"-E' come nelle grandi storie, padron Frodo, in quelle che contano davvero. Erano piene di oscurità e pericolo, e a volte non volevi nemmeno sapere come andavano a finire, perchè come poteva esserci un finale allegro? Come poteva il mondo tornare come prima dopo che erano successe tante cose brutte? Ma alla fine, era solo una cosa passeggera, quest'ombra. Anche l'oscurità deve finire. Arriverà un nuovo giorno, e quando il sole sorgerà, sarà ancora più luminoso. Quelle erano le storie che ti restavano dentro, che ti insegnavano qualcosa, anche se eri troppo piccolo per capire perchè. Ma credo, padron Frodo, di capire. Ora, so. I protagonisti di quelle storie avevano molte occasioni per tornare indietro, ma non l'hanno fatto. Sono andati avanti, perchè erano aggrappati a qualcosa. - Noi a cosa siamo aggrappati, Sam? - C'è ancora del buono a questo mondo, padron Frodo. Ed è giusto combattere per questo."
J.R.R. Tolkien, Il signore degli anelli.

22 settembre 2010

SCUOLA: TRA PROTESTE, RIFORME E TAGLI


di Antonio G. Pesce- Non avranno ottenuto molto, e sicuramente dovranno industriarsi per sbarcare il lunario. Alcuni, addirittura, cambiare lavoro dopo venti anni. Ma almeno i precari della scuola hanno portato alla ribalta della cronaca il loro caso. Dopo anni di quasi assoluto silenzio sulla questione, di dati falsi, di genuflessioni al potere che ora, piano, scricchiola. Anche sotto i loro colpi.

Dalla protesta di Messina dello scorso lunedì, quando migliaia di loro – e non solo precari, e non solo della scuola, ma di lavoratori e studenti che sentono il problema come problema nazionale – si sono dati appuntamento nel capoluogo per protestare contro la riforma Gelmini, anche l’agenda politica è stata ridisegnata ad hoc. Basta seguire i programmi di approfondimento appena iniziati, o leggere i quotidiani, per accorgersi che la parola “scuola” – seppur in fondo alle priorità – viene comunque menzionata.

Certo, le posizioni rimangono distanti, con la maggioranza che vorrebbe legare il nome della signora ministro ad un cambiamento epocale, di cui forse neppure la riforma Gentile sarebbe degna, e le opposizioni che parlano di un disastro senza precedenti. Però il responsabile del dicastero ha dovuto fare marcia indietro, non solo sui toni – ora un po’ più concilianti, mentre fino a qualche settimana fa si dimostrava disprezzo per le proteste – ma anche sui contenuti: il riassorbimento del precariato entro sette, otto anni. Che sarà più lento di quanto previsto. Non è dato sapere se ci sia un piano, ma se c’è comincia con i dati sbagliati: infatti, secondo il settimanale ItaliaOggi in edicola, saranno 205.900 i docenti che andranno in pensione tra il 2011 e il 2017, e di questi più di cinquemila di religione. A fronte di 240.000 docenti iscritti in graduatoria.

Senza considerare che, frattanto, se non si vogliono chiudere i corsi di laurea relativi, comunque verranno creati nuovi docenti. E, infatti, la signora ministro ha firmato il regolamento sulla formazione dei docenti, frutto del lavoro di una commissione di esperti presieduta da Giorgio Israel. Cosa prevede il testo? Innanzi tutto, un tirocinio di un anno a scuola, organizzato dalle università in collaborazione con gli istituti e vigilato dagli uffici scolastici regionali. Si accederà dopo una laurea magistrale a numero chiuso, i cui posti saranno limitati in relazione alle disponibilità lavorative. Questo dovrebbe in parte circoscrivere il precariato. Infine, i docenti dovranno conoscere bene l’inglese e le nuove tecnologie.

‹‹Oggi inseriamo un nuovo tassello nella riforma destinata a cambiare il nostro sistema scolastico – ha detto il ministro Gelmini – Un tassello fondamentale, perché riguarda la formazione iniziale dei futuri insegnanti. Prevediamo una selezione severa, doverosa per chi avrà in mano il futuro dell’Italia e sostituiamo alle vecchie SSIS un percorso di lauree magistrali specifiche e un anno di tirocinio coprogettato da scuole e università, concentrato nel passaggio dal sapere al saper insegnare››.

Tuttavia, proprio nella giornata di ieri, sono arrivate nuove polemiche. Innanzi tutto, un comunicato della Cgil in cui si fa notare come il corpo docente nostrano sia il meno pagato, e come sull’istruzione in Italia si investa meno di un punto percentuale rispetto alla media Ocse, nella quale sono considerate anche le spese dei paesi dell’est europeo e della Turchia. Inoltre, nel comunicato si smentiscono – dati alla mano – la scarsa “produttività” del professore italiano. In Germania, per esempio, un docente con 15 anni di carriera percepisce 57.978 euro l’anno, mentre il suo collega italiano appena 32.859. La scusa – dice il sindacato – è che in Germania un docente ha 780 ore, mentre solo 601 nel nostro paese. Ma le ore in Germania sono di 45 minuti, e se conteggiassimo le ore “geografiche reali”, ci accorgeremmo come da noi si lavori di più e per molto meno.

‹‹Ma i conti non tornano comunque – notano dalla Cgil – anche così gli insegnanti tedeschi in questione guadagnano 78 dollari per ora di lezione contro i 57 dollari degli italiani (il 36,6% in più!). Non a caso in Germania lo stipendio di un insegnante è pari al 97% di uno stipendio medio di un laureato, mentre in Italia è pari ad appena il 58%. Ed anche queste cose stanno ben scritte nella relazione dell’OCSE, ma i “cerchiobottisti” nostrani forse non le hanno neppure lette››.

Nel pomeriggio, poi, durissima requisitoria di Antonio Di Pietro, che in una interrogazione parlamentare ha chiesto al ministro ‹‹un’indicazione esatta su come reperire i fondi necessari per fare fronte alle emergenze scolastiche e su come garantire le immissioni in ruolo di questi precari››, e di rispettarne la protesta. La Gelmini, dal canto suo, ha contestato la veridicità dei dati sull’ammontare dei tagli dei posti di lavoro nella scuola: ‹‹I numeri della legge finanziaria, però, non portano ad un precariato di centomila persone: è vero, il taglio nel 2009-2010 è stato di 42 mila posti, ma ella dimentica nella sua interrogazione – ha replicato a Di Pietro – di fare riferimento ai 30 mila pensionamenti, così come ai 22 mila pensionamenti dell’anno scolastico in corso, 2010-2011. Allora i numeri non sono intorno ai 100 mila come è scritto in questa interrogazione, ma sono molto meno: circa 12 mila posti per il 2009-2010 e circa 3 mila posti per il 2010-2011››.

Tuttavia, le parole della signora ministro non fugano un dubbio: dato che più volte si fa riferimento all’ “impresa” come esempio di operosità ed efficienza, se un’azienda non pensasse a colmare i posti lasciti vacanti dai pensionamenti, sarebbe questa operazione una banale riduzione del personale o no?

A questo quesito la Gelmini pare non voler ancora rispondere.


Pubblicato il 16 settembre 2010 su www.cataniapolitica.it

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