"-E' come nelle grandi storie, padron Frodo, in quelle che contano davvero. Erano piene di oscurità e pericolo, e a volte non volevi nemmeno sapere come andavano a finire, perchè come poteva esserci un finale allegro? Come poteva il mondo tornare come prima dopo che erano successe tante cose brutte? Ma alla fine, era solo una cosa passeggera, quest'ombra. Anche l'oscurità deve finire. Arriverà un nuovo giorno, e quando il sole sorgerà, sarà ancora più luminoso. Quelle erano le storie che ti restavano dentro, che ti insegnavano qualcosa, anche se eri troppo piccolo per capire perchè. Ma credo, padron Frodo, di capire. Ora, so. I protagonisti di quelle storie avevano molte occasioni per tornare indietro, ma non l'hanno fatto. Sono andati avanti, perchè erano aggrappati a qualcosa. - Noi a cosa siamo aggrappati, Sam? - C'è ancora del buono a questo mondo, padron Frodo. Ed è giusto combattere per questo."
J.R.R. Tolkien, Il signore degli anelli.

24 marzo 2011

FIGURACCIA LIBICA


di Antonio G. Pesce- Con buona pace di quel che dichiara il presidente Napolitano, noi siamo in guerra. Che poi questa guerra non sia dichiarata dalla nostra nazione, a cui è impedito dall’art. 11 della Costituzione, ma da un organo sovranazionale, tanto utile a tenere pulire le coscienze, poco cambia nella dinamica delle cose. Con o senza l’avallo dell’Onu, ci sono armi che sparano, uomini che muoiono, diritti da far valere, interessi da difendere, e precauzioni da prendere.

Il Risorgimento che dovremmo esportare in Libia, non potrebbe essere migliore di quel che facemmo noi 150 anni fa. E allora, per la nostra libertà, dovemmo combattere, sparare, uccidere e morire. E con noi, altri europei che credevano nella nostra causa. Oggi sull’altra sponda del Mediterraneo si combatte. E se si combatte per la libertà, tanto meglio. Ma ciò che si sta combattendo è una guerra: possiamo nasconderci dietro un dito, ma quel che è tale rimane.

Avere una classe politica incapace ci ha condotti all’ennesima figuraccia storica. Sia chiaro: la politica è fatta da uomini, non da angeli. E gli interessi nazionali, checché ne dicano le verginelle tornate alla ribalta nel Pantheon del perbenismo borghese, vanno a volte perseguiti stringendo mani immonde. Ma non è che le mani dell’assassino, mentre stringono la penna dei trattati, siano più pulite di quando imbracciano le armi.

Questa volta, poi, ci è andata anche peggio (e non credevamo potesse esserlo). Nel ’43 almeno avevamo scommesso sul cavallo dato per vincente: un’industria potente e il miglior esercito dell’epoca. I tedeschi ci snobbavano, ma i nostri non baciarono loro la mano, e non si sa chi dei due duci ricevette l’accoglienza più grandiosa nel paese dell’altro. Insomma: salvammo le apparenze. Hitler era quel che era anche prima del ’43, ma Mussolini, più che un idiota, fu un avventuriero: tutti gli altri Stati ci videro come degli opportunisti, pronti a saltar sul carro del vincitore, ma non dei fenomeni da baraccone, in preda ad un palese stato confusionale pronti a rimangiarsi la parola data in ufficiali trattati. Inoltre – non è cosa da poco – il duce che firmò il patto d’acciaio è lo stesso che rimase fedele all’alleato tedesco: pur nella sua tragicità, Salò aveva un senso.

La differenza tra avere una classe dirigente di spregiudicati politici ed una di incapaci comparse maccheroniche sta tutta nel modo di cadere: chi con dramma e chi con farsa. Non solo abbiamo offerto le nostre basi, ma pure il nostro apporto bellico. Per abbattere chi? Lo stesso che abbiamo accolto in pompa magna, tra salamelecchi e coreografiche pacchiane nella nostra capitale, baciandogli mani e dandogli pacche sulle spalle. Berlusconi tace. In poche occasioni ha avuto tanto pudore come oggi. Quel che aveva da capire, lo ha capito: statene certi! Frattini – più duro di comprendonio – parla di quel dittatore come se non l’abbia mai incontrato. E non ne abbia mai difeso le pagliacciate.

Intanto, i francesi hanno portato la guerra nel Mediterraneo. A un tiro di schioppo dalle nostre coste. Invase, ormai, da disperati, che vengono accolti da disperati. Lampedusa è stata trasformata in una discarica a cielo aperto di quei “derelitti” di cui il nord leghista – e dunque non tutto il nord, ma quello xenofobo e antimeridionalista di Maroni e Bossi – non vuole sentire il puzzo.

Dopo esserci fidati, siamo stati venduti. Ancora una volta. A questo punto, il Ponte, più che lo Stretto, è meglio farlo con l’Africa. Per risparmiare quelle vite umane perse nei flutti delle traghettate improvvisate. E per rendere chiaro ormai dov’è che ci vogliono confinare.


Pubblicato il 21 marzo 2011 su www.cataniapolitica.it

Nessun commento: