"-E' come nelle grandi storie, padron Frodo, in quelle che contano davvero. Erano piene di oscurità e pericolo, e a volte non volevi nemmeno sapere come andavano a finire, perchè come poteva esserci un finale allegro? Come poteva il mondo tornare come prima dopo che erano successe tante cose brutte? Ma alla fine, era solo una cosa passeggera, quest'ombra. Anche l'oscurità deve finire. Arriverà un nuovo giorno, e quando il sole sorgerà, sarà ancora più luminoso. Quelle erano le storie che ti restavano dentro, che ti insegnavano qualcosa, anche se eri troppo piccolo per capire perchè. Ma credo, padron Frodo, di capire. Ora, so. I protagonisti di quelle storie avevano molte occasioni per tornare indietro, ma non l'hanno fatto. Sono andati avanti, perchè erano aggrappati a qualcosa. - Noi a cosa siamo aggrappati, Sam? - C'è ancora del buono a questo mondo, padron Frodo. Ed è giusto combattere per questo."
J.R.R. Tolkien, Il signore degli anelli.

21 luglio 2011

Hanno scippato Catania

Hanno scippato Catania 
di Antonio G. Pesce – ‹‹Voi non sapete cosa sia stata questa zona negli anni Sessanta››. C’è una malinconia di fondo, percorrendo le vie deserte della zona industriale di Catania. Con noi, chi quella zona l’ha vista pullulante di gente, e poi svuotarsi pian piano. Malinconici binari della ferrovia, che entrano ancora dentro capannoni ormai abbandonati.
‹‹La mattina arrivavano almeno una trentina di autobus. L’Amt aveva i prezzi ridotti, e una linea ogni ora, oltre a tre mezzi ogni mezz’ora nelle ore di punta››. Malinconici cani randagi oltrepassano cancelli arrugginiti, cigolanti con le folate di vento che spazzano l’afa degli ultimi giorni.
‹‹Mi fa male la cosa. Mi fa molto male ripensarci. Vedi quei canali di scolo? Non c’erano, o meglio non erano così. Lì c’erano della latrine, una puzza che non ti dico. I viali non avevano nomi, ed c’erano cumuli d’immondizia dappertutto. Un ingegnere milanese mi chiese come potessimo permettere tutto questo. Però, si lavorava. Lì c’era l’altoforno››.
C’è una Catania che non entra mai nei discorsi politici, nelle disquisizioni accademiche, nelle attività culturali. Troppo impegnati a parlare di un futuro che non si riesce a progettare, ci stiamo perdendo la Catania che è stata, e che non tornerà mai più. ‹‹Era un’altra Catania – ci dice un poco commosso, come non lo abbiamo mai visto, se non in altre e ben più doloroso vicende – Stavo aspettando mio fratello. Doveva fare un colloquio. La fabbrica era lì, in quel cancello. Io lo aspettavo seduto fuori. Poi, esce un signore. Mi chiede che stessi facendo lì. Gli dico che aspettavo mio fratello, che era venuto a portare la domanda per il lavoro. Allora non si chiamava curriculum. Noi dicevamo ‘domanda’. Lui mi dice: “Ma tu voglia di lavorare non ne hai”. Io gli dico sì, ce l’ho, ma non ne trovo. Ero appena stato licenziato da un’altra fabbrica. Lavoravo nella zona industriale dai 14 anni. Lui mi porta dentro, chiama un tizio e gli dice: “ragioniere, faccia la domanda di assunzione a questo ragazzo, che non vuole lavorare”. Capisci? C’era tanto lavoro, che il disoccupato non era contemplato. Si chiamava ‘lavativo’. Come hanno potuto scipparci questa bella Catania?››.
Piccoli brani di una conversazione. In macchina. Non siamo al bar della politica. Qui la verità è un volto che ti guarda commosso. È una vita che conosci, e delle cui rughe puoi raccontare la storia. Un’esistenza da lavoratore, sotto le lamiere infuocate di luglio, quando a turno gli operai si mettevano a sparare acqua sui tetti con le lance dell’antincendio, sperando di raffreddare quei forni.
Ora non c’è più nulla. Solo i ricordi dei padri, e qualcuno anche per i figli. Catania soffre la mancanza di lavoro. In tutti i settori. Falliscono le partite Iva. Le assunzioni nel comparto pubblico sono bloccate. La Sicilia avrà il più basso numero di immissioni in ruolo nella scuola che l’intera Penisola registri. L’industria, infine, è solo un discount svedese, o francese, o tedesco, o pure italiano. Ma una grande macchina che fa girare soldi, e non produce ricchezza.
Fa male, molto male quell’ultima domanda. ‹‹Come hanno potuto scipparci questa bella Catania?››.

Pubblicato il 21 luglio 2011 su Catania Politica 

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