"-E' come nelle grandi storie, padron Frodo, in quelle che contano davvero. Erano piene di oscurità e pericolo, e a volte non volevi nemmeno sapere come andavano a finire, perchè come poteva esserci un finale allegro? Come poteva il mondo tornare come prima dopo che erano successe tante cose brutte? Ma alla fine, era solo una cosa passeggera, quest'ombra. Anche l'oscurità deve finire. Arriverà un nuovo giorno, e quando il sole sorgerà, sarà ancora più luminoso. Quelle erano le storie che ti restavano dentro, che ti insegnavano qualcosa, anche se eri troppo piccolo per capire perchè. Ma credo, padron Frodo, di capire. Ora, so. I protagonisti di quelle storie avevano molte occasioni per tornare indietro, ma non l'hanno fatto. Sono andati avanti, perchè erano aggrappati a qualcosa. - Noi a cosa siamo aggrappati, Sam? - C'è ancora del buono a questo mondo, padron Frodo. Ed è giusto combattere per questo."
J.R.R. Tolkien, Il signore degli anelli.

27 maggio 2011

Formazione e riforme mancanti

Formazione e riforme mancanti 

di Antonio G. Pesce - Raffaele Lombardo vanta di aver riformato la sanità siciliana. Affermazione contestata dalla sua ex maggioranza, dal Pdl che presentò un’altra bozza di riforma. Non sappiamo quale delle due fosse la migliore: in politica si fanno delle scelte (condizionate dall’appartenenza o no poco importa), e quella di cui potremmo discutere è quella lombardiana. Che ha sortito l’effetto – allora – di evitare un commissariamento. Tra tagli ai posti letto e chiusure di ospedali, moltissime le proteste.
Ogni riforma, anche se dolorosa, in Sicilia è ben accetta. Nessun dolore è inevitabile, perché in una regione dove la gioventù muore di disoccupazione e il resto della popolazione di povertà (i nostri indici sono i peggiori in Italia), un posto letto in più o in meno non fa differenza (e lo scrivo col massimo cinismo, così che qualcuno si senta offeso, e mi spieghi le ragioni del suo silenzio sulla miseria sempre più ampia dei siciliani).
Ma c’è una riforma che Lombardo non accenna a fare. E pare che nessuno voglia farla. È la riforma della formazione. Decine e decine di enti, che hanno decine e decine di centri, con decine e decine di docenti e tecnici amministrativi. Dovrebbero formare a quelle professionalità di cui manca il mercato del lavoro. E siccome la stragrande maggioranza degli iscritti ai corsi sono ragazzi al di sotto dei 18 anni, è obbligatorio per loro colmare il debito formativo. Cioè devono saper la storia, la lingua e il diritto di quella società a cui appartengono. E, si spera, far di conto.
Cosa rappresenti la formazione in Sicilia, Lombardo lo sa bene (e, con lui, tutta la politica siciliana): ‹‹Per come è strutturata la formazione professionale avremmo dovuto stanziare 500 milioni di euro di fondi regionali – ha dichiarato il presidente della regione all’approvazione, il 17 maggio, del ddl sulla formazione – Con questa cifra, spesa ogni anno, in dieci anni avremmo potuto costruire il Ponte sullo Stretto di Messina››. Lombardo, in quell’occasione, fece notare un’assurdità: ci sono 10 mila formatori, e i centri che, per conto della regione, ricevono l’incarico, hanno un approccio quasi pubblico alla gestione del personale. Insomma: pretendono.
Siccome la formazione è, da un lato e in generale, volano dell’occupazione e, dall’altro e in particolare (cioè nel caso della Sicilia), uno dei capitoli di spesa più corposi per le esangui casse della regione, si capisce che, presto o tardi, dovrà arrivare una riforma strutturale. E siccome la Sicilia vanta il più alto numero di precari nella scuola pubblica, e d’altro canto il presidente Lombardo pare stufo di come venga gestito il personale della formazione, consigliamo alla giunta e all’assessore al ramo, Mario Centorrino, di stufarsi anche del reclutamento. Non è vero che una cosa vale l’altra: ci sono parametri standard nell’assunzione del personale. Se, cioè, ci sono 50 iscritti ad un corso, non ci possono essere 10 classi. Tutto qui. E nel reclutamento, si potrebbe attingere in modo diretto dalle graduatorie della scuola pubblica. I corpo docente di un centro di formazione è composto, per un verso, da persone qualificate secondo la specifica professionalità, e su questi i margini di selezione sono ristretti: se devo attivare un corso di formazione per parrucchieri, il maestro parrucchiere dovrò pur sceglierlo, anche se non esiste una graduatoria (mi sembra logico). L’altra parte dei docenti è composta da professori di matematica, storia, italiano ed educazione civica. Come vengono selezionati? Boh!
Qui il punto, allora: inserire le pur deficitarie procedure nazionali nel sistema di reclutamento regionale. Solo così si potrà equiparare, anche nel punteggio di servizio, l’insegnamento secondario con quello professionale, risparmiare investendo direttamente negli aspetti più produttivi, e dare una boccata di ossigeno alle congestionate graduatorie scolastiche dell’Isola.
Ovviamente, per fare questo ci vuole una riforma strutturale. Ma, soprattutto, serve che la politica – tutta, nessuno escluso –si stufi dei voti che pesca in questo settore. Cosa che pare alquanto difficile.

Pubblicato il 25 maggio 2011 su CataniaPolitica 

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