"-E' come nelle grandi storie, padron Frodo, in quelle che contano davvero. Erano piene di oscurità e pericolo, e a volte non volevi nemmeno sapere come andavano a finire, perchè come poteva esserci un finale allegro? Come poteva il mondo tornare come prima dopo che erano successe tante cose brutte? Ma alla fine, era solo una cosa passeggera, quest'ombra. Anche l'oscurità deve finire. Arriverà un nuovo giorno, e quando il sole sorgerà, sarà ancora più luminoso. Quelle erano le storie che ti restavano dentro, che ti insegnavano qualcosa, anche se eri troppo piccolo per capire perchè. Ma credo, padron Frodo, di capire. Ora, so. I protagonisti di quelle storie avevano molte occasioni per tornare indietro, ma non l'hanno fatto. Sono andati avanti, perchè erano aggrappati a qualcosa. - Noi a cosa siamo aggrappati, Sam? - C'è ancora del buono a questo mondo, padron Frodo. Ed è giusto combattere per questo."
J.R.R. Tolkien, Il signore degli anelli.

29 novembre 2010

IL MONDO CAMBIA. L'ITALIA ARRANCA


di Antonio G. Pesce- Siamo il Paese che attende ancora un suo avvenire perché non sa sceglierselo. Perché, in realtà, non si mette d’accordo al suo interno. Del resto, non siamo d’accordo neppure sul passato. Che il Risorgimento non sia avvenuto come ce l’hanno raccontato a scuola, questo è sicuro. Ma sicuri che abbiamo sbagliato strada? Dove saremmo andati divisi in più pezzi, se oggi che siamo uno solo non riusciamo a spostarci dalla situazione di stagno in cui ci troviamo?

Perfino la grande ‘narrazione’ antifascista è venuta meno. Le trasmissioni che contrappongono fascisti e antifascisti, con la loro arbitraria ricostruzione delle vicende storiche ancora vive nella memoria, sarebbero troppo noiose culturalmente se non fossero, innanzi tutto, per la loro litigiosità altrettanto deprimenti moralmente.

Il mondo crolla, dopo essersi ‘occidentalizzato’. Il capitalismo sarà abbattuto da se stesso, dopo aver resistito alle minacce sovietiche. Ieri è crollata la Grecia. La Spagna di Zapatero sta malissimo – cosa che c’era stata avvisata dal filosofo Savater, che nell’estremo laicismo zapatista vedeva il fumo negli occhi di una nazione malata. Correva l’anno 2009, pochi mesi prima delle elezioni europee. Che non avesse torto, lo abbiamo scoperto un paio di mesi dopo. Vogliamo, poi, parlare del Portogallo? Parliamo dell’Irlanda, che in Europa è stata la ‘tigre’ che negli ultimi decenni ha aggredito la crescita. Ora si trova in panne. E credeteci: non sarà l’unica. Prima del Vecchio Continente, c’è da pensare al mondo intero. Da un decennio la vulgata neomaterialista ci ha raccontato la storia del bel progresso delle tigri dell’Asia. Le ‘magnifiche sorti e progressive’ in salsa liberal-liberista. Ci diceva che la Cina, per esempio, ci avrebbe divorati, o che saremmo finiti fagocitati dall’India. Veniva scambiato per un illuso colui che poneva fede nella Libertà.

La Cina e l’India sono i due colossi prossimi all’implosioni. La gente lì comincia a scioperare: perfino le gialle formichine non vogliono essere degradate ad automi. Si chiama ‘etica’ quella cifra della nostra esistenza di cui non riusciamo a sbarazzarci. Il mondo moderno – come ce lo hanno inculcato e decantato – muore. È l’agonia delle ultime illusioni rimaste. Sta accadendo all’economia. Accadrà al costume, personale e collettivo. I nostri padri si sono sbarazzati dei loro, credendo di poter creare un paradiso. Ora che l’inferno infiamma il globo, tocca ai nipoti vendicare i nonni.

Il mondo sta cambiando. Questa volta non si fermerà tanto facilmente. Oggi, tra i libri di una libreria d’usato spiccava un titolo: Il ritorno dell’economia della depressione. Stiamo andando verso un nuovo ‘29?, un’opera dell’economista Paul Krugman, premio Nobel nel 2008. Lasciate perdere se quel che dice vi piace o no: non ha importanza. Ne ha, invece, la data di pubblicazione: l’originale è del 1999, la traduzione italiana per Garzanti è del 2001. In poche parole: non è stato scritto col senno di poi, ma due lustri prima della crisi che stiamo vivendo.

Davanti ai cambiamenti mondiali, fa una certa impressione leggere i dispacci della politica italiana. Tutti sanno che si andrà al voto tra un paio di mesi: ormai è un segreto di Pulcinella. La sinistra non sa spiegare perché dovremmo preferirla ai berlusconiani: in Sicilia non c’è questione morale, ci sarebbe solo in Campania. A Fini gli si fa un favore a definirlo ‘futurista’: è un futuribile, un capo che deve ancora dimostrare qualcosa. Da vent’anni lo si attende. La sua rivoluzione – fascista, tradizional-cattolica, liberale, liberal, ecc – è sempre di là da venire. Perfino Mara Carfagna, l’ultima speranza per quella rinascita morale auspicata da molti, pare essersi impaurita: contrordine, si ritorna nei ranghi, forse l’accontentino è arrivato.

Dispiace ancor di più che sia il governo a non saper dove si vada. Non è più chiaro chi siamo, divisi in 20 stati dove ognuno ormai fa quel che più gli porta consenso. Non è chiaro dove vogliamo andare. Questo il vero pericolo, che alle crisi di un mondo impazzito come la maionese, ci si metta sopra il proprio cronico esaurimento nervoso.


Pubblicato il 25 novembre 2010 su www.cataniapolitica.it


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