"-E' come nelle grandi storie, padron Frodo, in quelle che contano davvero. Erano piene di oscurità e pericolo, e a volte non volevi nemmeno sapere come andavano a finire, perchè come poteva esserci un finale allegro? Come poteva il mondo tornare come prima dopo che erano successe tante cose brutte? Ma alla fine, era solo una cosa passeggera, quest'ombra. Anche l'oscurità deve finire. Arriverà un nuovo giorno, e quando il sole sorgerà, sarà ancora più luminoso. Quelle erano le storie che ti restavano dentro, che ti insegnavano qualcosa, anche se eri troppo piccolo per capire perchè. Ma credo, padron Frodo, di capire. Ora, so. I protagonisti di quelle storie avevano molte occasioni per tornare indietro, ma non l'hanno fatto. Sono andati avanti, perchè erano aggrappati a qualcosa. - Noi a cosa siamo aggrappati, Sam? - C'è ancora del buono a questo mondo, padron Frodo. Ed è giusto combattere per questo."
J.R.R. Tolkien, Il signore degli anelli.

11 settembre 2010

Raffaele Lombardo, il Napoleone pavido e la sua Sant’Elena siciliana





di Antonio G. Pesce- Raffaele Lombardo non ruggisce più. Un po’ come quel Bossi che voleva imitare. Solo che Bossi ha smesso, quando ha messo le mani su metà del bottino elettorale di cui può contare attualmente la Lega. Il Nostro, invece, quando c’era da cominciare. Non è sbarcato neppure in Calabria, rimanendo chiuso come Napoleone in Egitto – un po’ più sopra, ma pur sempre aspettando occasioni che non arrivano mai.

Negli anni passati non avrebbe temuto le urne. Anche quando c’era il pericolo di poterne uscire sconfitto. Oggi, invece, va da Silvio Berlusconi e gli chiede di starsene buono. Perché così se ne stanno buoni tutti. Lui compreso, in una regione che è diventata ormai un guazzabuglio di luogotenenti col pallino della strategia politica. E ogni giorno, più che una Austerlitz, sembra una Waterloo. E passi che perdiamo il ‘piccolo caporale’, rinchiuso nella sua Sant’Elena senza poter fuggire. Ma che si perda la Sicilia no. E il problema è proprio questo, per una terra che di tempo ne ha perso abbastanza.

Non è stata una bella mossa giocare di rimessa. Quando fu costretto al primo rimpasto, Lombardo disse che avrebbero potuto saltargli addosso solo se non avesse fatto gli interessi della Sicilia. Aveva ragione allora. Lo volevano frenare, soprattutto sulla sanità che fa gola a molti. Ma ebbe la meglio, portando a casa una dolorosa riforma, che ci evitò un commissariamento ancor più pesante e una figuraccia nazionale (che, in tempo di leghismo diffuso, di pagliuzze viste e di travi non viste, è stata una gran bella cosa).

Ora chiede di andare avanti, nonostante i nodi stiano vendendo al pettine. È cronaca di questi giorni: la maggioranza che lo ha finora appoggiato si sta sciogliendo come neve al sole. Arriva l’autunno – stagione fresca – ma la politica ha altri ritmi, e mentre il quarto governo Berlusconi vacilla, nessuno dei suoi sodali ha voglia di mettersi in combutta col nemico-prossimo. Bivaccare in osteria e scannarsi in trincea è da galantuomini in guerra, ma in politica si chiama viltà. Offrendo il destro a chi non aspetta di avere una daga per pugnalare, e pagando scotti elettorali enormi.

Micciché non può stare col Pd, perché alla fine della fiera Micciché sta sempre con Berlusconi, di cui rimane sottosegretario. Al Pd è riuscita una volta di appoggiare un governo Lombardo, mettendo poi ai quattro angoli delle strade cartelloni enormi pubblicizzanti quello che avevano ottenuto. L’Udc potrebbe essere disponibile. Ma su tutti incombe il pericolo che a Roma non ci siano più i numeri, e che Napolitano sciolga le Camere. A quel punto, se lo scacchiere siciliano non sarà identico a quello romano, chi ha mosso le pedine potrebbe rischiare lo scacco.

A Lombardo non restano che le urne per fare chiarezza. Ma andare al voto in Sicilia significherebbe tirarsi dietro tutti e tutto. E Berlusconi lo sa. Ed è per questo che, nonostante stia perseguendo ben altri ‘fini’, ha dato così spazio alla consultazione dell’alleato autonomista. Per un altro governo, potrebbe offrire quello che, nello spirito dell’anno scorso, il suo ministro dell’economia definirebbe ‹‹denaro pubblico sprecato››: Fas, Tirrenia, Ponte, aeroporto di Comiso, ecc. Accettando l’offerta, Lombardo passa al Cavaliere il coltello che ha in mano. Perché ne sia convinto il Nostro: se salta a Roma l’accordo con Fini e la verifica di fine settembre, si va alle urne anche in Sicilia. Che si sia un governo o no. Al di là di quello che sarà stato promesso. Perché la guerra totale tra Pdl e finiani sbarcherà anche da noi.

A quel punto Lombardo, per non rischiare ora, avrebbe perso frutto e capitale. Governo, finanziamenti e, forse, anche una coalizione. Gli conviene aver il cuore pavido?


Pubblicato il 9 settembre 2010 su www.cataniapolitica.it

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