"-E' come nelle grandi storie, padron Frodo, in quelle che contano davvero. Erano piene di oscurità e pericolo, e a volte non volevi nemmeno sapere come andavano a finire, perchè come poteva esserci un finale allegro? Come poteva il mondo tornare come prima dopo che erano successe tante cose brutte? Ma alla fine, era solo una cosa passeggera, quest'ombra. Anche l'oscurità deve finire. Arriverà un nuovo giorno, e quando il sole sorgerà, sarà ancora più luminoso. Quelle erano le storie che ti restavano dentro, che ti insegnavano qualcosa, anche se eri troppo piccolo per capire perchè. Ma credo, padron Frodo, di capire. Ora, so. I protagonisti di quelle storie avevano molte occasioni per tornare indietro, ma non l'hanno fatto. Sono andati avanti, perchè erano aggrappati a qualcosa. - Noi a cosa siamo aggrappati, Sam? - C'è ancora del buono a questo mondo, padron Frodo. Ed è giusto combattere per questo."
J.R.R. Tolkien, Il signore degli anelli.

22 novembre 2010

New Energy e Enerplus: se in Sicilia manca il sole


di Antonio G. Pesce- Sarà che l’energia che dovevano produrre era troppo pulita per le nostre parti. Intanto, però, la Regione Sicilia dovrà risarcire due aziende –l’ultimo caso e di qualche giorno fa – per aver concesso le dovute autorizzazioni in ritardo, facendo così perdere loro decine di milioni di euro di sovvenzionamenti europei. Dinieghi rivelatisi infondati nelle aule dei tribunali.

Soldi che non entrano, soldi che escono, e lavoro che non si produce. Un esempio più lampante del malgoverno siciliano non c’è, mentre troppo lontana pare la redenzione promessa dalla nuova orchestra messa in piedi a suon di slogan a Palazzo d’Orleans.

Un istante, però, fermiamoci ai simboli. Dati quelli banali dei partiti, magari il politicante che in questa terra ci sta perché ha un seggio (e intanto culla la speranza di poggiare le sue regali chiappe in quelli più alti di Roma), non ci arriva a capire. Ma i simboli sono importanti.

Le due aziende, la New Energy e la Enerplus, dovevano produrre, rispettivamente, energia dalle biomasse e dal sole. Cioè due cose che qui da noi abbondano: scarti agricoli di stanza nelle nostre colline e buon tempo che brilla nove mesi l’anno (per dire solo degli anni in cui è sfaticato). Quel che abbiamo allo stato attuale è una vicenda imbarazzante, se rimane un briciolo di pudore – quel briciolo che servirà a presentarsi col caffè in mano alle prossime elezioni. Quel che avremo, invece, è una perdita di decine e decine di milioni di euro: i contributi europei non spesi perché persi frattanto nel contenzioso con la burocrazia, e quelli del risarcimento che sono del contribuente siculo. E rischiamo pure posti di lavoro, se i progetti non andranno avanti.

Di tutto questo, a Palermo (non la bellissima Palermo città, quella da vivere, ma quella ‘Palermo politica’ da dimenticare), non arriva eco. Sono troppo immersi nella costruzione del terzo polo, che qui rischia di essere l’ennesima cattedrale nel deserto del buonsenso. Nessuno si aspetta che il bravo presidente Lombardo, «il più amato tra i presidenti di regione», e il novello Quartetto messo su da Palermo a Roma facciano il lavoro da impiegati. Il problema è che gli uffici rimangono sempre gli stessi, i capiufficio ricevono magari il premio di produttività, e l’alta politica sperimenta alchimie governative, quando basterebbe la chimica – la semplice chimica – prodotta dalla nostra esistenza e ricevuta in dono dalla vita.

Con questi simboli la politica isolana, e quella nazionale che qui si prova in ardui arzigogoli politologici (magari per poi andare al nord a parlar male della classe dirigente del sud), devono misurarsi. Non basta dire quel che c’è da fare: è giunto il momento di dire come farlo. Gli Stati prosperi sono quelli che funzionano. Nella selva di palazzi (con annessi luoghi di svago per il personale) che compongono la struttura pachidermica della Regione si annidano le clientele, messe lì da alcuni e non smosse per compiacenza di altri.

Piuttosto che dirci come essere alternativi a Berlusconi, Lombardo e gli altri ci dicano come la “loro” Sicilia possa essere alternativa a quella del malcostume imperante. Di altre Sicilie, ancorché imbellettate da operazioni di “ampio respiro” (mediatico), davvero non se ne capisce l’impellenza.


Pubblicato il 17 novembre 2010 su www.cataniapolitica.it

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