"-E' come nelle grandi storie, padron Frodo, in quelle che contano davvero. Erano piene di oscurità e pericolo, e a volte non volevi nemmeno sapere come andavano a finire, perchè come poteva esserci un finale allegro? Come poteva il mondo tornare come prima dopo che erano successe tante cose brutte? Ma alla fine, era solo una cosa passeggera, quest'ombra. Anche l'oscurità deve finire. Arriverà un nuovo giorno, e quando il sole sorgerà, sarà ancora più luminoso. Quelle erano le storie che ti restavano dentro, che ti insegnavano qualcosa, anche se eri troppo piccolo per capire perchè. Ma credo, padron Frodo, di capire. Ora, so. I protagonisti di quelle storie avevano molte occasioni per tornare indietro, ma non l'hanno fatto. Sono andati avanti, perchè erano aggrappati a qualcosa. - Noi a cosa siamo aggrappati, Sam? - C'è ancora del buono a questo mondo, padron Frodo. Ed è giusto combattere per questo."
J.R.R. Tolkien, Il signore degli anelli.

21 luglio 2011

Il volto nascosto della solitudine

Il volto nascosto della solitudine


di Antonio G. Pesce - Le grandi città sono da sempre produttrici di enormi quantità di solitudine. La vita nella metropoli è una vita anonima, sradicata dal rapporto intenso – il più delle volte perfino asfissiante – che l’individuo ha con la comunità nel piccolo centro, dove ancora oggi i cognomi sono sostituiti dalle ‘ingiurie’, dagli epiteti con i quali ci si riconosce, e con i quali si narra la storia della famiglia.
Non stupisce, allora, che si possa vivere nell’indigenza (e nell’indecenza), senza che la macchina pletorica dello Stato giunga a mettere ordine. Infatti, nella vicenda di incesto, di cui davamo notizia qualche giorno fa, che ha visto coinvolta una ‘famiglia’ della città, i primi a lanciare l’allarme sono stati i vicini, credendo che in quell’abitazione vi fosse un cadavere in decomposizione. Il cadavere c’era, ma non emanava alcun cattivo odore, e si attendeva la degna sepoltura. C’era anche, in una scatola, una bambina di appena due settimane, e tutt’intorno immondizie. Soprattutto, l’immondizia di dentro, il degrado dell’umano: l’incesto. La bimba, infatti, pare essere nata da un rapporto incestuoso tra la madre il fratello di lei.
Come ogni volta, il volto perbenistico delle città arrossisce, e per non dare conto della propria generale condotto, sforna una infinità di domande. Alcune, peraltro, fondate. Passi, infatti, che i servizi sociali non riescano a prevenire un incesto – seppur non impossibile, è comunque difficile – ma davvero non potevano sapere prima delle gravissime condizioni igieniche in cui viveva tutto il nucleo famigliare? Il territorio non va monitorato dall’occhio vigile della vicina di casa, sempre attenta ai fatti altrui e poco ai propri. Sapere e censire le sacche di sofferenza è un preciso dovere di chi è pagato per farlo, e si presume ne abbia le competenze. Se il lavoro non è soddisfacente, o non si è remunerati bene, lo si può sempre lasciare a qualcun altro, ché di disoccupati, anche molto qualificati, l’Italia miserabile di questi tempi non manca. Ma se si rimane al proprio posto fino ad ogni 27 del mese, si dovrebbe tentare di far di tutto per avere una rete di rapporti – con scuole, municipalità, parrocchie, ecc.
Certo, nessuno è infallibile, e nessun metodo è così perfetto per imbrigliare la realtà, che, come s’è visto, a volte supera la fantasia. Tuttavia, in questo specifico caso, si può dire, senza tema di smentita, che ogni cosa è stata fatta per evitarlo? Si può affermare con sicurezza, che si tratti di un singolo caso, che non inficia l’efficienza della struttura dei servizi sociali?
Un’ultima domanda andrebbe rivolta alla città intera. Dato per certo che tutta Catania soffre, quanto le elite di questa città stanno facendo per gli ultimi? Le tante logge di filantropi in carriere, piuttosto che ruggire nel chiuso di convegni e staccando assegni per belle lapidi, potrebbero sporcarsi le mani tra il fango degli ultimi. E i tanti giovincelli da sagrestia, che vogliono una ‹‹Chiesa più missionaria››¸ piuttosto che giocare a fare gli eretici con la chitarra da Bob Dylan in mano, potrebbero rimboccarsi le maniche, e asciugare loro il volto sanguinante del Cristo catanese. Infine, noi pennivendoli, che facciamo gli intellettuali e speriamo di salvare il mondo presentando qualche libro, e scrivendo di qualche momento di refrigerio culturale, potremmo raccontare il volto vero ed autentico della solitudine, quando l’uomo appare una bestia, più che angelo ed addirittura immagine di Dio.

Pubblicato il 19 luglio 2011 su Catania Politica 

Nessun commento: