"-E' come nelle grandi storie, padron Frodo, in quelle che contano davvero. Erano piene di oscurità e pericolo, e a volte non volevi nemmeno sapere come andavano a finire, perchè come poteva esserci un finale allegro? Come poteva il mondo tornare come prima dopo che erano successe tante cose brutte? Ma alla fine, era solo una cosa passeggera, quest'ombra. Anche l'oscurità deve finire. Arriverà un nuovo giorno, e quando il sole sorgerà, sarà ancora più luminoso. Quelle erano le storie che ti restavano dentro, che ti insegnavano qualcosa, anche se eri troppo piccolo per capire perchè. Ma credo, padron Frodo, di capire. Ora, so. I protagonisti di quelle storie avevano molte occasioni per tornare indietro, ma non l'hanno fatto. Sono andati avanti, perchè erano aggrappati a qualcosa. - Noi a cosa siamo aggrappati, Sam? - C'è ancora del buono a questo mondo, padron Frodo. Ed è giusto combattere per questo."
J.R.R. Tolkien, Il signore degli anelli.

7 dicembre 2011

Riforma della Riforma: l’Episcopato Francica Nava tra i Pontificati di Leone XIII e San Pio X



La Riforma e Francica Nava


Di Antonio G. Pesce - Domenica 4 dicembre, nella chiesa di S. Giuseppe al Transito, si è svolta la conferenza dal titolo ‘Riforma della Riforma: l’Episcopato Francica Nava tra i Pontificati di Leone XIII e San Pio X’. A moderare gli interventi di don Antonio Ucciardo, docente di Teologia all’ISSR ‘San Luca’ di Catania, e del prof. Antonio Blandini, storico e giornalista, è stato il prof. Giuseppe Adernò, preside dell’istituto ‘G Parini’.
Adernò ha richiamato le grandi doti morali del vescovo Francica Nava, e ne ha sottolineato anche quelle intellettuali: fu, infatti, la capacità speculativa, orientata dal pensiero tomista, a porlo all’attenzione delle alte gerarchie ecclesiali, nonostante uno zio vescovo avesse osteggiato il dogma dell’infallibilità papale sancita dal Concilio Vaticano I.
Una figura, quella del card. Francica Nava, davvero imponente, anche se non molto conosciuta. A tratteggiarla lucidamente è stato Antonio Blandini, che ne ha messo in risalto l’inclinazione sociale in una Catania sobillata da un anticlericalismo di maniera.
‹‹Catania ha sempre ingoiato i suoi figli più gloriosi›› ha aggiunto Blandini, raccontando un aneddoto poco conosciuto. Di ritorno in città, il Cardinale venne avvisato dal proprio cocchiere che in via Etnea era in svolgimento una manifestazione anticlericale, e che dunque era pericoloso attraversala. Con decisione, Francica Nava gli ordina di proseguire, e mentre la carrozza sfila tra due ali di folle, quello che ne raccoglie non sono fischi ed insulti, bensì l’ossequio della città. Del resto, quando nel 1904 si parlò di un possibile suo trasferimento a Palermo, Catania si mobilitò con una raccolta di firme, che raggiunse lo scopo di convincere la Santa Sede a lasciarlo ai catanesi.
Esempio di carità, forzò il cordone sanitario stretto su una Messina sepolta dal terremoto del 1908, al fine di portare la propria solidarietà al confratello vescovo e alla città peloritana. Da qui verranno alle pendici dell’Etna migliaia di orfanelli: per loro, Francica Nava pensò ad un istituto agrario, Il Valdisavoia.
Un cardinalato all’insegna del progetto riformatore di un (apparente) conservatore Pio X, al secolo Giuseppe Melchiorre Sarto. Del quale, purtroppo, pochi sanno essere stato il primo papa della storia ad aver attraversato tutti i ‘gradi’ della gerarchia: da parroco di campagna a parroco del Mondo.
Antonio Ucciardo, infatti, nel proprio intervento ha voluto mostrare come vi siano chiarissime analogie tra l’ispirazione ‘riformatrice’ di Pio X e quella che sembra emergere sempre più come caratteristica saliente del pontifico di Benedetto XVI. A cominciare dal motto, che se del primo è ‘Instaurare omnia in Christo’ (instaurare ogni cosa in Cristo), quello sotto il quale si può leggere l’attuale pontificato è ‘Nihil anteponere Christo’ (non anteporre nulla a Cristo), cioè, in fin dei conti, la formulazione ‘negativa’ della prima.
Lettura teologica di ampio respiro ed originalità, che non ha mancato di trattare anche il tema delle riforma liturgica verso la quale si sta muovendo papa Ratzinger, e di cui il Summorum Pontificum è il primo momento. Il momento, possiamo dire, in cui è stata restituita alla Chiesa la propria ‘continuità liturgica’: con questo documento del 2007, il Papa ha permesso ai sacerdoti – non più sotto previa autorizzazione vescovile – la celebrazione in rito romano antico (cioè secondo i libri liturgici in vigore prima della riforma degli anni ’70), purché vi sia un gruppo di fedeli che lo richieda.
Proprio don Ucciardo, alla fine della conferenza, ha celebrato secondo il messale tridentino, coadiuvato dal gruppo liturgico che, proprio nel nome, ricorda il card. Francica Nava, e che ha in Fabio Adernò e Piersanti Serrano gli animatori di un folto gruppo di chierichetti. E di un altrettanto nutrito numero di fedeli, che chiede soltanto rispetto per il proprio ‘carisma’.

Pubblicato il 7 dicembre 2011 su Catania Politica

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