"-E' come nelle grandi storie, padron Frodo, in quelle che contano davvero. Erano piene di oscurità e pericolo, e a volte non volevi nemmeno sapere come andavano a finire, perchè come poteva esserci un finale allegro? Come poteva il mondo tornare come prima dopo che erano successe tante cose brutte? Ma alla fine, era solo una cosa passeggera, quest'ombra. Anche l'oscurità deve finire. Arriverà un nuovo giorno, e quando il sole sorgerà, sarà ancora più luminoso. Quelle erano le storie che ti restavano dentro, che ti insegnavano qualcosa, anche se eri troppo piccolo per capire perchè. Ma credo, padron Frodo, di capire. Ora, so. I protagonisti di quelle storie avevano molte occasioni per tornare indietro, ma non l'hanno fatto. Sono andati avanti, perchè erano aggrappati a qualcosa. - Noi a cosa siamo aggrappati, Sam? - C'è ancora del buono a questo mondo, padron Frodo. Ed è giusto combattere per questo."
J.R.R. Tolkien, Il signore degli anelli.

30 settembre 2010

LA VERITA' ? SIAMO NELLA CACCA!


di Antonio G. Pesce- Finalmente ieri sera, quasi a reti unificate – manco parlasse il nostro presidente della Repubblica – il ministro della giustizia di Santa Lucia ci ha fatto sapere che è Giancarlo Tulliani il beneficiario (proprietario) della società offshore che detiene l’appartamento di Montecarlo.

Dopo quelli di Gheddafi, siamo riusciti a portare alla ribalta della cronaca internazionale anche gli intrallazzi di uno staterello sperduto in mezzo al mar dei Caraibi. E le ‘faccende’ di un cognato, del quale il paese delle baronie e delle parentele non sentiva la mancanza. Questa però è solo una delle verità che stanno pian piano ergendo. Noi italiani, quando possiamo, le cose le facciamo in grande. Non siamo il popolo delle mezze verità: o nessuna, o tre tutt’un tratto. Perché se è vero quel che da Santa Lucia ci dicono – sempre che il pentimento non arrivi con altrettanta solerzia degli spifferi– allora ne consegue un’altra verità, penosa da ammettere ma semplice a capirsi: c’è chi la sapeva la verità, e ha fatto di tutto perché emergesse. Prima o poi. Perché? Perché gli faceva comodo che venisse a galla. Tutto qui.

Perché, altrimenti, un capo di governo dovrebbe ricevere informazioni da un suo ministro su una delle centinaia di migliaia di società che gli nascono e muoiono nello stato? Perché un ministro di un’isola grande quanto metà dei quartieri spagnoli di Napoli, dovrebbe scrivergli su tanto di carta intestata una missiva, senza che qualcuno gliel’abbia chiesta? Perché una lettera così riservata – dato che in parte coinvolge la terza carica di uno stato tra i più importanti del panorama mondiale (se procediamo di questo passo, ancora per poco)- esce fuori, e finisce su due giornalini online? Perché rimbalza solo in Italia? Perché… (dobbiamo continuare?).

Non s’è mai visto un paradiso fiscale così indignato di vedere il proprio nome accostato ad una truffa. Semmai, a Santa Lucia avrebbero di che indignarsi per l’entità della stessa. Almeno, dal punto di vista fiscale. Perché da quello politico dormano sereni: anche loro avranno un posto nei nostri annali di storia patria.

Coraggio signori! Diciamocela tutta la verità: le veline caraibiche hanno a Roma il proprio ‹‹utilizzatore finale››. Ed è questa la verità sulla scoperta del fatto.

Per dirla tutta, però, dobbiamo parlare anche della verità sulle conseguenze del fatto. Qui viene difficile purgare la penna. Mica siamo al Corriere – una scrivania e un buon stipendio. Qui i pezzi li scriviamo la notte con un occhio chiuso dal sonno e l’altro agonizzante di stanchezza. Li scriviamo dopo un giorno passato a farci un mazzo così, credendo di dare a chi verrà dopo ancora un buon motivo per essere fiero dell’Italia.

Rispettiamo l’etichetta, però, e non veniamo meno al garbo. Diciamocelo con tenerezza: siamo nella cacca. Siamo in un mare di cacca. Siamo nella cacca da quel ’92, quando non riuscimmo a chiudere la partita per uno stato più decente. Siamo nella cacca, perché a sinistra hanno affittato appartamenti per due soldi, voluto comprare banche per tre, e avuto appalti e concessioni con le cooperative per molto più. Siamo nella cacca, perché non si sale allo scanno da deputato, se prima non si passa dal banco come imputato. Ci siamo fino al collo, e ancor più in alto, fino al governo, con i suoi ministri indagati e i suoi sottosegretari salvati. Ci siamo perfino al Nord, dove il sangue padano, man mano che lo si versa per la causa irredentista, finisce per addolcirsi mischiandosi con la nutella nazionale degli enti pubblici. Ci siamo perché perfino la destra postfascista, una volta tutta fedeltà e onore, è passata dalle camerate agli appartamenti. Di lusso.

Quel che è peggio – perché anche nel peggio noi italiani non vogliamo ci manchi il servizio completo – è che non facciamo più in tempo a spalarla. Abbiamo una maggioranza che non regge più. E dopo quello che si è sentito sui Tg e nelle trasmissioni di approfondimento, sarà interessante vedere fino a che punto può arrivare il contorsionismo morale della politica italiana per mantenerla in vita. Un’opposizione nella quale ci si scanna per un posto al sole di un’isola che non c’è. Come la mitica Atlantide: bella sì, ma non pervenuta. Le istituzioni che si danno battaglia fra di loro. E – tanto per precluderci ogni via d’uscita – non è neppure pensabile di smuovere le acque della latrina andando ad elezioni anticipate.

Perché? Perché entro dicembre dobbiamo collocare sul mercato almeno 160 miliardi di titoli di stato. Evitiamo di dire che accadrebbe, se l’asta non andasse bene. Inoltre, sta scadendo la cassa integrazione per migliaia di lavoratori, abbiamo un debito che galoppa, una produttività zoppa, una occupazione comatosa – duemilioni e mezzo di disoccupati; su tre giovani uno non ha lavoro – e non abbiamo soldi per far partire le commesse statali.

Lo si è capito, dunque, perché siamo nella cacca?



Pubblicato il 25 settembre 2010 su www.cataniapolitica.it

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