"-E' come nelle grandi storie, padron Frodo, in quelle che contano davvero. Erano piene di oscurità e pericolo, e a volte non volevi nemmeno sapere come andavano a finire, perchè come poteva esserci un finale allegro? Come poteva il mondo tornare come prima dopo che erano successe tante cose brutte? Ma alla fine, era solo una cosa passeggera, quest'ombra. Anche l'oscurità deve finire. Arriverà un nuovo giorno, e quando il sole sorgerà, sarà ancora più luminoso. Quelle erano le storie che ti restavano dentro, che ti insegnavano qualcosa, anche se eri troppo piccolo per capire perchè. Ma credo, padron Frodo, di capire. Ora, so. I protagonisti di quelle storie avevano molte occasioni per tornare indietro, ma non l'hanno fatto. Sono andati avanti, perchè erano aggrappati a qualcosa. - Noi a cosa siamo aggrappati, Sam? - C'è ancora del buono a questo mondo, padron Frodo. Ed è giusto combattere per questo."
J.R.R. Tolkien, Il signore degli anelli.

7 settembre 2010

SI CAMBI IL PORCELLUM


di Antonio G. Pesce- Il presidente della Repubblica non poteva mostrarsi peggior profeta. Diagnosi sbagliata, l’altro giorno, quando, rispondendo ai giornalisti, ha parlato di una ‹‹evoluzione benigna›› della crisi che vede coinvolto il governo e la maggioranza. Neppure ventiquattrore dopo, e i contendenti hanno riaffilato le armi, facendo avvicinare sempre più la legislatura alla sua fine.

Si trattava, molto probabilmente, dell’auspicio di un anziano signore della politica, che sa bene come, nel momento attuale, ci sia poco da guadagnare dalle elezioni anticipate. E per tutti. Perché la fine della legislatura, in questi termini, sarebbe una fine innaturale. Innaturale per via dei tempi, rimanendole ancora ben tre anni di vita (ma appena sei mesi perché i parlamentari maturino la pensione!); per via dei modi, perché sarebbe uccisa dall’implosione della maggioranza più ampia che la storia repubblicana ricordi (ma l’impero romano non crollò al picco della propria estensione?); infine perché, se escludiamo quella precedente, governata dalla sinistra ma con una maggioranza risicata, questa è stata davvero inconcludente. È difficile dire se al Nord basti il risibile bottino della Lega (che, in cambio, ha dovuto difendere l’indifendibile): di certo, berlusconiani e finiani hanno ben poco da vantare, al di là di quanto potrà raccontare la retorica propagandistica.

Neppure per l’opposizione sarebbe naturale. Il Pd non può pensare di farla franca senza passare dalle forche caudine di Di Pietro a destra e di Vendola a sinistra. Ma non può neppure pensare di governare senza quel centro verso cui guardano alcuni suoi moderati, perché l’Udc di Casini ha tenuto nei momenti più duri, ed è probabile che, nella confusione generale del panorama politico, guadagni qualche altro punto percentuale; e l’Api di Rutelli potrebbe racimolare ben oltre le più rosee aspettative, soprattutto perché l’elettorato di quella che fu la Margherita potrebbe non rivedersi in un mènage-à-trois col governatore della Puglia e l’ex di Manipulite.

Le guerre, del resto, sono facili a dichiararsi, molto meno a vincersi, e tutti hanno qualcosa da perdere. Ma il capo dello Stato è probabile che tema le elezioni anticipate più per il caos che potrebbero generare che non per quello che risolverebbero. Non tocca a lui dirlo, ma l’Italia ha la peggior legge elettorale delle democrazie occidentali. E non è detto che, andando a votare in questo modo, ci rispunti una solida maggioranza. Ammesso che una solida maggioranza sia auspicabile, dal momento che da noi diventa l’occasione non per governare e, con la giusta sicurezza, aprirsi a soluzioni condivise, ma per spadroneggiare e legiferare in modo così partigiano da fomentare vendette, epurazioni e abrogazioni al primo cambio di rotta.

L’attuale sistema elettorale è stato definito ‹‹una porcata›› proprio da colui che lo ha scritto, il ministro Calderoli. Fu votato dal centrodestra e prevede liste di candidati compilate dai partiti. Il cittadino non vota un suo rappresentate, ma il partito che, se unito in coalizione, ha bisogno appena del 2% (il 4 se non lo è) per avere suoi eletti. Un sistema che non prevede nomina popolare ma partitica è un buon sistema, considerando che è adottato solo alle politiche (non così per comunali, regionali ed europee) e che, con il premio di maggioranza, concede un potere pressoché illimitato?

Quando il presidente del consiglio, Silvio Berlusconi, prende la parola per difenderlo, sono due le ragioni a cui si richiama: 1) l’attuale legge elettorale permette al partito di scegliere i migliori, anche perché, essendo stata eliminata la preferenza, 2) non si verificherebbe l’annoso problema del voto di scambio.

Volendo essere buoni, possiamo accusare Berlusconi di essere troppo ingenuo. Sul primo punto, infatti, tutti possono verificare se l’attuale legge elettorale abbia prodotto una classe politica più degna delle precedenti. Mia personale opinione è che ministri come la Gelmini o la Carfagna, e centinaia di parlamentari (fare solo un paio di nomi sarebbe ingiusto verso gli altri non citati), se dovessero affrontare una sfida all’uninominale, puro o corretto che sia, e soprattutto con tanto di preferenze, difficilmente avrebbero avuto l’occasione di decidere delle vite altrui. Tra l’altro, i catanesi che hanno votato per il Pdl alle scorse politiche hanno dovuto ingoiare un rospo del calibro di Umberto Scapagnini, amministratore ricordato in città non certo per i suoi “meriti”. Almeno da chi su quei “meriti” non ci ha guadagnato e, anzi, li ha pure dovuti pagare.

Il secondo punto, invece, è ancora più facilmente smentibile. La corruzione in Italia non è affatto diminuita, come mostrano i dati più volte diramati dalla Corte dei Conti, e l’ultimo anno ha visto l’emergere di casi di malcostume politico della cui esistenza nessuno – sia esso elettore di destra o di sinistra – si è mostrato più di tanto sorpreso. Diciamo che, riducendo i margini di libertà politica del deputato, ormai un yesman al soldo del partito, si è solo ridotta la base della clientela e della corruzione. Ma di corruzione e di clientele questa nazione continua a morire.

Andare oggi alle urne, e andarci con questa legge elettorale, è un po’ come credere di poter vincere una guerra lampo sol perché, nella scorsa impresa, si è assaltata la posizione altrui con facilità. Forse gli eroici furori meriterebbero ben altro fine, come quello di cucire un paio di braghe per ciascun fante. Visto che gli ufficiali campano bene al quartiere generale, ma in trincea scarseggiano i viveri.


Pubblicato il 3 settembre 2010 su www.cataniapolitica.it

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