"-E' come nelle grandi storie, padron Frodo, in quelle che contano davvero. Erano piene di oscurità e pericolo, e a volte non volevi nemmeno sapere come andavano a finire, perchè come poteva esserci un finale allegro? Come poteva il mondo tornare come prima dopo che erano successe tante cose brutte? Ma alla fine, era solo una cosa passeggera, quest'ombra. Anche l'oscurità deve finire. Arriverà un nuovo giorno, e quando il sole sorgerà, sarà ancora più luminoso. Quelle erano le storie che ti restavano dentro, che ti insegnavano qualcosa, anche se eri troppo piccolo per capire perchè. Ma credo, padron Frodo, di capire. Ora, so. I protagonisti di quelle storie avevano molte occasioni per tornare indietro, ma non l'hanno fatto. Sono andati avanti, perchè erano aggrappati a qualcosa. - Noi a cosa siamo aggrappati, Sam? - C'è ancora del buono a questo mondo, padron Frodo. Ed è giusto combattere per questo."
J.R.R. Tolkien, Il signore degli anelli.

4 settembre 2010

ESTATE ITALICA


di Antonio G. Pesce- L’estate è finita. La stagione del conformismo di massa, quando stiracchiati sotto l’ombrellone non viene una-che-sia-una idea originale su come ammazzare il tempo. Perfino Guccini, giovanissimo, lo scriveva nel 1965 che ‹‹nei miti dell’estate Dio è morto››. Di noia. E ci si deve inventare qualcosa per mandare avanti il carrozzone dello show businnes.

L’immaginazione scarseggia in Italia. Da quando a sinistra ci si è fumato l’elettorato, e il paradiso lo si fa con i rimborsi elettorali e non con le canne – che rimangono a disposizione come ultimo colpo d’artiglieria dei centri sociali rivoluzioni in jeans Levi’s e scarpe Hogan – la fantasia non va più al potere. Se ne sta bell’e beata nel proprio podere. E questa di centrodestra è un’Italia noiosetta. Intanto, la Rai si becca un canone annuo per trasmettere solo otto mesi. Da giugno a settembre perfino nella tv di Stato non ci sono che repliche (figurarsi nelle altre). Le più simpatiche sono quelle di Totò, di Sordi, del duo Spencer-Hill e Ciccio-Franco. Quelle meno, lo scoop col mirino laser (ma senza silenziatore) di Feltri, il meridione di Berlusconi, i caporali di Fini, divenuti frattanto i plenipotenziari di un Napoleone solo un tantino più alto di quello più basso (che sta a Palazzo Chigi, e non in una cripta nella cattedrale di Saint-Louis des Invalides a Parigi).

Bocchino, Briguglio, Granata sono i nuovi ufficiali. Non che una volta Fini godesse di uno stato maggiore più valoroso, dato che poteva contare solo sull’acume strategico di Gasparri e La Russa e sul garbo di Storace, ma almeno gli elmetti spuntavano dalle trincee. Oggi, rinchiuso nella sua Versailles, tace davanti alle cannonate che i cesariani gli sparano un giorno sì e l’altro pure. Tra questi, il più lealista è Vittorio Feltri: contro Fini, ha tirato fuori un’indagine giornalistica di grosso calibro. Sul luogo del delitto – una villa a Montecarlo, già lascito di una contessa ad An e poi venduta – hanno ritrovato un certo Giancarlo Tulliani, che guarda caso è il cognato di Fini.

Ora, che Feltri usi in modo un po’ troppo disinvolto l’arma mediatica che, carica, gli hanno messo in mano, non è più dubbio da quando, proprio un anno fa – altra replica? – sparava a bruciapelo contro l’allora direttore di “Avvenire”, Dino Boffo. Ma che, quando si parla di case, ci sia sempre di mezzo qualche uomo politico o un parente, proprio bello non è.

Tuttavia, è stata l’occasione giusta per vedere una bella scazzottata, per quanto meramente orale, tra gli adepti del Cavaliere e i seguaci di quello che fu un suo ex “amico”. Berlusconi non si è troppo esposto, se non quando ha lanciato il suo piano in cinque punti. Quali sono? Intanto il federalismo, ché questo non può mancare – e infatti non manca da un decennio a questa parte. Poi, la sempre fresca riduzione delle tasse, un piano d’annata per il Sud, qualche provvedimento qua e là per ritoccare il processo penale e quello civile, e per finire un goccio abbondante di sicurezza (tagliando risorse alle forze dell’ordine e mandando i soldati a passeggiare davanti alle vetrine dei negozi). Cioè, in poche parole, tutto quello che avrebbe dovuto fare negli ultimi due governi, e pare non abbia ancora fatto.

Questa l’Italia che ci hanno propinato sotto l’ombrellone, e alla cui costruzione noi non abbiamo partecipato (se per buongusto, correttezza d’informazione o perché chiusi per ferie sia il lettore dirlo). L’Italia che ci tocca vivere al rientro dalle vacanze è ben altra. Un’Italia con l’8,4 % di disoccupazione; un’Italia in cui un giovane su quattro è senza lavoro, e nella quale i docenti protestano da Palermo a Catania in su, addirittura ricorrendo allo sciopero della fame, senza che un solo telegiornale nazionale li degni di un servizio. Poi arriva settembre, la falsa della politica italiana si placa un poco, e qualcuno lo dice che la scuola è alla malora.

Del resto, se non si parla di alcuni disgraziati, si è parla pur sempre di altri. È una guerra tra poveri. Perché mentre i docenti sono licenziati a massa dallo Stato – perché di licenziamenti si tratta, sia ben inteso – gli operai che non accettano di genuflettersi ai ricatti di un capitalismo senza più etica né libertà vengono sbattuti fuori dal parastato del Lingotto e dal signorotto che lì spadroneggia in maglioncino di cashmere. E intanto, nell’ex fiorente Veneto, oggi a guida leghista, non smette di piovere sul popolo delle partita Iva: piccole e medie imprese al collasso, imprenditori sul lastrico, operai che rimangono a casa non perché il don Rodrigo di turno non ti accetta, interpretandosele da solo le grida della legge, ma perché non siamo più competitivi.

Questa l’Italia del giorno dopo la sbronza estiva. Questa l’Italia che ci accomuna tutti. Un paese oligarchico, vecchio e iniquo. Proprio come lo avevamo lasciato. Ed è anche perché nessuno si illuda che le chiacchiere sotto l’ombrellone ci abbiano rincitrullito, che il nostro brogliaccio riparte. Non può attendere l’Italia, non può attendere la Sicilia che passi la calura. In tutti i sensi. Ed è per questo che ritiriamo fuori il nostro ventaglio.



Pubblicato il 1 settembre 2010 su www.cataniapolitica.it

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