinanziare nottetempo il capitolo di spesa per la copertura della televisiva dei lavori d’aula.
Vi saranno più che spiegabili motivi tecnici: troppo ingiusto pensare –come ha fatto la Raciti nell’ultima seduta utile – che si voglia imbavagliare il Consiglio. Neppure il più mefistofelico tra i sodali di Stancanelli – che oltre all’opposizione, deve pensare anche alla propria maggioranza – potrebbe architettare qualcosa del genere. Più semplicemente, si ritiene che la trasmissione dei lavori, quale che ne sia il mezzo, sia un optional, e che se c’è tanto meglio, ma se non c’è non cade il mondo.
Tuttavia, non pare che si sia così parchi di mezzi, quando c’è da tenere conferenze stampa, annunciare cambiamenti epocali, vendere il prodotto politico ad una città che non ha più nulla da spendere per comprare alcunché. Tutta colpa dell’amministrazione? La colpa c’è. La massima parte pure. Ma non tutta. I partiti catanesi, i nostri consiglieri, le loro associazioni, quanto fanno per rendere pubblici i loro dibattiti? Da mesi manca la tv in aula. Da un anno noi di Catania Politica invitiamo ad un riassetto del sito web comunale, e ad una maggiore cura del servizio streaming. Non è che si siano visti miglioramenti. E davvero, poi, non c’era come sopperire alla mancanza comunale? Davvero non c’era un sito, un blog, una paginetta Fb di qualche consigliere di municipalità, che potesse ospitare lo streaming? Lo si fa per Santoro, Crozza, le assemblee di partito, lo si poteva fare anche per il senato della politica cittadina, della quale tutti, almeno quando sono seduti sullo scanno, dicono di voler rendere più democratica.
Per ora basterebbe renderla più trasparente.

Pubblicato il 29 novembre 2011 su Catania Politica

Emergenza criminalità a Catania… ma non per il Consiglio comunale

Emergenza criminalità a Catania… ma non per il Consiglio comunale 

di Antonio G. Pesce - Ieri sera Consiglio straordinario sulla legalità in città. Sapete quanti erano i consiglieri in aula? Quanto le dita delle mani! Erano dieci. Dico, signori: dieci (10)! Mi sa che qui nessuno si è reso conto della situazione. Mi sa che qui abbiamo sbagliato candeggio, quando abbiamo scelto i nostri ‘candidati’ alla Cosa Pubblica.
Ora mi si dirà: moralismo! Populismo! Bene, sono moralista, sono populista. Ma con una storia alle spalle, come quella che ha Catania, non si può non metterci il carico nella partita per la sicurezza. Siamo sinceri: non è che ieri sera, ci fosse stato il tutto esaurito come mai c’è stato (mai, e se dico mai, intendo dire ‘mai’, neppure per il bilancio. Mai!), da oggi la nostra città sarebbe stata diversa. Non è che i nostri commercianti sarebbero stati liberati, già all’ora della colazione, del giogo dell’estorsione, o i turisti non sarebbero più stati scippati perfino nella centralissima via Etnea. E sia chiaro: non è che il comune di Catania, costituendosi parte civile nel processo in cui è vittima la nostra cara Laura Salafia, avrebbe risolto i problemi di una persona che, innanzi tutto, deve fare i conti col proprio destino – non quello che è accaduto, ma quello che accadrà, le scale che, ancora per lungo tempo, non potranno essere salite con i propri piedi; la detersione del corpo che non potrà essere fatta, ancora per lungo tempo, con le proprie mani, ecc.
Sia chiaro: non è che al Consiglio comunale si cambi la Storia dall’oggi al domani. Signori, siam seri: già è tanto che approvino il bilancio a rotta di collo, figurarsi se riescano a farsi interpreti della sorte di un popolo. Non è questo il punto. Il punto è che questa gente – e qui mi fermo nella qualificazione – ci rappresenta. Signori lettori, volete che vi spieghi che vuol dire? Vuol dire che ieri sera la città di Catania si è schierata contro l’illegalità diffusa per non più di un quarto. Cioè tre quarti della città non ha a cuore la prosperità e la dignità di questo popolo – la Patria di Agata!
Ora, il problema è questo: chi è il peggior nemico della patria di Agata? Chi la vuole assaltare, o chi, non per malafede ma per stupidissima incuria, gli apre le porte dall’interno? Chi il vero nemico del cittadino: l’antistato che sempre ci sarà, o lo Stato che non vuole combatterlo, perché frattanto ha di meglio da fare nei bar della città, magari posteggiando in doppia fila l’auto perché non trova parcheggio davanti al bancone?
Un piccolo appunto per concludere: ieri sera non c’era la diretta televisiva. Ancora i capitolo di spesa non è stato finanziato. E questa non è una novità. La novità è che da qualche giorno non solo è difficile collegarsi al sito del Comune, perché a volte è irraggiungibile, ma perfino la diretta streaming.
E ieri sera i cittadini di Catania hanno potuto vedere la trasmissione di Santoro, ma non sapere quello che accadeva ad un passo da casa loro. Tanto per capirci.

Pubblicato il 25 novembre 2011 su Catania Politica 

Consiglio comunale: scontro “autonomista” sui servizi sociali

Consiglio comunale: scontro “autonomista” sui servizi sociali 

di Antonio G. Pesce - Problema Servizi sociali. Credeteci. E un piccolo colpo di scena. Saro D’Agata (Pd) forse ha intuito qualcosa che noi non sappiamo? Intanto, ha chiesto l’appello per la seduta di proseguimento di questa sera. Non che fosse già prevista – infatti, è una seduta di proseguimento. Però D’Agata, proprio all’inizio della seduta, lo chiede per quella successiva, qualora ieri sera fosse mancato il numero legale. Ecco, appunto…
Il capogruppo Pd chiede al sindaco, attraverso l’assessore Torrisi, che sia cambiata l’ordinanza circa il deposito dei rifiuti: finora, i cittadini possono portarli fuori dalla propria abitazione dalle 19 alle 23. Le ragioni? Torrisi spiega che, in estate, era necessario per far sì che giacessero il meno possibile in strada, onde evitare cattivi odori. Ora, coll’arrivo dell’inverno, si può pensare ad un anticipo di qualche ora (ancora non attivo, quindi facciamo attenzione: rimane in vigore l’attuale ordinanza). Inoltre, D’Agata ha chiesto di sapere come procede la raccolto differenziata. A stretto giro di posta, Torrisi snocciola i primi dati: siamo passati dal 5% al 16, ma bisogna fare di più, perché l’obiettivo è fissato al 35%.
Manlio Messina (Pdl) ha incentrato il suo intervento sulla cura del centro urbano. Due spine, attualmente: via Umberto al buio, con tutto quello che sta comportando (una specie di Far West), e la cura di via Crociferi, tornata alla ribalta anche per via dell’affare del Collegio dei Gesuiti. Torrisi ha garantito, per quest’ultimo caso, che tutto ciò che si può fare, si sta facendo. Ma non è mica colpa dell’assessorato, se appena pulita, la strada torna ad essere sporca: quindi, in poche parole, i catanesi dimostrino un po’ di collaborazione (e questo lo diciamo noi, che avremmo parlato anche di civiltà che manca!). Per quanto riguarda, invece, la mancanza di illuminazione in via Umberto, ciò sarebbe dovuto ad un problema tecnico, che doveva già essere risolto. Evidentemente, non si tratta di un banale fusibile!
Letterio Daidone (Pdl) ricorda in aula le difficoltà dei siciliani con le ferrovie. La tratta Catania-Palermo in cinque ore? Non basta. Ecco la riduzione dei treni a lunga percorrenza. È da un po’ di tempo che Trenitalia ci prova, magari scontentando i siculi in discesa, ma lasciando immutate le tratte in salita. Ora, pare che il piano lo si stia facendo completo. Insomma, snodo a Roma per le grandi città del Nord. Che dire? Massima collaborazione con Daidone, e con ogni altro amministratore che vorrà porre all’attenzione dell’opinione pubblica questo ennesimo atto di apartheid a danno del Meridione (e della Sicilia soprattutto).
Manfredi Zammataro (LaDestra-As) rincara la dose su via Umberto, poi ricorda all’amministrazione che, durante la discussione del bilancio, si era impegnata a ripristinare al più presto la diretta televisiva che ancora non si vede. Infine, chiede che sul caso Farmacia il comune di Catania si costituisca parte civile. Anche Francesca Raciti (Pd) chiede il ripristino della diretta televisiva, per far vedere che cosa accade ‘dentro il Palazzo’.
Agatino Tringale (Autonomia in Movimento) la manutenzione degli impianti sportivi se l’è legata al dito. ‹‹Purtroppo – dichiara il consigliere – l’80% degli impianti sportivi versa in uno stato di abbandono››. E tira fuori la lista: il ‘San Teodoro’ di Librino, sotto scacco dei vandali; a Picanello, un altro impianto inagibile, e per cosa? Per la mancanza di recinzione; il ‘Duca d’Aosta’ al buio (e dunque inagibile) nelle ore serali; il Goretti privo di illuminazione e il campo di Nesima senza tribuna, e col manto dissestato da interventi (poco competenti) dei cantieri scuola; infine, il PalaNesima, un ‹‹campo che farebbe invidia ad altre città›› (ma non nelle condizioni attuali).
Sui mondiali di nuoto chiede delucidazioni Gemma Lo Presti (LaDestra-As), e pure Giacomo Bellavia (Pdl) nel suo intervento, durante il quale ha chiesto di poter sentire l’assessore allo Sport, Ottavio Vaccaro.
Il colpo di scena si ha quasi alla fine: il diverbio scoppiato tra l’Mpa (la parte presente in aula, e questa è una novità) e l’assessore ai Servizi Sociali Pennisi. Il capogruppo del partito autonomista, Salvo Di Salvo, ha prima posto il problema delle condizioni del PalaNesima. E questo è un dato. Ma poi Di Salvo accende i riflettori sui servizi sociali comunali e sull’assessore competente Pennisi: sottolinea come la direzione servizi sociali non rispetti in toto la convenzione con gli istituti di assistenza per i minori; che nonostante l’assessore avesse dichiarato il contrario l’esiguità di fondi destinati a queste strutture sta comportando una riduzione dei minori assistiti; che i centri d’assistenza diurna non ricevono i pagamenti dal mese di aprile, e così pure i centri per i malati mentali; infine ricorda che per legge il 25% del Bilancio comunale deve essere assicurato ai servizi sociali. Insomma il capogruppo Mpa Di Salvo chiede spiegazioni su tutta la linea e, soprattutto, accusa l’assessore Pennisi di dare scarse risposte, di presentare una relazione sui servizi sociali ultra scarna e, qui la botta, di peccare d’iniziativa. I servizi sociali languono, traduciamo noi, e l’assessore sonnecchia.
La risposta di Pennisi, piccata, è il consiglio a Di Salvo (supponiamo) di evitare di strumentalizzare questioni di enorme rilevanza a fini politici (quali?). Pennisi si risiede, e ha un gesto di stizza, presumibilmente (per non scrivere sicuramente) verso Di Salvo. L’Mpa non ci pensa due volte, ed esce fuori dall’aula. Da notare, però, che il gruppo non si era presentato in aula compatto come al solito. L’Mpa, insieme alle opposizioni, è stato l’unico partito di maggioranza a non far mancare il numero legale, presentandosi sempre al gran completo. Ieri sera, ancor prima dell’abbandono dell’aula, Di Salvo si trovava con defezioni importanti. A questo, uno ci mette sopra il carico: l’esordio di D’Agata, che da mastino qual è, può aver fiutato qualcosa come un segugio.
Certo resta il fatto che sui servizi sociali, in una città come Catania, non si può scherzare. E se il senato cittadino, inoltre con il capogruppo del maggior partito d’Aula, chiede conto e spiegazioni riteniamo che le risposte debbano arrivare.
Che sta succedendo dentro la maggioranza? E in specie quali mal di pancia si manifestano dentro un Movimento per l’Autonomia in cui il “dialogo” (guerra?) tra lombardiani e leanziani è ormai sbarcato in pieno anche a Palazzo degli Elefanti? Di certo lo scontro Di Salvo-Pennisi è banale sintomo di qualcosa di più profondo covante da tempo nel corpo dell’Amministrazione comunale, tra assessori invisi a tutti ma ancora abbarbicati alle seggiole e equilibri politici da riassettare.
E pensare che ieri sera, fatto più unico che raro, il Pdl era presente con tutti i suoi consiglieri comunali.

Pubblicato il 23 novembre 2011 su Catania Politica 

Franz Cannizzo Vs resto del Mondo

Cannizzo vs resto del mondo
di Antonio G. Pesce – Nella seduta straordinaria di ieri sera gran protagonista del Consiglio il commercio cittadino. Forse. Sicuramente lo è stato il responsabile, l’assessore Franz Cannizzo, il quale, pur avendo promesso una relazione non più lunga di dieci minuti, ‘per non tediare i signori consiglieri’, ha comunque tracciato un resoconto della propria attività durato una mezz’oretta abbondante. Avendo infine tirato un sospiro di sollievo, dal momento che la mozione di censura ai suoi danni, di cui si è parlato nei mesi scorsi, era stata ritirata qualche ora prima.
Di questa mezz’ora, però, almeno dieci minuti – anche un quarto d’ora – sono andati spesi per tracciare il quadro delle attività intraprese al fine di combattere l’abusivismo commerciale, sia quello in area pubblica che su sede stabile. Cannizzo, pur non riportando dati se non alla fine del suo intervento, ha ricordato la sinergia sviluppata con gli operatori della sicurezza cittadina che ha portato a rimozione, sgomberi, confisca e chiusura di molte attività commerciale non in regola. Un problema diffuso a Catania, incrementato anche dall’immigrazione, divenuta col tempo il mezzo attraverso il quale molte associazioni criminali piazzano la merce contraffatta. Proprio per combattere questo fenomeno, l’assessorato si è fatto promotore, grazie alla collaborazione del ministero per le attività produttive, di una campagna di sensibilizzazione nei confronti del consumatore. Per quanto riguarda, poi, la lotta all’abusivismo commerciale, Cannizzo non ha escluso che, nei prossimi mesi, si possa discutere in Consiglio della istituzioni di nuovi mercati, al fine di garantire a tutti quelli che lo vorranno la possibilità di mettersi in regola.
Parte centrale dell’intervento dell’assessore – quantificabile in altri dieci minuti – i regolamenti e l’attività fieristica. Per quanto riguarda il primo punto, Cannizzo ha assicurato che si è in fase di ultimazione: presto, dunque, il Consiglio potrebbe essere chiamato a trattare dei regolamenti delle attività delle edicole, dei chioschi, dei paninari, del mercatino delle pulci, ecc. Fondamentale la riqualificazione, grazie all’apporto dell’Accademia delle Belle Arti di Catania, delle botteghe storiche, che in città sarebbero non meno di 150. Frattanto, però, l’assessorato ha attivato lo sportello telematico per le aziende; stipulato un accordo con i tassisti per l’istituzione di tariffe agevolate (il cosidetto ‘taxi amico’); ottimizzato il centro commerciale naturale di via Etnea, mentre è in fase di completamento il piano urbanistico commerciale.
Non meno vivace sarebbe la vita fieristica in città. Spilla all’occhiello dell’amministrazione, la Fiera dei Morti, con 60 mila visitatori nel 2010 e, addirittura, 100 mila nella scorsa edizione. Ma non meno fiero è parso Cannizzo del ‘mercatino etnico’, sviluppato in un ‹‹proficuo dialogo›› con la comunità senegalese cittadina; di quello del ‘contadino’ ed agricolo, e del mercato dell’antiquariato.
Gli ultimo dieci minuti sono trascorsi nel riassunto ‘cronologico’ di quanto precedentemente esposto dall’assessore.
Nel dibattito seguente l’unico tratto di distinzione tra maggioranza ed opposizioni è stato rappresentato dall’estensione del fallimento: queste ultime hanno coinvolto tutta la giunta, mentre la maggioranza si è limitata ad invitare Cannizzo ‹‹a tirare le dovute conclusioni››. L’inizio già non faceva presumere nulla di facile per l’assessore tecnico. Maurizio Mirenda (Mpa) ha esordito con il leit-motiv della serata: a quando in aula i regolamenti su chioschi, paninari, edicole, ecc. ‹‹Dobbiamo ancora per molto sentire queste liste di intenti?›› ha infine concluso Mirenda. Giovanni D’Avola (Pd) non è stato da meno: mentre state leggendo, è possibile che la registrazione della seduta la stia facendo vedere ai sindacati e alle associazioni di categoria. Insomma, secondo il consigliere, l’assessore ne ha dette di grosse (in soldoni). Perché, tra le altre cose, non avrebbe difeso quella parte importante della cittadinanza catanese, che è fatta di artigiani e commercianti. Il mercatino delle pulci? Quello agricolo? Forse possono favorire il ‘consumatore’ catanese, ma non il ‘produttore’, che in quei mercatini circolerebbe poco.
Anche per Manfredi Zammataro (LaDestra-As), l’assessore al commercio non si rende conto di quale città ci sia fuori dal ‘Palazzo’: una città che soffre, e che soffre in solitudine. La Destra ha presentato una mozione che impegna il Sindaco e l’amministrazione a mettere in atto interventi mirati a sostegno del commercio locale in città, per la valorizzazione dei centri storici, contro l’apertura di nuovi centri commerciali e contro l’invasione dei negozi cinesi. “L’economia cittadina è stata messa in ginocchio dall’apertura senza regola di centri commerciali – afferma Manfredi Zammataro – basti pensare che la città di Catania è la seconda provincia d’Europa per la presenza di centri commerciali, in relazione al rapporto fra popolazione e metri quadrati espositivi, senza dimenticare che nella maggior parte dei casi, questi centri commerciali non creano occupazione stabile dei propri dipendenti ma alimentano il precariato” Secondo Zammtataro un ulteriore problema è dato dalla proliferazione di negozi cinesi “i centri storici e le piccole città, si stanno svuotando dei negozi tradizionali per fare spazio ai negozi dei cinesi che in questi anni hanno invaso letteralmente il centro storico.
Una città ostaggio di qualcuno o qualcosa, secondo Francesca Raciti (Pd), che impedisce a Catania un decollo commerciale, come sarebbe necessario.
Ma le bordate forti sono ben altre. Perché bordate di forte valenza ‘politica’. Infatti, se per il capogruppo Pd, Saro D’Agata, ieri sera si sarebbe mostrato a tutti il fallimento della giunta ‘del senatore Stancanelli’, per il compagno di partito, Lanfranco Zappalà, si è quasi trattato di un processo a Cannizzo. Valeria Sudano, capogruppo Pid e prima firmataria delle richiesta di un consiglio straordinario sul commercio, non si è fatta mancare l’occasione di dire il faccia all’assessore quello che va dicendo da mesi in aula. Sudano sa che è quasi inusuale quello che si accinge a fare: la sua storia politica la porterebbe al rispetto della disciplina di maggioranza. E tuttavia non se ne può più: i regolamenti sono da così lungo tempo in itinere, che pare si tratti ormai di un giro del mondo. E l’assessore, frattanto, che fa? Fa innanzi tutto lo sceriffo, andando a sequestrare camion di paninari con la municipale. ‹‹È come se l’assessore Bonaccorsi – continua la Sudano – le ingiunzioni di pagamento le andasse a recapitare lui stesso››. Poi, oltre che lo sceriffo, fa pure il presidente di un’associazione di B&B, ma a corrente alternata: prima si dichiara contro la tassa di soggiorno, e poi si dimette dall‘associazione di B&B, facendosi rappresentare dal suo vice. ‹‹Insomma signor assessore – afferma infine la Sudano – tragga lei le dovute conclusioni››.
Altrettanto duro, ma ironico, l’attacco di Manlio Messina (Pdl). Era contento Messina: non vedeva in aula Cannizzo da almeno sei mesi, e per rivederlo si è dovuta attendere una seduta straordinaria. ‹‹Nulla di personale, lei lo sa. Ma credo – ha affermato Messina – che lei poteva essere un buon tecnico, e invece si è rivelato uno pessimo politico››. Ed ecco perché dieci minuti di relazione: perché altro non avrebbe avuto da dire. Poco, dunque, per Messina è stato fatto, e molto di quanto fatto lo si deve al predecessore di Cannizzo, Mario Chisari. Insomma, l’attuale responsabile al commercio si presenta in aula con una relanzioncina senza alcun dato sulla città; parla di ‘taxi amico’, e per Messina che lo ha provato, degli amici ci guardi Iddio: € 11,50 per la tratta piazza Verga – piazza Università, minuti 5 chilometri 2. Si doveva parlare del trasporto e della Sostare, in origine un’opportunità nelle mani dei commercianti, e divenuta col tempo una tassa per i residenti (Messina ricorda il suo progetto inerente proprio gli stalli blu per residenti e categorie svantaggiate)… ‹‹e lei mi parla del mercatino dei senegalesi, con tutto il rispetto…››. In effetti, pare che a Messina il mercatino vada pure bene (se non diventa l’unico scopo di un assessorato). Molto meno bene l’invasione del centro storico da parte di (presunti) magazzini cinese di vendita all’ingrosso, che in realtà venderebbero al dettaglio. ‹‹A me le palle rosse cinese non piacciono – sbotta Messina tra le ilarità di Zammataro e della Lo Presti alle sue spalle – vorrei vedere insegne con puppette ri canni di cavaddu, o palle con i colori del Catania››.

Pubblicato il 16 novembre 2011 su Catania Politica