"-E' come nelle grandi storie, padron Frodo, in quelle che contano davvero. Erano piene di oscurità e pericolo, e a volte non volevi nemmeno sapere come andavano a finire, perchè come poteva esserci un finale allegro? Come poteva il mondo tornare come prima dopo che erano successe tante cose brutte? Ma alla fine, era solo una cosa passeggera, quest'ombra. Anche l'oscurità deve finire. Arriverà un nuovo giorno, e quando il sole sorgerà, sarà ancora più luminoso. Quelle erano le storie che ti restavano dentro, che ti insegnavano qualcosa, anche se eri troppo piccolo per capire perchè. Ma credo, padron Frodo, di capire. Ora, so. I protagonisti di quelle storie avevano molte occasioni per tornare indietro, ma non l'hanno fatto. Sono andati avanti, perchè erano aggrappati a qualcosa. - Noi a cosa siamo aggrappati, Sam? - C'è ancora del buono a questo mondo, padron Frodo. Ed è giusto combattere per questo."
J.R.R. Tolkien, Il signore degli anelli.

8 aprile 2011

A SCUOLA DI STORIA E LINGUA SICULA

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di Antonio G. Pesce- Vogliono far diventare materia di studio ciò che è alimento di vita. Vogliono farlo attraverso una legge. La nuova maggioranza lombardiana si allinea al vento autonomista. E legifera di conseguenza. Ne è nato così un disegno di legge, che vorrebbe introdurre lo studio della storia e della lingua siciliana nelle scuole dell’Isola. Se n’è discusso nella V commissione, quella deputata alla Cultura (sic!), alla Formazione e, per giunta, al Lavoro. A firmarlo l’on. Nicola D’Agostino (Mpa), e i colleghi Salvatore Lentini (Udc) e Francesco Rinaldi (Pd).
Passerà. Vedrete che si farà presto. Ai siciliani che vorrebbero il companatico, ma si accontenterebbero pure del solo pane (purché basti fino alla fine del mese), la classe politica siciliana dà parole. Parole di carta da scriversi su altra carta. Ed è probabile che, ad approvarlo, saranno anche quelli dell’opposizione (ex maggioranza) del Pdl: figurarsi se, con i tempi che corrono, in Italia si trovi un politico pronto a dire qualcosa di diverso dalla vulgata imposta con la dialettica delle armi mediatiche.
Passerà. Ma sarà uno scempio. E sarà uno scempio innanzi tutto per la storiografia in generale. Poco consapevoli di come si faccia ricerca storica, e altrettanto a digiuno di conoscenze costituzionali, i nostri deputati sperano di ottenere, con una leggina, che molti “pregiudizi” vengano rimossi, ritenendo che questi, solo perché si sono formati nella storia, si possano con lo studio della storia anche eliminare. Non prendono neppure in considerazione il fatto che lo studioso – e a Catania ce ne sono di valenti – di storia siciliana possa anche scrivere cose poco gradite, o poter giungere alla conclusione che non esista una storia tipicamente siciliana. Non sanno i nostri deputati neppure che, una volta divenuta materia di studio in classe per circa due ore settimanali, la storia siciliana sarà insegnata da docenti che, secondo il dettato costituzionale, sono liberi e nel ricercare e nell’insegnare (art. 33). È stata una lezione di storia la relazione in commissione: nel 1130 è successo questo, e nel 1860 quest’altro. Bene, se si ha tanto ardore di insegnare, e se si è tanto bravi, ci si candidi ad un posto di precario a vita nell’insegnamento, e non ad uno di deputato regionale, che viene lautamente ricompensato per l’immane sforzo legislativo e non per quello scientifico.
La scienza non si piega facilmente alle direttive della politica. Può perseguire ideali, ma non gli si possono imporre. E quando c’è scienza – quale che ne sia la tipologia: umana o naturale, pur sempre di scienza si tratta – c’è qualcosa che va al di là dell’immediato vissuto: c’è riflessione, c’è ricerca, c’è qualcosa che non si possiede e che va ritrovata. Chi è cresciuto senza vergognarsi del proprio dialetto, e chi ancora lo parla discretamente nella conversazione famigliare e amicale, non avrà mai bisogno di ore suppletive, e il fallimento dell’insegnamento a scuola di ogni lingua, che non sia quella vissuta concretamente nel quotidiano, sta nel fatto che la teoria viene scissa dalla pratica e viceversa. Si torna a casa, e si parla in modo affatto diverso. Si sta con gli amici, e non si masticano nozioni di grammatica. Si va al bar, e si chiede il solito nel solito idioma. Insomma, se qualcosa non è vissuta, diventa un’astrazione del nostro vissuto. Diventa ripetizione, formalismo.
Ma se è materia di vita, allora non si vede perché la si debba insegnare: non si insegna la morale nei banchi di scuola, ma nel rapporto con gli altri (genitori, educatori, anche docenti e professori, ma non in quanto tali, ma in quanto persone). Non si apprende l’educazione e il civile vivere dai libri di scuola, ma per le strade e nelle piazze.
La politica può prevedere ore di lezione di una materia piuttosto che di un’altra, ma non può dire preventivamente che cosa ci si debba aspettare da quell’insegnamento e cosa ‘necessariamente’ dovrà dimostrare quella ricerca: non è mai esista una riforma della scuola ‘fascistissima’, e non dovrà esisterne una ‘siculissima’. Certi biechi localismi lasciamoli a quei monti e a quelle valli dove, oltre alle vacche, pascolano anche le riforme della storia nazionale e dell’assetto istituzionale dello Stato.
Perché questo è il vero pericolo per la Sicilia: chiudersi in se stessa. I suoi secoli dicono altro, perfino le sue disgrazie indicano altre strade: emigrare o vedersi fatta lido di approdi dell’immigrazione altrui ha permesso a chi è dell’Isola di ‘farsi’ – e non di ‘avere’ come un intellettualotto di provincia – un’esperienza cosmopolita della vita. E, proprio perché frutto di esperienza personale, le radici profondo non sono mai gelate, perché hanno assorbito i freddi del Nord del mondo, come mai sono seccate al caldo del Sud. Pian Piano, si sono radicate lì dove venivano trapiantate dopo l’espatrio, e lì hanno continuato a fruttificare. Un siciliano vive la vita e abita il mondo anche se nasce e muore in questa terra, perché egli non teme il futuro e non respinge gli altri. Vive e si confronta, accetta la sfida e l’affronta.
Se i signori deputati vogliono far conoscere meglio questa stupenda terra, comincino dall’avere attenzione per le centinaia di chilometri di coste invase dal cemento, per i musei chiusi a causa della mancanza di personale, per la scarsezza di fondi delle scuole. Poi vedrete: basterà una gita fuori porta, per riappropriarsi di un giardino celeste che Dio ha voluto incastonare in un mare azzurro, e non tra le pagine di banali manuali di scuola.

Pubblicato il 7 aprile 2010 su CataniaPolitica.it


nn. 635-588-344-149/A

 RELAZIONE  DELLA V COMMISSIONE

Presentata il 6 aprile 2011

Onorevoli colleghi,

il  presente  disegno di legge si propone di  promuovere
la   valorizzazione  e  l'insegnamento  della  storia,  della
letteratura  e  della lingua siciliana nelle scuole  di  ogni
ordine e grado.
 A  tal  fine,  sono  previsti  appositi  moduli  didattici,
all'interno  dei piani obbligatori di studio  definiti  dalla
normativa   nazionale,  nell'ambito  della  quota   regionale
riservata   dalla   legge   e  nel  rispetto   dell'autonomia
   didattica delle istituzioni scolastiche.

     La  normativa nazionale, infatti, nel definire i  Piani  di
   studio  ha  previsto, accanto ad un nucleo fondamentale,  una
   quota   riservata  alle  Regioni  relativa  ad   aspetti   di
   specifico  interesse  delle stesse al fine  di  ampliare  gli
   obiettivi di apprendimento.

     La  storia, la letteratura e la lingua siciliana sono  così
   individuati   come  strumenti  didattici  di   valorizzazione
   dell' identità  siciliana   e  come  tratti  distintivi   del
   nostro  sistema educativo, in relazione alla quota  regionale
   dei  piani  di  studio personalizzati prevista  dalla  legge,
   così  valorizzando  la  specificità della  nostra  cultura  e
   l'autonomia delle Istituzioni scolastiche.

     L'assessore  regionale  per l'istruzione  e  la  formazione
   professionale  è demandato a stabilire, con proprio  decreto,
   previo parere della competente Commissione legislativa,   gli
   indirizzi di attuazione degli interventi didattici aventi  ad
   oggetto  la  storia,  la letteratura e la  lingua  siciliana,
   dall'età  antica  sino  ad oggi, con particolare  riferimento
   agli  approfondimenti  critici e ai confronti  fra  le  varie
   epoche   e  civiltà,  agli  orientamenti  storiografici   più
   significativi,  dall'Unità d'Italia fino  alla  fine  del  XX
   secolo  ed  all'evoluzione dell'Istituzione  regionale  anche
   attraverso uno studio dello Statuto della Regione.

     Per  le  ragioni su esposte vi invito, onorevoli  colleghi,
   ad  approvare  con  sollecitudine  la  presente  proposta  di
   legge.
                               ----O----

               DISEGNO DI LEGGE DELLA V COMMISSIONE

                 Norme sull'insegnamento della storia,
         della letteratura e della lingua siciliana nelle scuole

                               ----O----

                                Art. 1.
             Insegnamento della storia, della letteratura
                 e della lingua siciliana nelle scuole

     1.  La  Regione promuove la valorizzazione e l'insegnamento
   della  storia,  della  letteratura e della  lingua  siciliana
   nelle scuole di ogni ordine e grado.

     2.   Al  raggiungimento dell'obiettivo di cui  al  comma  1
   sono  destinati  appositi moduli didattici,  all'interno  dei
   piani   obbligatori  di  studio  definiti   dalla   normativa
   nazionale, nell'ambito della quota regionale riservata  dalla
   legge   e   nel   rispetto  dell'autonomia  didattica   delle
   istituzioni scolastiche.

                                Art. 2.
        Indirizzi regionali sui piani di studio personalizzati

     1.  L'assessore regionale per l'istruzione e la  formazione
   professionale,  con  proprio decreto, da  emanarsi  entro  90
   giorni  dalla presente legge, previo parere della  competente
   Commissione   legislativa,  stabilisce   gli   indirizzi   di
   attuazione  degli interventi didattici aventi ad  oggetto  la
   storia,  la  letteratura  e  la  lingua  siciliana,  dall'età
   antica  sino  ad  oggi,  con  particolare  riferimento   agli
   approfondimenti critici e ai confronti fra le varie epoche  e
   civiltà,  agli  orientamenti storiografici più significativi,
   dall'Unità  d'Italia  fino  alla  fine  del  XX   secolo   ed
   all'evoluzione  dell'Istituzione regionale  anche  attraverso
   uno studio dello Statuto della Regione.

                                Art. 3.
                             Norma finale

     1.   La  presente  legge  sarà  pubblicata  nella  Gazzetta
   ufficiale della Regione siciliana.

     2.  E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla  e  di
   farla osservare come legge della Regione.

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