"-E' come nelle grandi storie, padron Frodo, in quelle che contano davvero. Erano piene di oscurità e pericolo, e a volte non volevi nemmeno sapere come andavano a finire, perchè come poteva esserci un finale allegro? Come poteva il mondo tornare come prima dopo che erano successe tante cose brutte? Ma alla fine, era solo una cosa passeggera, quest'ombra. Anche l'oscurità deve finire. Arriverà un nuovo giorno, e quando il sole sorgerà, sarà ancora più luminoso. Quelle erano le storie che ti restavano dentro, che ti insegnavano qualcosa, anche se eri troppo piccolo per capire perchè. Ma credo, padron Frodo, di capire. Ora, so. I protagonisti di quelle storie avevano molte occasioni per tornare indietro, ma non l'hanno fatto. Sono andati avanti, perchè erano aggrappati a qualcosa. - Noi a cosa siamo aggrappati, Sam? - C'è ancora del buono a questo mondo, padron Frodo. Ed è giusto combattere per questo."
J.R.R. Tolkien, Il signore degli anelli.

5 novembre 2010

SILVIO, L'AMORE MERCENARIO E IL PURITANESIMO DI SINISTRA



di Antonio G. Pesce- La vita di Silvio Berlusconi non è invidiabile. Lui pensa di sì, e lo pensano, segretamente, i milioni di italiani che, in queste ore, hanno trepidato nel controllare i numeri di una schedina milionaria. Ma c’è un altro modo di vivere lo scorcio di luce che si accende tra due abissi di mistero. E non è quello che ci propina il presidente del consiglio.

L’amore coniugale – quello di un uomo e di una donna che, nella certezza del loro amore, si pensano come indissolubilmente uniti – è il tripudio di una vita ben spesa. Non si fa sesso un tanto al chilo, ma l’amore che congiunge due corpi nella carne. Cioè noi stessi, ché alla fine carne siamo – siamo questo corpo qui, questo corpo che non conoscerà la morte del sepolcro se non per un solo attimo, quello che intercorre tra il giudizio personale e quello dell’universo. Per giudicare la vita di Berlusconi non serve sapere che ruolo abbia avuto la giovane marocchina Ruby: basta sapere quello che ne dice lo stesso protagonista. È questa la vita? Questo pendolo tra due “svaghi”, il lavoro opprimente e l’ottundente divertimento? Berlusconi va compianto: è solo, perché a lasciarlo è stato il senso dell’autenticità del vivere, la profondità della coscienza che si interroga sul senso dell’esistenza.

Possiamo giudicare così sprezzantemente la vita privata di un uomo, anche se si tratta di un uomo politico? Sì, se è lo stesso attore a mettere in pubblico giudizi sul sano vivere, proponendosi anche come esempio, seppur perché costretto a replicare all’ennesima campagna stampa che scambia sempre più l’analisi sociale per una visita andrologica. Però, dobbiamo infine dirci la verità sulle debolezze berlusconiane: esse sono il pilastro della politica post-sessantottina. Politica nel suo senso vero, e non meramente istituzionale. Questa è l’Italia delle rivoluzione compiuta dei figli dei fiori, non già il frutto di trasmissioni come Drive In, che semmai hanno fatto breccia perché debole s’era fatto il senso del decoro e del pudore.

Quali, dunque, le ragioni di certa sinistra retrograda e bacchettona, se un suo possibile leader si porta a letto una persona dello stesso sesso? Perché tanta censura su un ultra settant’enne, ormai giunto alle ultime cartucce, se lo scempio della morale è stato fatto passare come “libertà” negli ultimi quarant’anni? Perché l’amore mercenario di destra è da biasimare, e quello libertario e omosessuale di sinistra da glorificare?

Bersani e Vendola lascino ai bigotti cattolici l’amaro compito di stimmatizzare i costumi di un tempo nel quale, se non loro, una parte consistente dei loro compagni sguazzano allegramente. Questa Italia fallita è l’Italia del libertinismo più che della libertà. Il libertinismo imperante in Occidente nell’ultimo mezzo secolo. Da questo punto di vista, Berlusconi è solo uno dei tanti che ha perso aderenza con la realtà dello spirito umano. Un uomo in balia del sesso, la malattia che attanaglia non solo i politici di destra, ma anche quelli di sinistra. E delle loro masse, che reputano superata la morale cattolica e non conoscono quella greca e romana se non per le sue debolezze, ma che poi consumano con morbosa curiosità i dossier sulle miserie altrui.

Abbiamo legalizzato l’aborto, abbiamo reso normale il divorzio. Perché, se non per il ruolo che il sesso ha assunto in una società dimentica della moderazione dei costumi, del pudore e, purtroppo, perfino dell’amore? Lasciamo a Berlusconi i suoi pruriti. Che sono – non è forse vero? – simili a quelli dei suoi contemporanei.

Occupiamoci di altro. Ad esempio, è importante sapere se il presidente del consiglio abbia avuto o no rapporti sessuali con una minorenne. Pare no. C’è qualcuno che possa dimostrare il contrario? Pare no. Come ai tempi di Noemi. E allora, sarà serio occuparsi di quello che, allo stato attuale, sembra essere l’ennesimo gesto di vanità scialacquatrice? No.

Invece, è sicuro che da Palazzo Chigi partì una telefonata verso la questura. Che ci si è detto? Non è importante saperlo: sia stata anche una semplice sollecitazione a far presto, si tratta comunque di un’ingerenza intollerabile. Si obietterà: ‹‹È forse l’unica telefonata che si è fatta in questa Italia di corrotti e corruttori?››. No, non è l’unica: né la prima né l’ultima. Ma se non vogliamo scivolare più giù – ammesso che sia ancora possibile, e che non si abbia toccato il fondo di già – abbiamo il dovere di scandalizzarci.

Rimane da capire il ruolo della questura di Milano. Lo Stato moderno funziona, perché è qualcosa che va oltre i funzionari. Confondere lo Stato con i suoi funzionari, anche quelli più alti, significa ritornare indietro alle monarchie assolutiste. Se accedesse, la colpa non sarebbe solo di chi ha tratto diretto vantaggio dalla confusione, ma anche di chi, per viltà o comodo, ha lasciato che ciò accadesse.



Pubblicato il 1 novembre 2010 su www.cataniapolitca.it

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