"-E' come nelle grandi storie, padron Frodo, in quelle che contano davvero. Erano piene di oscurità e pericolo, e a volte non volevi nemmeno sapere come andavano a finire, perchè come poteva esserci un finale allegro? Come poteva il mondo tornare come prima dopo che erano successe tante cose brutte? Ma alla fine, era solo una cosa passeggera, quest'ombra. Anche l'oscurità deve finire. Arriverà un nuovo giorno, e quando il sole sorgerà, sarà ancora più luminoso. Quelle erano le storie che ti restavano dentro, che ti insegnavano qualcosa, anche se eri troppo piccolo per capire perchè. Ma credo, padron Frodo, di capire. Ora, so. I protagonisti di quelle storie avevano molte occasioni per tornare indietro, ma non l'hanno fatto. Sono andati avanti, perchè erano aggrappati a qualcosa. - Noi a cosa siamo aggrappati, Sam? - C'è ancora del buono a questo mondo, padron Frodo. Ed è giusto combattere per questo."
J.R.R. Tolkien, Il signore degli anelli.

10 settembre 2010

CRISTO SI E' FERMATO A MIRAFIORI


di Antonio G. Pesce- Federmeccanica, l’associazione che riunisce le aziende metalmeccaniche italiane, ha annunciato che considera disdetto il contratto nazionale di categoria. Inoltre, afferma di voler andare verso un diverso tipo di contrattazione: è il localismo che avanza anche tra gli industriali. Questo a neppure un paio di mesi da quando Marchionne aveva tuonato, chiedendo all’associazione di seguire Fiat, dopo il caso di Pomigliano. Altrimenti, la società del Lingotto si sarebbe staccata. Finisce così – e in tanti lo avevamo capito – l’illusione della sinistra di poter gestire il nuovo che avanza, la modernità divenuta sfruttamento, la flessibilità che trasforma una nazione civile in un giungla, dove ad ogni liana starà attaccato un giovane, un padre, una mamma finché il Tarzan di turno verrà a dirgli come muoversi e a dettare le sue regole.

L’ultimo colpo, dunque, che la storia dà ai compagni torinesi, che hanno smesso di leggere Marx e si abbeverano alla fonte bobbiana. Che parlano di diritti civili, mentre vengono meno perfino quelli umani.

Nel volto di Chiamparino, quando un paio di mesi fa invitava i napoletani ad ascoltare il Lingotto, c’è la maschera mortuaria della sinistra postsessantottarda. Davanti alla potenza della più sfrenata borghesia italiana – quella che non crede più ai simboli del rango, che si nobilita acquistando all’ingrosso i notabili del potere – egli ha potuto solo ammirare il maglioncino di Marchionne. Non poteva far altro, perché borghese, Chiamparino, lo è pure lui, come tutta la sinistra. Chi si arrende alla “necessità”, al buonsenso del dato-di-fatto, dettato con la perentorietà di chi passa sulla vita dei altri uomini come sul tappeto persiano che ha per zerbino: questo è essere borghese. Borghese è chi accetta il compimento di un destino che non capisce. Borghese è chi scende a patti con le Erinni. Borghese è il tentativo di mantenere immutata la vita. Non perché si sia cattivi, o non si abbiano pure dei buoni propositi: è che non ci si crede che la partita potrà essere risolta a proprio favore. E, quando si ha il coltello dalla parte del manico, che non lo si perderà mai.

Chiamparino al tavolo con Marchionne: questo abbiamo visto in televisione per mesi, mentre alla FIAT di “italiano” e di “torinese” non rimanevano che le iniziali nell’effige. Eppure entrambi sono borghesi, agnelli davanti al destino di ogni uomo e alla storia di ogni società ma che si credono lupi per altri uomini. Marchionne soltanto il lupo? No, il compagno Chiamparino invitava alla rassegnazione i compagni lavoratori di Termini Imerese, qualche mese fa. Invitava alla prudenza e al “buonsenso” i compagni lavoratori di Pomigliano, diventata ormai una “fabbrica aperta”, una zona di nessuno dove valgono leggi speciali che non valgono per nessun’altra realtà produttiva del nostro paese. E che non dovrebbe valere per nessun’altro paese del mondo, almeno in quei termini. Ora, lui e i suoi “compagni di prebende” dovranno elargire buonsenso a iosa, aspergendovi tutti i metalmeccanici italiani che rischiano di finire sbranati da famelico-capitalismo. Altrimenti, sarà scontro sociale. L’ennesimo a cui la sinistra non è preparata (mentre tenta di prepararsi alle elezioni).

È che è morto il sole che doveva illuminare l’avvenire. La redenzione socialista si è fermata dalle parti di Mirafiori. I figli della rivoluzione sono rimasti sotto le macerie di un mondo squallido e assassino che il loro fideismo aveva creato. Passando dal fondamentalismo all’ agnosticismo più assoluto. Sono diventati laici anche in questo, loro che erano cresciuti col dogma della lotta di classe e il materialismo storico.

Marchionne è sempre piaciuto a sinistra. Doveva essere l’esempio di una classe dirigente nuova ed innovativa. Nessuno si aspettava che lo fosse tanto da dare in Italia quell’accelerata al sistema, come prima di lui solo i dirigente della Lehman Brothes. È il capitalismo che divora se stesso, la libertà di mercato che impone la ferrea legge del più forte, la schiavitù che s’infiltra attraverso la parte che, per due secoli, in Occidente ha rappresentato il progresso.

Non è necessario essere cresciuti a pane e stupidaggini marxiste per accorgersi che così non può più andare. Luigi Einaudi, primo presidente della Repubblica nonché finissimo intellettuale, diceva la che la libertà economica è la prima condizione necessaria per quella politica. In tempo di socialismo reale, Einaudi sottolineava la libertà di produrre e di disporre dei mezzi di produzione. Ma la libertà è l’attributo di ogni uomo – è l’uomo stesso. Ed essere libero economicamente è uno stato che vale anche per il più povero: libero non vuol dire ricco, vuol dire essere responsabile (se non del tutto, almeno in larghissima parte) della propria condizione economica. È un caposaldo di ogni liberalismo: non si può essere sempre e comunque liberisti, e liberisti all’eccesso, se ne vale della libertà che è a fondamento di ogni altra: la libertà della persona.

Non solo Einaudi, ma anche Croce e, in fin dei conti, anche Mises, Wiemer, Hayek: fare crescere l’economia perché crescano le opportunità di ogni individuo, il bene di tutti gli individui. Viviamo in una fase in cui il liberismo si è mangiato il liberalismo, l’interesse la libertà, l’economia la politica.

Ed è di politica che si ritornerà a parlare, nonostante ora viga la legge della persuasione, che mette in campo le ragioni della fame e il ricatto della disperazione. Dopo la sbornia di proteste negli ultimi quarant’anni, per la conquista di spazio alle proprie egoistiche pretese, si ritornerà in piazza per chiedere dignità e salario. E forse non sarà soltanto uno sprone ad un mondo più giusto, ma anche un limite al nichilismo imperante, che per ora richiama la protesta solo per darle lo sfogo di qualche rivendicazione sessuale.


Pubblicato l'8 settembre 2010 su www.cataniapolitica.it

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