"-E' come nelle grandi storie, padron Frodo, in quelle che contano davvero. Erano piene di oscurità e pericolo, e a volte non volevi nemmeno sapere come andavano a finire, perchè come poteva esserci un finale allegro? Come poteva il mondo tornare come prima dopo che erano successe tante cose brutte? Ma alla fine, era solo una cosa passeggera, quest'ombra. Anche l'oscurità deve finire. Arriverà un nuovo giorno, e quando il sole sorgerà, sarà ancora più luminoso. Quelle erano le storie che ti restavano dentro, che ti insegnavano qualcosa, anche se eri troppo piccolo per capire perchè. Ma credo, padron Frodo, di capire. Ora, so. I protagonisti di quelle storie avevano molte occasioni per tornare indietro, ma non l'hanno fatto. Sono andati avanti, perchè erano aggrappati a qualcosa. - Noi a cosa siamo aggrappati, Sam? - C'è ancora del buono a questo mondo, padron Frodo. Ed è giusto combattere per questo."
J.R.R. Tolkien, Il signore degli anelli.

17 ottobre 2012

I nuovi barbari e il sacrificio del successo

Quando questo articolo apparve, nel febbario del 2004, in un foglio del paese in cui vivo (Motta S. Anastasia, Catania), in molti mi accusarono di bigottismo, nonché di aver generalizzato molto. A distanza di anni, le medesime cose sono state scritte sui giornali radical chic di questa nazione in decadenza. Passano le mode, ma non gli italiani pronti ad intrupparvisi.

di Antonio Giovanni Pesce - Chiunque abbia studiato un po’, spesso si sarà trovato a fare i conti con i barbari. Sì, quei signori che scendevano dalle steppe delle Germania, per far man bassa dei tesori e della civiltà romana. Ammetto che, con i tempi che corrono, magari si è più informati su come fare la velina (quale movenze siano più attraenti), su quale pezzo scimmiottare davanti ad una platea (quanti Gasmann ha prodotto la nostra civiltà!) o, più realisticamente, a chi portare la borsa per avere il tanto agognato posto fisso. Ma noi ci proviamo lo stesso a parlare dei barbari. Soprattutto perché, ormai, il concetto di barbaro è diventato assai democratico: non servono studi storici per pochi eletti, perché il barbaro ci passa sotto la finestra,  magari ce lo abbiamo come vicino di porta…. magari dorme nella stanza accanto, e porta il nostro stesso cognome. E quindici, sedici anni fa un dottore in camice verde ce l’ha presentato come nostro figlio, nostro fratello, nostro nipote……

Non ci si crede, ma la nostra civiltà, disse una volta un tale (non lo cito, altrimenti mi danno del filosofo), è continuamente invasa da barbari. Ed una invasione che costa milioni ogni anno: vetri rotti, spinelli e canne, facciate di interi fabbricati imbrattate, furti. E che si porta dietro strascichi di dolore impensabili.
Il nostro paese, in merito, offre materiale abbondante.
Quello che c’è di peggio, nei barbari nostrani, è che non si riconoscono come tali. Quando sai di non sapere, allora qualche speranza di migliorarti ce l’hai. Ma se navighi al buio, come ti raccapezzi?
Il mottese barbaro ha mediamente 16 anni, ma ne dimostra almeno 40. Figlio di stereotipi andati a male già negli anni ’60, vive in un mondo tutto suo, cercando ogni giorno di trasformare la stupidità e il conformismo in trasgressione. E’ il pioniere di un mondo nuovo, nel quale i più forti, i più violenti, i più ricchi avranno sempre la meglio. Crede di poter pagare tutto con i soldi del padre, e qualche volta paga i temi che ragazzi meno fortunati di lui (almeno per oggi) gli passano per farlo andare avanti, stentatamente come sempre. Nella vana speranza che qualche santo del nuovo paradiso (al muovo mondo corrisponde un paradiso nuovo) gli procuri un posto di lavoro, magari nella tanto agognata Sigonella. Braccia sottratte all’agricoltura, che di certo lo raddrizzerebbe col suo carico di fatica e di sudore, il barbaro mottese va in giro la sera tardi a sporcare di vernice il paese, e per giustificarsi chiama arte i suoi simboli e le sue scritte, alcune addirittura di carattere satanico. Vernice, ad andar bene. Perché, alle volte, lo vedi tornare a casa dal rione sbronzo da far paura, e magari, così, se gli passa per la testa, si mette a spaccarti il parabrezza dell’auto o il vetro del portone, o a sfasciarti l’orticello che hai davanti la porta. Così, senza motivo alcuno. Non sono mala cristiani, perché non perseguono un obiettivo proprio, egoistico quanto si vuole. Perseguono il Nulla, affascinati dal Nulla, cantori del Nulla. Non sono più esseri umani: sono corpi vegetanti che si muovono nello spazio e nel tempo.
Dietro ogni barbaro, però, c’è una steppa. La steppa dei nostri barbari sono i genitori, che prima di loro hanno sperimentato il fallimento esistenziale, e da allora, magari negandolo a se stessi, annaspano per non affondare. Falliti come i figli che hanno generato, indicano alla prole la strada del mascheramento, tanto più accentuato quanto maggiore è la paura di porsi la domanda definitiva: “se morissi ora, che ne sarebbe stato della mia vita?”. Non sono ricchi, ma vantano ricchezze da nababbi , davanti al cappuccino il mattino o la sera in pizzeria. Si muovono anche loro, come i figli, in branco: seguire la moda del momento (la casa al mare, quella in montagna, quella in campagna, la gita, la settimana bianca et cetera) è l’unico modo per non sentirsi soli. Perché da soli, nella solitudine, l’anima fa troppo rumore. E quando con le forze non ci arrivano più, o sono troppo realisti per mettersi a realizzare vecchi sogni di gioventù, sfogano le loro frustrazioni suoi figli, che diventano, poverini, schiavi delle follie (il più delle volte) materne: non c’è più tempo per la scuola o per il catechismo, ma per cercare di raggiungere vette, che anche senza tante costrizioni verrebbero raggiunte comunque, se solo si disponesse di un po’ di genio. Che non si ha. E dopo qualche hanno, i giovani Beethoven muoiono con il loro pianoforte sotto una spessa coltre di polvere. E nel fondo delle piscine giacciono i sogni dell’oro olimpico.
L’Indifferenza  viene fatta passare come Libertà, ai figli viene addossato il peso delle responsabilità, di una maturità ancora acerba, solo per continuare a dedicarsi al lavoro e al (presunto) successo. E Dio, che è per loro solo il Dio dei sacramenti e dei funerali, viene tirato in ballo, quando nessuno si spiega il perché….
Perché è accaduto? Perché è successo?
Irrompono, con tutta la loro severità, domande pesanti come macigni, che scacciano uomini e donne ormai col cuore squarciato. Allora la vita ricomincia da zero, l'esistenza davanti al dolore e al dramma riprende fiato, e magari i più navigati latin lovers o potentati mottesi si ritrovano, di nuovo, a fare i conti con domande, alle quali nessuno potrà rispondere al loro posto. Neanche se pagati a peso d'oro.

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