"-E' come nelle grandi storie, padron Frodo, in quelle che contano davvero. Erano piene di oscurità e pericolo, e a volte non volevi nemmeno sapere come andavano a finire, perchè come poteva esserci un finale allegro? Come poteva il mondo tornare come prima dopo che erano successe tante cose brutte? Ma alla fine, era solo una cosa passeggera, quest'ombra. Anche l'oscurità deve finire. Arriverà un nuovo giorno, e quando il sole sorgerà, sarà ancora più luminoso. Quelle erano le storie che ti restavano dentro, che ti insegnavano qualcosa, anche se eri troppo piccolo per capire perchè. Ma credo, padron Frodo, di capire. Ora, so. I protagonisti di quelle storie avevano molte occasioni per tornare indietro, ma non l'hanno fatto. Sono andati avanti, perchè erano aggrappati a qualcosa. - Noi a cosa siamo aggrappati, Sam? - C'è ancora del buono a questo mondo, padron Frodo. Ed è giusto combattere per questo."
J.R.R. Tolkien, Il signore degli anelli.

8 luglio 2011

La questione morale sbarca a Catania

La questione morale sbarca a Catania 

di Antonio G. Pesce – La questione morale approda a Catania. I partiti si sono visti in prefettura, ed hanno siglato un accordo: deve essere fatto il massimo, alle prossime elezioni, perché nessuno che possa avere commistioni con La mafia sia eletto. Il candeggio deve essere a prova di Calimero (brutto e pure sporco).
Siamo a Catania. Per quanto bella, questa città ha una storia da farsi perdonare, ed ogni gesto, che vada in un senso opposto ai cattivi ricordi di venti, trent’anni fa, è sempre bene accetto. La scorsa settimana la stampa dava notizia dell’assenza di Comune e Università al processo per i fatti in cui venne ferita la nostra Laura Salafica. Non si sono costituiti parte civile. Non c’hanno manco provato a farlo. Dopo lo sgombero di Palazzo di Cemento, credevamo che qualcosa in città fosse cambiato. La notizia del silenzio delle istituzioni davanti alla giustizia per una concittadina e collega ci aveva sconvolti. Ora arriva questa.
Siamo a Catania. Si fa sempre meno di quanto si sia in dovere di fare. Ma quando si fa, un plauso è d’obbligo. Bene, dunque. Però, non vorremmo che qualcuno pensasse che sia il massimo. Non lo è. Nessun incenso, perché non c’è nulla da incensare. A voler essere cattivi, si potrebbe dire che la maggiore attenzione sarebbe stata già un obbligo. Non lo siamo – essere cattivi non serve, ed è pure inutile. Però guardinghi sì, bisogna esserlo. Ed è bene ricordare alle società civile – perché tanto la politica non ascolta – un’altra storia nazionale, al fine di offrire un’altra visione della questione.
Se crediamo che la malavita organizzata sia quella di lupare e coppole, finiamo per raccontarci la storia che si sono raccontati al Nord, per placare le polemiche seguite a programmi e libri che, invece, dicevano quanto il fenomeno malavitoso fosse vicino alle Alpi. Se crediamo che ad allettarci basti un documento, o l’informazione su qualche inchiesta clamorosa, allora finiamo per illuderci. Ancora una volta sbagliando strada. Non funziona così. Almeno, non soltanto così. C’è una sottile linea grigia, dove il diritto dice altro e la morale non è così punitiva; dove, chi la varca, non rivide i visi di Falcone, Borsellini e di tutti gli eroi caduti sulle nostre strade; dove non arriva il tuono del tritolo, né l’odore del sangue, ma la facile assoluzione per un ‘male’ comune. L’Italia non è rosa (soltanto) dalla Mafia, e questa non è una combriccola di vecchi rimbambiti col vizio della lupara e della coppola. La linea grigia – sottile, sottile – è quella del malcostume, della corruzione, del nepotismo, del familismo, del voto di scambio.
Non basta non eleggere i mafiosi per dirsi integerrimi, così come non basta farsi il bidet per dire di non puzzare. Signori, serve altro. La civiltà è una festa, alla quale non basta aver cambiato i calzini sudati per potercisi presentare. Per essere civili bisogna indossare il vestito della domenica, come facevano i nostri nonni, che mangiavano pane e cipolla, però s’impegnavano anche l’ultimo sacco di farina per comprare il vestito buono per i figli.
Abbiamo bisogno di più. Abbiamo bisogno di durissime leggi contro la corruzione, la concussione, il voto di scambio. Abbiamo bisogno dell’ineleggibilità di chi è sotto processo. Abbiamo bisogno che chi ricopre incarichi di governo sia dichiarato decaduto, non appena arrivi un rinvio a giudizio. Non avremo così, però, una politica in mano alla magistratura. Se oggi si fa presto ad avviare un’inchiesta e altrettanto a divulgarne i contenuti, è perché si sa che la cosa non cambierà molto il palinsesto politico. Al massimo, qualche ora in più di zuffe televisive. Avesse dai noi un atto legale la forza dirompente che ha in altre nazioni, la nostra magistratura sarebbe costretta a mutare stile.
Dunque, non si tratta di cedere al giustizialismo, ma di cominciare a suonare una musica diversa. Perché quella finora trasmessa sembra, sempre più, un requiem per la politica.

Pubblicato il 5 luglio 2011 su Catania Politica 

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