"-E' come nelle grandi storie, padron Frodo, in quelle che contano davvero. Erano piene di oscurità e pericolo, e a volte non volevi nemmeno sapere come andavano a finire, perchè come poteva esserci un finale allegro? Come poteva il mondo tornare come prima dopo che erano successe tante cose brutte? Ma alla fine, era solo una cosa passeggera, quest'ombra. Anche l'oscurità deve finire. Arriverà un nuovo giorno, e quando il sole sorgerà, sarà ancora più luminoso. Quelle erano le storie che ti restavano dentro, che ti insegnavano qualcosa, anche se eri troppo piccolo per capire perchè. Ma credo, padron Frodo, di capire. Ora, so. I protagonisti di quelle storie avevano molte occasioni per tornare indietro, ma non l'hanno fatto. Sono andati avanti, perchè erano aggrappati a qualcosa. - Noi a cosa siamo aggrappati, Sam? - C'è ancora del buono a questo mondo, padron Frodo. Ed è giusto combattere per questo."
J.R.R. Tolkien, Il signore degli anelli.

25 novembre 2010

LA DITTATURA MEDIATICA SUI DEBOLI


di Antonio Giovanni Pesce- Stiamo morendo di politica. Forse, siamo già morti di politica. Il più concreto dei terreni è divenuto la più astratta delle prigioni. Politica ridotta a partiti, ad apparati di potere, a schemi ideologici – che riduce a sua volta tutta la vita a se stessa. Non ne stiamo uscendo più. Non c’è nulla nella discussione pubblica attuale – nella ‘Politica’, nella più ‹‹architettonica delle scienze›› direbbe Aristotele – che possa lenire la solitudine dell’uomo moderno.

Siamo soli. Monadi. Ne è dimostrazione che la replica, in un qualche modo, al ‘disonorato’ Maroni è stata concessa. In un qualche modo, certo. Tuttavia gli è stata concessa. Non tutto, però, alla fine sarà in chiaroscuro, come la laicità una volta prometteva. Non ci sarà spazio per dubbi più incalzanti delle collusioni leghiste.

Oggi si ‘appare’. E la presenza narrante che ‘appare’ fa scivolare nel nulla chi non ha la forza di apparire. Questi sono i nuovi deboli: coloro che non ‘appaiono’, che saranno cancellati dalla storia, perché già cancellati della cultura, dall’informazione, dalla politica. E chi ‘appare’ deve essere conforme al metro della scatola, o essere insignificante. Non è colpa di chi appare. Chi scrive è tra coloro che ‘appaiono’ – scrive su un posto letto mediamente da ventimila persone. Non è forza anche questa? Eppure, nessuno vuole far torto a nessuno.

Guardate Saviano: ieri sera parlava di immondizia in Campania, di rifiuti tossici del Nord che la camorra sotterra al Sud. Nulla da eccepire: tutto vero. Tutto altamente civico. Diremmo che egli sia macchiato di un orrendo delitto contro i ‘non-apparsi’? No. Eppure è così. Nella puntata di lunedì 15 novembre il duetto Fazio-Saviano ha ospitato i congiunti di Welby ed Englaro. È sbagliato che Saviano si dichiari a favore di certe pratiche, del resto ancora illecite in Italia? Forse. Ma è come cercare il pelo nell’uovo. Quello che è accaduto, è che da l’indomani migliaia di famiglie hanno reclamato il loro diritto di ‘esserci’ nella storia di questo Paese. Che è la storia scritta da alcuni, ma vissuta da molti altri. La storia di chi non si arrende alla malattia, perché accanto ha una famiglia che non si è arresa moralmente ed economicamente davanti alla disgrazia, nonostante uno Stato assente. O presente come Caifa per schermire l’ennesimo Cristo inchiodato alla propria croce.

Avvenire ha lanciato una campagna: ‹‹Fateli parlare››. Una campagna che non sortirà alcun effetto. La storia sta andando da un’altra parte. Verrà il giorno in cui ci pentiremo. Ma non è questo quel giorno. Per ora, l’ennesima ‘narrazione’ ci racconta che una vita debole non va vissuta punto. Del resto, quale migliore dimostrazione di questa, che a parlare siano stati conduttori, scrittori, politici e congiunti, uniti dall’insolubile vincolo della vita? Piergiorgio Welby non c’era lunedì 15 novembre su Raitre: è morto. Non c’era Eluana Englaro: è morta. Non c’erano – e vedrete che non ci saranno – i tanti malati che non hanno più braccia per votare e lingua per tifare. Non ci sarà il nostro Salvatore Crisafulli, non ci sarà suo fratello Piero: perfino l’Inps, la cui efficienza non può essere additata come esempio, ha fatto la voce grossa contro di loro [ne abbiamo già data notizia su Cataniapolitica].

I deboli. Chi sono i deboli oggi? Quale Cristo è salito in croce passando dal Golgota vicino casa mia? Quale Getsemani ha visto sudare sangue? Non lo sappiamo. Sappiamo quali siano i ‘valori’ di Tizio e quali quelli di Caio, ma il dolore non ha viso, non ha voce, non ha racconto. Il dolore no. La morte, quella umana che conosce l’angoscia, neppure. Semmai, ‘appare’ un evento – la vita con le sue disgrazie diventa ‘caso’, sempre e comunque portato alla ribalta dell’ ‘apparenza’ per fare del bene agli altri. Novelle crocerossine: basta scegliere. Ma la scelta è dilemma tra vita e morte, comunque nella disgrazia. Signori: quali monologo lo spiegherà mai questo mistero?

Vedrete: la lista non è ancora finita. C’è sempre un invitato da aggiungere. I deboli no. Quelli hanno in eredità solo il Paradiso.


Pubblicato il 23 novembre 2010 su www.cataniapolitica.it

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