"-E' come nelle grandi storie, padron Frodo, in quelle che contano davvero. Erano piene di oscurità e pericolo, e a volte non volevi nemmeno sapere come andavano a finire, perchè come poteva esserci un finale allegro? Come poteva il mondo tornare come prima dopo che erano successe tante cose brutte? Ma alla fine, era solo una cosa passeggera, quest'ombra. Anche l'oscurità deve finire. Arriverà un nuovo giorno, e quando il sole sorgerà, sarà ancora più luminoso. Quelle erano le storie che ti restavano dentro, che ti insegnavano qualcosa, anche se eri troppo piccolo per capire perchè. Ma credo, padron Frodo, di capire. Ora, so. I protagonisti di quelle storie avevano molte occasioni per tornare indietro, ma non l'hanno fatto. Sono andati avanti, perchè erano aggrappati a qualcosa. - Noi a cosa siamo aggrappati, Sam? - C'è ancora del buono a questo mondo, padron Frodo. Ed è giusto combattere per questo."
J.R.R. Tolkien, Il signore degli anelli.

14 luglio 2011

Le capre, i pecoroni e la tomba di Verga

Le capre, i pecoroni, e la tomba di Verga 

di Antonio G. Pesce – La tomba di Verga fa parlare. Credetemi: non è un male. Non è male che, nel 150esimo anno dell’Unità, la nazione discuta del decoro e del rispetto che si deve ad uno dei suoi padri nobili. Contrariamente a quanto detto – o attribuitogli – da D’Azeglio, gli italiani ci sono sempre stati. Non c’era, fino al 17 marzo del 1861, lo Stato italiano, ed è dubbio che, da quel giorno in poi, abbia cominciato ad esistere. Se gli italiani ci sono sempre stati è merito di una discendenza di eroici compatrioti che, partendo da un certo Dante Alighieri da Firenze fino ad un certo siculo Gesualdo Bufalino, non si è data pace per insegnare ad un popolo che di imparare non vuole proprio saperne. E ancora oggi c’è chi crede non sia inutile sacrificarsi per questo.
Gli italiani mostriamo attenzione per la cultura come le capre per i paesaggi: qualcuno ha mai visto una capra preferire all’erbetta del pascolo la poesia di un bellissimo tramonto italico? No, però l’angoscia del fallimento economico e dello sbando politico che stiamo vivendo, porta ad interessarsi di una tomba che, per quanto io ne possa sapere, non è mai stata tenuta nella giusta considerazione. E, fino a qualche decennio fa, neppure la casa del Verga, sita in via Sant’Anna. L’attenzione mostrata dal sottosegretario ai Beni culturali, tale Riccardo Villari, non è piaciuta all’amministrazione comunale, che ha diramato un comunicato piccato dai toni assai polemici.
L’onorevole Villari, il cui curriculum culturale non spicca come non spicca quello del responsabile del dicastero, l’onorevole Galan, dimostra chiaramente, con suo interessamento, che il genio è apprezzato quando è morto – la fama è questione di tomba. Prima, c’è solo la disperazione. E infatti il governo, di cui i due attenti ‘verghiani’ fanno parte, si è prodigato più degli altri che lo hanno proceduto (già abbastanza attivi in tal senso) a far sì che il genio italico prendesse la fame oppure la via dell’estero. Non ci risulta altro tipo di impegno.
Stiano tranquilli al ministero: altri dieci anni così, e nessuno andrà più a vedere la tomba di Verga, semplicemente perché nessuno saprà più di Giovanni Verga. Siamo sulla buona strada. Una parte consistente dei neodiplomati non solo sa pochissimo di letteratura, ma non sa neppure chi sia Galan e Villari (e, fin qui, non si vede il danno), né quale funzione ricoprano (e qui sì che il danno c’è). Interrogati nei primi esami (e non solo nei primi) universitari, mostrano strane idee circa il ruolo del presidente della Repubblica e della distinzione tra governo e parlamento. Da quando lo studente è divenuto ‘cliente’ della scuola, i signori presidi fanno di tutto per non sacrificarne neppure uno al duro lavoro dei campi, spedendo più ragazzi possibili a fare modelli di sapienza su qualche ‘vetrina di centisti’.
Quindi, in soldoni, dal momento che l’umanità si sta spegnendo pian piano, e quella italica è ormai al lumicino, non prendiamoci molta cura dei morti. Il futuro è dei vivi, magari intercambiabili e clonabili come la massa crescente di pecoroni, che adora la Scienza e ne recita il Credo. Tuttavia, dal momento che ancora in questa nazione e in questa città ci sono dei vetusti ‘uomini’, che preferiscono estinguersi come dinosauri, piuttosto che riciclarsi come superuomini robotizzati, è bene che il signor sindaco di Catania tenga presente alcune cose. Innanzi tutto, che la tomba di Verga, come quella di ogni genio catanese, non è conservata nel modo che le si addice, ed inoltre che, con molti meno brani di civiltà, ci sono città estere che campano di turismo culturale. Che si può fare allora? Come valorizzare quei luoghi e quelle personalità che, oltre a dare lustro a Catania, hanno fatto grande l’intera nazione? Si potrebbe cominciare nominando un assessore alla cultura. E proseguire non prendendo esempio dal compare di Palazzo Chigi, e magari assegnando a quel ruolo una persona competente. Basterebbe trovare qualcuno che abbia conseguito la terza media, prima che le tanto rivoluzionarie innovazioni del ’68 facessero comparsa sulle cattedre della scuola e dell’università italiane.
Questo non servirà a far riprodurre meno velocemente le pecore. Servirà, quanto meno, a ricordare loro, che pur avranno l’ultima parola, che è esistito un mondo di pastori.

Pubblicato il 12 luglio 2011 su Catania Politica.

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