"-E' come nelle grandi storie, padron Frodo, in quelle che contano davvero. Erano piene di oscurità e pericolo, e a volte non volevi nemmeno sapere come andavano a finire, perchè come poteva esserci un finale allegro? Come poteva il mondo tornare come prima dopo che erano successe tante cose brutte? Ma alla fine, era solo una cosa passeggera, quest'ombra. Anche l'oscurità deve finire. Arriverà un nuovo giorno, e quando il sole sorgerà, sarà ancora più luminoso. Quelle erano le storie che ti restavano dentro, che ti insegnavano qualcosa, anche se eri troppo piccolo per capire perchè. Ma credo, padron Frodo, di capire. Ora, so. I protagonisti di quelle storie avevano molte occasioni per tornare indietro, ma non l'hanno fatto. Sono andati avanti, perchè erano aggrappati a qualcosa. - Noi a cosa siamo aggrappati, Sam? - C'è ancora del buono a questo mondo, padron Frodo. Ed è giusto combattere per questo."
J.R.R. Tolkien, Il signore degli anelli.

1 ottobre 2010

SCUOLA: LA SECESSIONE DI PITTONI


di Antonio G. Pesce- È solo pregiudizio la rabbia che pare aver generato nei precari della scuola il disegno di legge, presentato al Senato, dal senatore leghista Pittoni? Perché non si dovrebbe accettare un reclutamento diverso da quello attuale? Perché sulla rete, nei fori telematici, sui giornali non si fa altro che parlare del disegno n. 997? Perché l’oggetto del documento è già tutto un dire:‹‹Nuove norme per il reclutamento regionale del personale docente››. Perché si sa: moglie e buoi dei paesi tuoi. Ma anche la scuola?

Prima di commentare, però, atteniamoci ai fatti. Leggiamo il testo.

Il ddl consta di venti pagine, metà delle quali dedicate alla relazione introduttiva. Di queste, le prime cinque sono dedicate al ripasso della materia vigente. Ma a p.6 leggi quel che non ti saresti mai aspettato da un leghista che fa parte di questa maggioranza: ‹‹Nel XXI secolo, con l’avvento della società della conoscenza … è stata ribadita l’importanza dell’istruzione e di conseguenza i sistemi educativi si trovano ora ad affrontare nuove sfide. I giovani devono essere in grado di far fronte e di adattarsi alle esigenze di un contesto economico e sociale in forte cambiamento. Se da una parte è necessario che essi apprendano materie specifiche essenziali, come le nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC) e le lingue straniere, dall’altra devono poter conoscere e condividere valori umani quali la tolleranza e la solidarietà››.

L’illusione, però, non va oltre le due colonne e mezzo. Alla fine di p.7 Pittoni tira fuori una di quelle statistiche che manda in visibilio il popolo di Pontida: ‹‹Il Sud e le isole assorbono oltre il 48,93 per cento degli aspiranti inclusi nelle graduatorie permanenti e più del 63 per cento degli iscritti è nato nel Sud e nelle isole››. E poi aggiunge: ‹‹L’Italia risulta essere tra i pochi Paesi che adottano un meccanismo centralizzato, attraverso concorso, di selezione degli insegnanti››. Come a dire che i meridionali sono in credito.

Il nodo cruciale viene affrontato nelle ultime due paginette. In cosa consiste? Per evitare accuse di faziosità, rifacciamoci ancora al testo: ‹‹ Il presente disegno di legge istituisce distinti Albi regionali, ai quali possono accedere i docenti che hanno conseguito la laurea magistrale, il diploma accademico di secondo livello e l’abilitazione all’insegnamento, con il vincolo della residenza in uno dei comuni del territorio regionale, dove viene espletato il concorso››.

Il comitato regionale valuterà se il candidato ha i seguenti requisiti – e qui attenti perché Harvard ci fa un baffo: ‹‹a) le aspettative e gli obiettivi che i docenti si pongono, al fine di garantire il raggiungimento degli standard previsti e il possesso delle qualità personali e intellettuali adatte per diventare insegnanti; b) la conoscenza delle proprie responsabilità future all’interno del sistema d’istruzione e sui metodi da attuare riguardo i bisogni educativi speciali meno diffusi; c) la conoscenza di una vasta gamma di strategie per promuovere l’educazione alla cittadinanza, alla legalità, alla salute e il rispetto delle proprie radici culturali; d) l’influenza che il sistema valoriale può avere sull’apprendimento degli studenti, influenzando il loro sviluppo fisico, intellettuale, linguistico, culturale ed emotivo; e) la buona conoscenza delle tecnologie didattiche, sia nell’insegnamento della loro materia sia come supporto del ruolo professionale››.

Nessun errore: se vuoi fare il docente, devi conoscere le radici culturali della zona in cui viene bandito il concorso. Ma quali radici? Quelle giudaico-cristiani di cui parla la Lega di Pittoni tra un rito pagano e l’altro? Quelle nazionali, la cui capitale Pittoni conosce bene perché lo scanno di velluto è lì che ce l’ha? O quelle regionali? E in questo caso, chi sancirà cosa sia tradizionale e cosa no? E se all’interno di una regione sono presenti più “radici”, quali saranno quelle valide?

Un’ultima domanda: un sistema del genere si può ritenere ‹‹libero da condizionamenti››? Svolgere un esame sotto casa dovendo dimostrare di conoscere qualcosa di cui, messi insieme il bergamasco Calderoli e il friulano Pittoni neppure loro sanno decidersi cosa sia, può essere un concorso diverso dal sistemare parenti e amici, come del resto già avviene per l’assemblea regionale lombarda o per il parlamento di Strasburgo?

Il ddl Pittoni non passerà mai. E Pittoni lo sa. Non si è curato neppure di raccogliere qualche altro firmatario, oltre a una decina dei suoi compagni di partito. Non solo. Ma nella fine mente di Pittoni non è passata l’idea di dotare il suo testo di un’altra statistica: se bastino i soli autoctoni a coprire i posti già esistenti.

Il rischio che si tratti solo di propaganda è dunque forte. Venti paginette a stampa da mostrare al proprio elettorato. Un gioco piccolo piccolo col futuro di un’intera nazione che si diceva grande.


Pubblicato il 24 settembre 2010 su www.cataniapolitica.it

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