"-E' come nelle grandi storie, padron Frodo, in quelle che contano davvero. Erano piene di oscurità e pericolo, e a volte non volevi nemmeno sapere come andavano a finire, perchè come poteva esserci un finale allegro? Come poteva il mondo tornare come prima dopo che erano successe tante cose brutte? Ma alla fine, era solo una cosa passeggera, quest'ombra. Anche l'oscurità deve finire. Arriverà un nuovo giorno, e quando il sole sorgerà, sarà ancora più luminoso. Quelle erano le storie che ti restavano dentro, che ti insegnavano qualcosa, anche se eri troppo piccolo per capire perchè. Ma credo, padron Frodo, di capire. Ora, so. I protagonisti di quelle storie avevano molte occasioni per tornare indietro, ma non l'hanno fatto. Sono andati avanti, perchè erano aggrappati a qualcosa. - Noi a cosa siamo aggrappati, Sam? - C'è ancora del buono a questo mondo, padron Frodo. Ed è giusto combattere per questo."
J.R.R. Tolkien, Il signore degli anelli.

8 luglio 2011

Consiglio comunale di Catania, opposizione al buio

Consiglio, opposizione al buio 


di Antonio G. Pesce – Finalmente si sono scoperte le carte. Perfino gli altarini. E gli scheletri sono usciti dall’armadio. Bene. Qualche mese fa, avevamo avuto l’impressione, ascoltando il Consiglio comunale discutere, che le telecamere fossero entrate ben più in profondità che nel palazzo. L’attenzione al linguaggio umano è una fisima di chi non sa consolarsi con le proprietà di Antigua, perché proprietà ad Antigua non ne ha, né mai ne avrà. Perché non farà soldi e neppure carriera. Perché i soldi e la carriera si fanno con strumenti, che i vecchi libri di filosofia non danno. Però vuoi mettere la goduria di vedere in fondo e molto prima degli altri?
Le parole veicolano idee. Veicolano il nostro modo di vedere il mondo. Noi viviamo il mondo di cui possiamo parlare (pensare). E quando una discussione, nel chiuso di un’aula consigliare, piuttosto che rivolgersi al presidente (come da protocollo) o ai colleghi, chiama in causa i ‹‹cittadini che ci vedono da casa››, allora il mezzo ha ampliato il palcoscenico, e si recita davanti ad una platea molto più grande di quella deputata alle scelte politiche. Il futuro plebiscitario della democrazia è già presente, ed è inutile dargli come unico nome quello del ‘palazzinaro’ di Arcore. Gaber lo diceva: ognuno di noi, dentro sé, ha qualcosa di quel palazzinaro. Forse perché, al di là del numero spropositato di ville, viviamo tutti la stessa Storia.
Bando alle ciance. L’altra sera i signori consiglieri si sono scannati – espressione priva di garbo ma non di verità. Motivo del contendere, la mancanza delle telecamere della televisione – sottolineiamo: della televisione, perché, come faceva notare Marco Consoli, la diretta era coperta dal web, e noi di Catania Politica tanto abbiamo scritto perché questo mezzo cominciasse a funzionare davvero e non a singhiozzo – nella seduta di prosecuzione dei lavori, quando si trattava di passare a discutere la Tarsu, dopo l’approvazione della delibera sull’accise comunale dell’energia elettrica. Casualità? La maggioranza che oscura il palazzo? No, semplice rispetto delle regole. Nella conferenza dei capigruppo si era deciso di far economia delle ore di diretta televisiva per coprire meglio il prossimo dibattito sul bilancio – cosa che, anche in quel caso, richiederà molta attenzione.
Quello che sta ammazzando la nostra democrazia – non solo quella italiana: quella del mondo intero – è l’eccezione della regola, l’imprudenza di poter decidere, di volta in volta, se sia lecito attenersi alla norma già stabilita o creare un altro precedente, che finisce per disegnare una casistica, nella quale ciascuno fa valere le regole quando e come reputa più opportuno. Che sia il palazzinaro di Arcore o il capogruppo di una delle opposizioni al Consiglio comunale di Catania poco importa. Ci sono, certo, occasioni nei quali la legge bisogna interpretarla, perché ‘summum ius summa iniuria’, scriveva Cicerone. Ma sono casi ben più importanti e ben più limitati di quelli che possa giustificare una telecamera. La quale non è poi così importante come si crede, se, davanti alle innumerevoli assenze in aula, buona parte dei signori consiglieri si sono giustificati dicendo che la politica la fanno ‹‹tra la gente››. Lì, in strada, potranno spiegare alla gente come non aumentare la Tarsu da un lato, e non creare deficit ingiustificato nelle casse del comune dall’altro. Anche perché, con tutta sincerità, nel dibattito che finora s’è udito, non hanno spiccato per idee e contenuti, ma solo per un ritornello ormai noioso: ‹‹Non bisogna mettere le mani nelle tasche dei cittadini››.
Nessuno, se può, aumenterebbe le tasse. Non è popolare, ormai demodé e, dal momento che le casse dello Stato sono – almeno formalmente – distinte da quelle personali, neppure utile, perché non ne entra nulla nelle proprie. Perché allora aumentarle? Perché c’è chi i soldi dei cittadini li spreca, e a Catania lo spreco è stato da manuale: se domani dovessimo additare un esempio alle future generazioni di come non si debba amministrare la cosa pubblica, non potremmo che ricordare il buio della città e lo scempio della sua dignità. Tuttavia, rimane il fatto che la Tarsu, diventando Tia, si fa tariffa, e le tariffe, che devono essere proporzionate al servizio, si pagano per intero dall’utente. A questo fatto, l’unica risposta è stata l’assenteismo dell’opposizione, la quale pur si trovava davanti ad una maggioranza così coesa, che perfino in una votazione tanto importante ha visto parecchi dei suoi dispersi in qualche lido della vicina Plaia.
Catania non si risolleverà con i comizi dei tribuni, ma con le strategie dei politici. Ai quali è affidata l’amministrazione di una città, che ha le sue istituzioni e le sue regole. Questa è politica – strategia, tattica, gioco e anche bluff. E come una volta si diceva che una città non è un convento, allo stesso modo oggi è bene ricordare come non si tratti neppure di uno studio televisivo. Nel quale – da quel che pare – vince il più sprovveduto, non chi ha la capacità, senza piagnistei ed isterismi di insignificante moralismo, di spostare bene le proprie pedine.

Pubblicato il 1° luglio 2011 su Catania Politica 

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