"-E' come nelle grandi storie, padron Frodo, in quelle che contano davvero. Erano piene di oscurità e pericolo, e a volte non volevi nemmeno sapere come andavano a finire, perchè come poteva esserci un finale allegro? Come poteva il mondo tornare come prima dopo che erano successe tante cose brutte? Ma alla fine, era solo una cosa passeggera, quest'ombra. Anche l'oscurità deve finire. Arriverà un nuovo giorno, e quando il sole sorgerà, sarà ancora più luminoso. Quelle erano le storie che ti restavano dentro, che ti insegnavano qualcosa, anche se eri troppo piccolo per capire perchè. Ma credo, padron Frodo, di capire. Ora, so. I protagonisti di quelle storie avevano molte occasioni per tornare indietro, ma non l'hanno fatto. Sono andati avanti, perchè erano aggrappati a qualcosa. - Noi a cosa siamo aggrappati, Sam? - C'è ancora del buono a questo mondo, padron Frodo. Ed è giusto combattere per questo."
J.R.R. Tolkien, Il signore degli anelli.

12 ottobre 2012

Catania in clausura

burqua

di Antonio G. Pesce - Non mi metterei a scrivere per difendere me stesso. Sono indifendibile per tante cose, tranne che per quelle che mi vengono imputate in questo caso. Ma c’è di mezzo l’amico Salvatore Daniele, altra pudica persona che scrive per diletto e gli amici io li difendo. Non è mio costume giudicare il lavoro altrui, tranne quando si tratta di ristabilire la verità dei fatti. In un sito, uno dei tanti che si trovano in rete per cambiare il mondo e purificarlo dal male, un gruppetto di giovani fanciulle ci dà degli idioti, facendo nomi e cognomi e criticando le foto a corredo di taluni articoli. Non solo! Le signorine chiedono la chiusura del giornale, pur sapendo che, per queste ragioni, a stento cose del genere, accadono in Iran. Si tratta di ricerca di visibilità? No, è che in certe zone del cervello politico di questa nazione, se non si firma un appello, ci si sente quasi inutili. È una di quelle cose che potrebbero essere lasciate cadere, ma siccome posso vantarmi, proprio in questo caso, di scrivere che «l’avevo detto» (e non mi capita quasi mai di avere ragione!), la soddisfazione di commentare la cosa me la prendo. Anche perché fare notare alla signorina giornalista, con mezzi legali, che criticare l’operato di un giornale o le idee di una persona è altra cosa che dare dell’idiota a qualcuno, significherebbe tramutare il gruppo facebook che ha creato (e nel quale democraticamente chiede di silenziare una voce e dal suo punto di vista, perfino di reprimere costumi sessuali erronei) in una valle di lacrime e di lamenti contro il regime, la stampa di regime, le porcate di regime e bla bla bla. Inoltre, non è il caso di far pagare all’anello più debole della catena il conto altrui.



Volontariamente o no, la signorina fa il gioco di chi non ha gradito molto la mia uscita a favore di Musumeci. In quel pezzo, molto laico, lasciavo intendere che, per motivi altrettanto laici, si poteva votare anche per Crocetta. Il problema che ponevo era solo quello della logica del voto. Qualcuno però – i manichei della politica, sempre a caccia del peccato da estinguere col fuoco della vittoria ultima, il grande Armageddon tra le forze del bene (le nostre) e quelle del male (le altrui) – non ha gradito comunque. Chi non è con noi è contro di noi, così si diceva una volta. Infine, sicuramente in modo involontario, vendica l’arrabbiatura di qualche volpe che, non potendo arrivare all’uva, dice che è arcigna. Capita. Però i nostri lettori meritano una spiegazione. Le foto non vengono scelte dai giornalisti, come non lo sono i titoli e i virgolettati (quando ci sono). Questo, chi poi si prende la briga di giudicare il lavoro altrui, almeno dovrebbe tenerlo presente. Perché quel tipo di foto? Nel pieno del femminismo degli anni ’70, Il Borghese di Tedeschi ebbe il coraggio di trattare il sesso infrangendo il tabù del freudismo di certa sinistra al caviale (che, da quel che pare, non è morta), prima ancora che Vecchioni scrivesse Voglio una donna (ed anche in questo caso, la fatwa dell’isterismo femminista non si fece attendere). La scelta delle foto, però, è di tutt’altra natura: voleva essere l’immagine dell’Italia che pensa al sesso e che, appunto per questo, va a puttane (nel senso etico e politico). Mi permisi di avvisare chi le sceglieva che, conoscendo le galline del pollaio, non sarebbero mancate durissime critiche. C’è sempre qualche anima bella, che riscrive i dieci comandamenti a proprio piacimento, da quando gli anni ’70 sono entrati in menopausa (o andropausa, che è lo stesso per me), non si fa altro che sentire l’ex eversione sessuale parlare come una candida verginella di clausura, immemore dello scempio antropologico che ha determinato. È la società opulenta – la definirebbe Del Noce – che oggi, senza più vizi e senza più voglie, distrutta dalla noia di chi non può più godere di nulla, perché ha spinto fin troppo oltre il piacere, vomita il suo rancido livore contro chi ancora se la spassa. La Minetti se la spassa, rea di non dare ai propri pruriti nessuna connotazione finto-politica, magari con gli occhialini sul naso ed un Marx mai letto sotto l’ascella. Chiesi, che fosse chiara l’idea di fondo sin dal primo momento, per evitare di indurre in tentazioni autoritarie chi è nato con la puzza sotto il naso (Dario Fo ebbe a dire che chi censurava di più, in Rai, erano proprio i comunisti). Ora ci troviamo con qualche brava ragazzina e un centinaio di accoliti che chiedono di chiudere un giornale per via delle foto ‘sconce’ che pubblica (la signorina ha per caso chiesto anche la chiusura di La Repubblica che nell’homepage del suo sito ha sempre in mostra qualche chiappa o qualche petto di donna succintamente svestita?).

L’idea, che anima la chiesa moralista ed i suoi prelati mediatici, così come – mi spiace dirlo – quella che ha dettato certa critica sociale di stile ‘pop’ e apparsa su queste colonne, nega che la miseria umana sia sempre stata una tara dei sistemi politici e che questi funzionino quando sanno ben tollerare le deficienze di ciascuno. Perché il mondo è fatto di carne – ci credano o no gli intellettualotti gnostici in salsa acida – e la carne di questo uomo, se sa donarsi agli altri sulla Croce, sa anche essere di un egoismo assoluto. Chi crede di fare a meno di guardare, in fondo, la propria miseria, accendendo i fuochi delle purghe per quella altrui, è come colui che, tradendo l’amico nell’orto dell’interiorità, lo consegna al braccio secolare da cui, poi, si attende salvezza. Le foto di Catania Politica non sono il problema. Lo sono, invece, i nostri costumi – anche i costumi sessuali, ovviamente. E qui attendo che qualcuno scagli la prima pietra, come invece avrebbero potuto far molto bene i nostri avi. Il mondo ‘passatista’- lo definirebbe la signorina che ha messo la cintura di castità a Gramsci ed il pannolone a Marx.

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