"-E' come nelle grandi storie, padron Frodo, in quelle che contano davvero. Erano piene di oscurità e pericolo, e a volte non volevi nemmeno sapere come andavano a finire, perchè come poteva esserci un finale allegro? Come poteva il mondo tornare come prima dopo che erano successe tante cose brutte? Ma alla fine, era solo una cosa passeggera, quest'ombra. Anche l'oscurità deve finire. Arriverà un nuovo giorno, e quando il sole sorgerà, sarà ancora più luminoso. Quelle erano le storie che ti restavano dentro, che ti insegnavano qualcosa, anche se eri troppo piccolo per capire perchè. Ma credo, padron Frodo, di capire. Ora, so. I protagonisti di quelle storie avevano molte occasioni per tornare indietro, ma non l'hanno fatto. Sono andati avanti, perchè erano aggrappati a qualcosa. - Noi a cosa siamo aggrappati, Sam? - C'è ancora del buono a questo mondo, padron Frodo. Ed è giusto combattere per questo."
J.R.R. Tolkien, Il signore degli anelli.

29 gennaio 2008

LA CRISI DI VECCHIAIA DELLA POLITICA ITALIANA

Prodi se n'è andato nel modo peggiore. E non tanto per lui, ma per il suo successore, Veltroni. Che intanto temporeggia. Sperando che gli riesca il colpo di allontanare il più possibile le elezioni....

MORTO SANSONE, I FILESTEI NON STANNO MEGLIO
Il 24 gennaio è caduto il governo guidato dall’on. prof. Romano Prodi. Non sono pochi gli italiani che se ne sono fatti una ragione, e molto più quelli che ne hanno gioito: chi non lo ha votato; chi lo ha votato ma ne è rimasto fortemente deluso; chi temeva più i danni del logoramento che quelli derivabili da una prova di forza elettorale. Anche perché quest’ultimi sono solo possibili –allo stato attuale, appaiono a dir il vero piuttosto probabili – mentre i primi sono certi e certificabili. Muoia Sansone, purché si salvino i filistei. O quello che ne rimane dalla guerra fratricida, inscenata ogni giorno per ben due anni, che è tipica della politica italiana (fatta di troppi presunti galli che non da buone galline), come anche l’area di centrodestra ha avuto modo di mostrarci, ma che a sinistra ha un che di patologico: l’isterismo contro gli avversari è segno di scarsa civiltà, ma quello contro gli alleati di governo è anche indice di conclamata stupidità. Insomma, oltre che incivili pure scemi i nostri politici.
La presunzione, in politica, è come l’amante nel matrimonio: è il terzo incomodo, che nell’immediato ti fa sentire importante, ma che alla lunga ti rende impotente. La politica italiana ha sempre sofferto di presunzione, che è un male inguaribile nella nostra penisola, perché anche quando è diagnosticato in tempo, porta comunque alla morte degli individui e dei soggetti politici: piazzale Loreto ieri, Palazzo Madama oggi.
Prodi ha iniziato male, finito peggio. Giulio Andreotti, che di mestiere ha fatto tutto tranne che il filosofo, disse che il potere logora chi non ce l’ha. E Prodi il potere non ce l’ha mai avuto. In Germania, il cancelliere Angela Merker neppure ce l’ha, e intelligentemente se lo è andato a cercare anche dall’altra parte, dai socialdemocratici: esseri deboli quando si forma un governo non è un peccato, lo è quando si amministra. Con i pochi voti di scarto al Senato, l’on. Prodi non poteva pensare di farcela. E infatti non ce l’ha fatta. Ma i danni sono irrecuperabili, almeno nell’immediato – salvo errori strategici degli avversari e un solerte aiuto da parte della magistratura.
La compagine di centrosinistra non è mai stata omogenea in questi quindici anni. E fingere che non sia così, è costata la faccia al Presidente del Consiglio dimissionario: seconda brutta figura, sempre dopo due anni. Non si può pensare di essere credibili mettendo insieme chi voleva portare la mummia di Lenin a Roma (e negare poi al Papa l’ingresso alla Sapienza), e chi, ancora oggi, scaccia l’occhio a talune sagrestie. Insomma, il cattoprogressismo di Famiglia Cristiana e i nostalgici della Pravda.
Suvvia! Perfino una coalizione più compatta, come è quella del centrodestra, ha mostrato di scricchiolare, e per motivi anche meno seri, o almeno seri come lo possono essere le ragioni di un amante ferito: Fini si è visto scippare prima la Santanché, e poi vituperare la nova compagnia dalle televisioni dell’alleato forzista. Cosucce in politica. Ma si stava mandando tutto a rotoli per questo. O meglio, anche per questo. E volevamo credere tuttavia che pure questa volta poteva farcela il professore di Bologna? Ha appena avuto il tempo di piazzare un paio di amici ai vertici delle aziende di stato, come del resto quella DC dorotea da cui proviene gli ha insegnato. Poi è venuto giù tutto. Un fatto accidente che mostra la sostanza delle cose maturata mesi prima.
La disgrazia di questo governo non è aver avuto Clemente Mastella ministro di Grazia e Giustizia, cioè uno che decanta i meriti della magistratura, per poi, appena ne subisce gli effetti dell’azione, piangerne subito l’ingiuria. Anzi, Mastella è uno dei pochi tra i ministri ad aver cambiato e averlo fatto velocemente. Almeno potrà vantarsi di essere stato l’unico, in un governo di riformisti, ad aver cambiato qualcosa. L’idea che aveva e il testo in cui l’aveva scritta, ma è pur sempre qualcosa. E a sperimentato su di sé la veridicità di quello che aveva scritto prima che gli arrestassero la moglie. Molti italiani, invece, rinunciamo ad aver giustizia, perché oltre al danno del reato subìto, c’è pure la beffa di dover aspettare non meno di un decennio per una sentenza. E quel che è peggio, è che non siamo nelle condizioni di poter barattare nulla con la sopravvivenza di un esecutivo.
Molti colleghi del signor ministro, invece, non si sono presi neppure la briga di contare
fino a dieci prima di porre veti, dire idiozie, sperimentare le proprie ricette. Il min. Di Pietro ha parlato più di giustizia che di lavori pubblici, ha bloccato il Ponte sullo Stretto di Messina e dato il suo assenso alla Torino-Lione. Montezemolo alla fine ha riscosso l’appoggio dato alla sinistra in campagna elettorale, e mi pare anche giusto: se un galantuomo si impegna, è bene che venga ricompensato. La grande industria del Nord raggiungerà il cuore dell’Europa in un paio di ore, e le arance della Sicilia marciranno un paio di ore all’imbarco. E tutto questo perché? Perché in Sicilia non ci sono le strade per raggiungere il Ponte, e dunque, piuttosto che fare le strade, come del resto prevedeva il progetto, non hanno fatto manco il Ponte. E poi, se da Sciacca a Messina ci vuole un bel po’, quanto ci vuole da Elva per giungere a Torino? Impatto ambientale, si giustificano se messi alle strette. Perché, evidentemente, per talune teste d’uovo i problemi della gente che viene, di quella che va e dello scambio di merci non hanno alcun impatto sulla vita democratica ed economica di quattro milioni di cittadini. Fino a prova contraria, cittadini italiani.
Il demerito non è tutto di Di Pietro. Pecoraro Scanio ha saputo fare di peggio. Molto peggio. Fosse per lui, non avremmo neppure la ruota: pure questa inquina. Reazionario peggio di un luddista, si è battuto contro inceneritori, termovalorizzatori, discariche di ogni tipo. Contro la più scontata delle logiche, quella che preferisce il male minore. Quella che dovrebbe portare a preferire la possibilità di inquinamento alla certezza del disastro ambientale e sanitario. Cioè, quello che è accaduto in Campania.
Sono solo alcuni esempi, perché l’immobilismo ha toccato anche altri campi. Dalla politica estera, che non ha registrato quella discontinuità tanto sbandierata durante la campagna elettorale, all’Università, il cui ministro è stato troppo impegnato a far nascere la Cosa Rossa piuttosto che dare soluzione ai conti in rosso della ricerca italiana. Giù giù fino in fondo, al ministro Padoa Schioppa, che essendo padre di uno genio laureato appena e subito in Banca D’Italia, si è sentito in dovere di dire agli altri milioni di giovani italiani, che fanno fatica anche solo ad arrivare a metà mese, come si diventa persone mature. E da persona integerrima, è stato così ingegnoso da definire le tasse “belle”, forse anche per coprire il salasso che ha operato ai danni di un intero Paese. Vanta di averle almeno fatte pagare a tutti- dice lui, ma intanto il suo viceministro, per non pagarle, si voleva far trasferire un po’ di finanzieri dalle sedi che scottavano, e quelli che già le pagavamo, le abbiamo viste lievitare oltre il sopportabile.
Nessuno rimpiange che sia morto Sansone. Ma i filistei non stanno meglio.
Prodi è riuscito nell’ardua impresa di rendere la vita difficile non solo alla nazione che ha governato, ma anche alla coalizione che ha rappresentato. Lasciando una situazione disastrosa in Italia. E dentro la Sinistra.

VELTRONI, UN’OTTIMA SCOMMESSA.
Può non essere simpatico – la faccia del bravo ragazzo e l’ostentata calma, le parole
buone e i cortesi amici (che se ne guardano dal criticarlo), lo rendo un tantino indisponente. Ma è stato per anni a distanza ad osservare. Veltroni ha osservato tanto, in questi anni da sindaco di Roma. Ha osservato la gente: anche se rimane pur sempre un calibro troppo grosso per conoscere i reali problemi della gente di Trastevere, gli anni da sindaco regalano una sensibilità diversa ad un uomo politico. Anche solo per trovare le parole giuste, piuttosto che le appropriate soluzioni dei problemi. E ha osservato – è rimasto ad osservare gli altri mentre raccattavano consensi, poltrone e sconfitte. Ha il cipiglio del leader, sa farsi ascoltare e, anche se finge, sa ascoltare e parlare a modo. Può risolvere parecchi nodi a sinistra, ma deve per intanto risolvere quelli che Prodi gli ha lasciato.
La composizione della coalizione, per esempio. Ed è questo il vero nodo giunto al pettine. È probabile che, più che far fuori i centristi e i liberaldemocratici, voglia far fuori gli ultimi tromboni sovietici che si ritrova in casa. Per farlo, però, ha bisogno di una legge elettorale diversa. Che, per essere pensata, discussa e approvata, abbisogna di almeno un anno. E tanto ha chiesto al Capo dello Stato, sotto forma di governo istituzionale. Più che il bene del Paese, c’è in gioco la sua elezione. O, forse, una sconfitta meno sonora di quella che si preannuncia per le forze di sinistra, se si andrà al voto nei prossimi mesi.
Purtroppo il prof. Prodi, in due anni, ha pensato a tutto, fuorché a lasciargli una situazione più florida. Che la legge elettorale non funzioni è un dato di fatto: colui che l’ha voluta più degli altri, minacciando di crisi l’allora governo di destra, quasi per espiare una colpa ha saltato il fosso, passando dall’altro lato, appena era chiaro da che parte convenisse – o si pensava convenisse andare. Poi, dell’on. Follini non si è sentito più parlare.
Ma è una scusa, quella della legge elettorale, che non regge e Veltroni lo sa. Per due anni, piuttosto che approntare quelle riforme che, oggi, si invocano necessarie, si è portata la discussione politica verso lo scontro ideologico: Pacs, Dico, Ingerenza Vaticana, Eutanasia, Laicità ecc. Quando, poi, si è provato a dialogare, Prodi ha voluto far di testa sua, nonostante certe aperture all’opposizione giunte dal suo stesso schieramento.
Trovare una soluzione ora? E per il bene di chi? Del Paese? E in due anni, invece, che ne è stato del “bene del Paese”? Perfino sull’elezione del capo dello Stato si è andati avanti, tronfi di boria e ostentando tranquillità: erano sicuri di farcela. Errore. Ed ora a Giorgio Napolitano tocca dipanare la matassa. In mano ha una Costituzione vecchia di sessant’anni. Lui ne ha ottantadue. L’età media dei nostri parlamentari è superiore a quella europea. Dunque, vecchie (e lente) soluzioni si profilano all’orizzonte. E intanto il mondo fugge in avanti.

28 gennaio 2008

DIOTIMA II

Ti riluce negli occhi il nostro mare, Diotima,
e la nostra terra che il cielo non ha
di ombre uggiose della noia.
Che accade quando vi sprofondo!
-che la notte riceve notizia della fine,
e vita e morte si danno battaglia
in questo campo dilaniato che ho dentro.

Non tace più il mondo le parole dell’amore,
e il cantore smette la triste nenia:
la grigia tela del vissuto passato
si macchia dei colori della tua presenza.

Prende forma – i giorni la plasmano –
questa gioia che respiriamo insieme,
piano, nella tenue luce della passione,
quando non ci bastano sospiri
e l’amore gioca con i nostri palpiti.

Ti ripenso con me all’Amenano,
piazza Duomo popolata solo da passi veloci.
Nel silenzio – ricordi? – qualcosa ci scosse,
finché non ci riemerse innanzi, dopo anni,
alla dolce foce delle tue labbra.

26 gennaio 2008

PENSIERO XXIX


Ci rammarichiamo delle scarse attenzioni delle persone che abbiamo amato, fino a quando non proviamo l'indegnità dell'essere amati.


PENSIERO XXVIII


I diritti si acquistano sempre a caro prezzo. Sono i doveri ad essere gratuiti.


16 gennaio 2008

DIOTIMA I


E' questo silenzio che amo,
quest'angolo nel quale siedo
ad ascoltare ancora il tuo sorriso
- più forte del ticchettio della pendola,
più dello scroscio di ruote
in fondo alla strada quasi deserta.

Nei suoni della tua gioia
si perdono la paura e l'angoscia,
e mi è compagno della notte
questo languore dell'animo
- voglia di strapparti con baci
ancora una volta dal petto
l'aria della mia vita.

Gli occhi e la penna attingono
in fondo al cuore la bramosia,
che scorre piano come poesia
sulle gote fin giù al mento,
e mentre asciugo un verso
altri me ne nascono in gola.

Ed io non smetto...