"-E' come nelle grandi storie, padron Frodo, in quelle che contano davvero. Erano piene di oscurità e pericolo, e a volte non volevi nemmeno sapere come andavano a finire, perchè come poteva esserci un finale allegro? Come poteva il mondo tornare come prima dopo che erano successe tante cose brutte? Ma alla fine, era solo una cosa passeggera, quest'ombra. Anche l'oscurità deve finire. Arriverà un nuovo giorno, e quando il sole sorgerà, sarà ancora più luminoso. Quelle erano le storie che ti restavano dentro, che ti insegnavano qualcosa, anche se eri troppo piccolo per capire perchè. Ma credo, padron Frodo, di capire. Ora, so. I protagonisti di quelle storie avevano molte occasioni per tornare indietro, ma non l'hanno fatto. Sono andati avanti, perchè erano aggrappati a qualcosa. - Noi a cosa siamo aggrappati, Sam? - C'è ancora del buono a questo mondo, padron Frodo. Ed è giusto combattere per questo."
J.R.R. Tolkien, Il signore degli anelli.

18 novembre 2010

CHI 'ELENCA' I VALORI POPOLARI?


Mia lettera ad Avvenire del 18 novembre 2010 con la relativa risposta del direttore, Marco Tarquinio. Una "egemonia" culturale non-cattolica in Italia?



Caro direttore,
non sono passate molte settimane da quando essere cattolici, in questo Paese, significava invadere la sfera pubblica del­la grande 'narrazione' laicista, violan­done il primo comandamento per cui non avremmo dovuto avere altro dio che lo Stato – intendendo quest’ultimo come l’accozzaglia di apparati di potere cri­stallizzati nel loro interno equilibrio (dunque, nulla che abbia a che vedere col popolo sovrano e con la partecipa­zione, la quale, semmai, mette in crisi qualsiasi 'narrazione' – clericale certo, ma anche laicista – dei valori comunita­ri trascendenti, quelli espressi dalle per­sone che concretamente vivono la so­cietà). Oggi, invece, riscontriamo una simpatia che mai ci saremmo potuti a­spettare fino a non molto tempo fa, e che arriva da concittadini – Nichi Vendola e Benedetto Della Vedova – che si accor­gono che il sale cattolico non fa male al­la democrazia (anzi), solo da quando l’o­dore delle elezioni politiche si è fatto as­sai prossimo alle loro narici. Eppure pro­prio da loro, che in anni passati hanno dimostrato cattivo gusto nel condire la pietanza della politica nazionale, ci arri­va la richiesta (troppo assillante per non essere interessata, e a tratti pure inso­lente) di assaggiare le loro scipite mine­stre: la ricchezza del banchetto sociale cristiano, con tutti i suoi sapori – una gamma che va dal primo concepimen­to all’ultimo istante di vita, passando per la cultura, l’istruzione, il lavoro, la finan­za, ecc – è svilito e ridotto a poltiglia. Che ci sia un’operazione totalitaria dietro, tuttavia, è fuor di dubbio: o la minestra o la finestra. Lo vediamo da come si trat­ta la storia di questa nostro sfortunato Paese. Ieri erano Pio XI e la Chiesa a es­sere accusati di scarsa attenzione per la deriva razzista del 1938 (è necessario ri­cordare meglio l’accusa e l’accusatore, tal Fini?), e oggi, addirittura, scopriamo in diretta televisiva (da Fazio & Saviano) che il popolarismo cattolico non ha mai avuto un ruolo nello sviluppo dell’Italia, e dunque non ha valori da 'elencare' nei varietà Rai. Non sarebbe ora che i nostri zelanti e moderni concittadini ri­cordino che Pio XI non ha mai fucilato nessun antifascista né firmato articoli pseudoscientifici, e che è De Gasperi (il popolarismo sturziano, per intenderci) ad aver dato all’Italia l’unico sbocco dav­vero europeo, che non sia imputridito nella miseria civile ed economica del
blocco di Varsavia?

Antonio G. Pesce
Motta S. Anastasia (Catania)




Non è questione di settima­ne e neppure di anni, gen­tile dottor Pesce e cari a­mici che tra ieri e oggi avete scrit­to e ragionato in questa pagina. C’è un tempo che sembra non passare mai, anche in certa tv di successo: lenta e inesorabile come la vene­razione per i santoni di turno che mette in scena e manda in onda. È il tempo del fastidio iper-statalista e anti-cattolico. Un tempo che pur­troppo abbiamo imparato a cono­scere, che non ci sorprende né sgo­menta.
Ma noi cattolici che allo Stato unitario guardiamo laica­mente davvero e che nel nome e nella pratica di una positiva laicità abbiamo contribuito a ricostruirlo (nel coniugare al plurale, m’inor­goglisco del gran contributo costi­tuente e politico dei popolari e dei democratici cristiani), noi cattoli­ci che crediamo sul serio al ruolo della società civile (e non certo per­ché è l’ultima scoperta di un poli­tologo d’Oltremanica), noi cattoli­ci che siamo consapevoli della no­stra fede e della nostra cultura e, dunque, abbiamo profondo ri­spetto per tutti e soggezione verso nessuno, noi disarmati cattolici sappiamo a quali valori guardare e da chi guardarci. Anche se qualche volta, come annota amaro nella sua lettera il signor De Angelis, non u­siamo bene il telecomando...
Non bastano, insomma, un paio di cita­zioni suggestive e apparentemen­te concilianti – siano di Vendola, di Della Vedova o di chiunque altro – a emozionarci e convincerci. Men­tre bastano (e avanzano) per non
farci incantare, né usare in giochi di propaganda e di potere, certi rei­terati colpi bassi: da quelli della Tv Faziosa a quello – clamoroso e in­sensato, come ricorda Pesce – che l’attuale presidente della Camera sferrò contro la Chiesa e contro Pio XI, il Papa della 'Mit Brennender Sorge'. Si sa: gli alberi si ricono­scono dai frutti che danno, ma i ge­sti e le parole di chi li pianta pesa­no, eccome. L’Italia civile e degna di spazio e a­scolti sarebbe, dunque, quella che anela alla 'conquista' dell’euta­nasia, quella di Fazio & Saviano, di Fini & Bersani, di Englaro & Welby?
Questo stucchevole gioco delle coppie può illustrare l’immagine mediatica dei sogni (e degli incu­bi) del Paese, ma non l’esaurisce e soprattutto la deforma. C’è tutta un’altra Italia, che la tv (anche la tv che è servizio pubblico) snobba e per la quale non ci sono le tribune delle proclamate trasmissioni in­telligenti e neppure di divanetti dei pomeriggi chiacchieroni. È un’Ita­lia che fa famiglia, che lavora e che resiste, che ha il senso della co­munità e tiene la persona al primo posto, che sta coi suoi malati e i suoi anziani. E, guarda caso, è un’I­talia che quasi sempre crede in Ge­sù Cristo, ed è Chiesa. Sorride e lot­ta, amando la vita, ogni piccola e grande vita di donna e d’uomo. Noi la conosciamo bene. Certa tv non la vede e non le dà voce? Diciamo­lo forte e ripaghiamola a dovere. È come per il voto: scegliamo noi, non solo i signori delle liste e i bu­rattinai degli 'elenchi'.

Marco Tarquinio

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