"-E' come nelle grandi storie, padron Frodo, in quelle che contano davvero. Erano piene di oscurità e pericolo, e a volte non volevi nemmeno sapere come andavano a finire, perchè come poteva esserci un finale allegro? Come poteva il mondo tornare come prima dopo che erano successe tante cose brutte? Ma alla fine, era solo una cosa passeggera, quest'ombra. Anche l'oscurità deve finire. Arriverà un nuovo giorno, e quando il sole sorgerà, sarà ancora più luminoso. Quelle erano le storie che ti restavano dentro, che ti insegnavano qualcosa, anche se eri troppo piccolo per capire perchè. Ma credo, padron Frodo, di capire. Ora, so. I protagonisti di quelle storie avevano molte occasioni per tornare indietro, ma non l'hanno fatto. Sono andati avanti, perchè erano aggrappati a qualcosa. - Noi a cosa siamo aggrappati, Sam? - C'è ancora del buono a questo mondo, padron Frodo. Ed è giusto combattere per questo."
J.R.R. Tolkien, Il signore degli anelli.

4 ottobre 2010

VENGHINO SIGNORI, VENGHINO AL TEATRINO DELLA POLITICA


di Antonio G. Pesce- Quando nel ’92 nacque l’illusione che il nostro Paese stesse cambiando, ci venne detto che due cose non avremmo visto sugli schermi della nascente videocrazia: il ‹‹teatrino della politica›› e la coercizione della coscienza.

Mentivano. Fu tutto un imbroglio. Come già la prima repubblica fece contro tutto il fascismo, gli scavezzacollo che seguirono ai ladri patentati non avevano molto da dire, ma quel poco che avevano imparato, vendendo pentole, sapevano come dirlo. La visione manichea del mondo, che divide buoni e cattivi con semplicità scolastica, è un sottile stratagemma per farsi dare ragione anche quando si ha torto marcio.

Sta andando in onda – proprio in questo momento – la peggiore adulterazione della capacità veritativa del linguaggio umano. Mentre leggiamo queste parole, qualcuno ne sta pronunciando di altre. Non è teatrino quello di Montecitorio? E dov’è la libertà di coscienza, tanto pretesa davanti a dilemmi che mai la politica ha pensato di dirimere, se oggi la si perde per uno scanno più alto o, peggio, per continuare ad avercelo nei decenni avvenire?

Avventuristi sprovveduti quando c’è da affrontare questioni fin troppo urgenti per la vita della povera gente, finiscono per diventare accorte volpi quando si tratta di rimanere in sella, raccattando favori per poi farcene pagare il costo. Fossero stati così prudenti quando tagliavano risorse alla scuola, all’università, allo stato sociale! Avessero perso le loro notti per riformare un vecchio carrozzone statale che non si muove più e una società ormai stantia, piuttosto che vegliare al telefono alla ricerca dell’ultimo voto prostituito!

Berlusconi ha affermato che gli italiani non capirebbero una crisi di governo, e per questo porrà la fiducia su un testo – lo giudicheremo quando l’avremo letto – diviso in cinque punti. Frattanto che lo scriveva, a palazzo Grazioli sono passati decine di transfughi e fuoriusciti per vedere quanto “apprezzato” sarebbe stato il loro sostegno. I finiani, dal canto loro, si sono detti pronti a votare il documento di governo ancora prima di averlo sentito. È un proseguimento degli impegni già presi con gli italiani – rassicurano. A sinistra sentono l’aria cambiata, ma sarebbe imprudente cambiarla troppo: si rischia chissà che malanno a spalancare le finestre. Meglio farla stagionare un po’. Magari fino a marzo, quando tutti i mille perdigiorno che affollano uno dei luoghi più alti della nostra vita civile avranno maturato la pensione.

Non so quali italiani conoscano questa gente. C’è da credere che ce ne siano tanti in giro di gente come loro. Ed è anche vero che andare alle urne ora e con questo obbrobrio di legge elettorale significherebbe dare uno scossone alla nostra malferma economia. Però c’è una cosa che noi italiani non siamo mai stati, ed abbiamo ragione di esserne fieri: non siamo mai stati dei fighetti appesi alla sottana del buonsenso materno.

Questo vergognoso giuoco del cerino, che nessuno vuole spegnere per paura della conseguenze, umilia una nazione che ha tantissimi difetti, ma non quello di non sapere cosa sia il senso di responsabilità. Migliaia di italiani si alzano prima dell’alba per lavorare da sottopagati, con l’ansia del licenziamento, della fine del mese, del futuro dei figli. Migliaia di italiani non sapranno così sia una pensione, ben più magra di quella che in due anni e mezzo di legislatura un parlamentare matura. Però fanno in modo – ogni santo giorno – che l’Italia continui ad essere il sesto paese più industrializzato al mondo. Ogni santo giorno, col proprio sudore, fermano il corso della cancrena cronica che ci affligge da cinquant’anni a questa parte.

La smettano lì sopra di recitare a soggetto, con i soliti pennivendoli a dare un senso alle loro improvvisazioni: non sanno dove stiamo andando punto. Il che significa che stiamo andando allo sbando. Prodi finì pure così: stagnando in una immensa palude. E allora ci fu chi gli rimproverava proprio questo, di tenere a bagnomaria sessanta milioni di persone. Ora è lo stesso. Prendiamone atto: non c’è più una maggioranza, le riforme che aspettiamo da almeno vent’anni non sono arrivate prima, non potranno arrivare nei prossimi tre anni.

Regaliamo a questi signori la loro pensione. E riprendiamoci il futuro che è nostro.


Pubblicato il 29 settembre 2010 su www.cataniapolitica.it

Nessun commento: