
di Antonio G. Pesce- Sabato 16 aprile a Palazzo Platamone, l’associazione “Idee in Azione” ha dato il via al corso “Cittadini in… formazione”. Tema del primo incontro: “La partecipazione dei cittadini alla vita politica. Dagli anni ‘70 a oggi”.
Ad introdurre i relatori è stato il direttore di CataniaPolitica, Giovanni Grillo. Secondo Paolo di Caro, direttore dell’Agenzia nazionale per i giovani, la partecipazione politica attuale potrebbe definirsi come “biodegradabile”. L’impegno pare essere profuso solo se finalizzato ad uno sbocco istituzionale, se giunge il ‘successo’ e la ribalta della grande politica. Così non è stato neppure negli anni ’80, la famosa stagione del ‘riflusso’, che De Caro non vede negativamente. E ricorda come, in quel periodo, si consumò una svolta importante a destra: svolta ideologica e pure estetica. Mentre gli alti papaveri dell’Msi – Di Caro ricorda che tra questi c’era pure Gianfranco Fini – continuavano a muoversi sulla spinta di vecchi cliché, una nuova generazione stava formandosi e sperimentandosi. Una generazione che non viveva solo nel ristretto ambito della sezione, ma anche all’interno dell’università e della scuola. Anni del disimpegno? Semmai d’un impegno diverso. Di un impegno più ampio, forse troppo ampio per chi continuava a vivere e mangiare la ‘vecchia politica’.

Il giovane, però, cede la parola all’anziano, memoria storica della destra catanese. L’avvocato Pogliese parla per circa un’ora, senza fermarsi, senza bere, lucidamente. Passa in rassegna nomi, avvenimenti, perfino risultati elettorali. E dice, da ‘libero pensatore di destra’, la delusione per il presente, senza nascondere le difficoltà del passato. Che ne è, infatti, della partecipazione dei cittadini nell’Italia della legge elettorale ‘porcata’, delle segreterie che formano i listini, delle avvenenti igeniste dentali assurte negli scanni del potere? ‹‹Se per partecipazione intendiamo il volontariato e l’impegno personale in generale, sì: c’è partecipazione. Ma non c’è partecipazione in quella realtà che forma lo spazio collettivo››. Pogliese annuiva quando Di Caro, collaboratore della ministro Meloni, parlava della proposta di identificare elettorato attivo e passivo per svecchiare la nomenclatura del potere in Italia. E, commentandola nel suo intervento, propone un limite massimo di età alla possibile elezione:‹‹I prefetti vanno in pensione a 65 anni, ma dopo ricevono qualche altro incarico, se possibile ancor più prestigioso. Nel mondo bancario assistiamo a qualcosa di osceno: Cuccia fino a 94 anni restò indisturbato. E vogliamo parlare di Geronzi? Abbiamo un premier di 74 anni, e non è detto che lasci. In Italia non c’è un limito massimo. C’è per i cardinali elettori nella Chiesa, ma non c’è per parlamentari, ministri, presidenti, ecc. E guardate – dice ironicamente – che parlo contro i miei stessi interessi!››.
Pogliese conclude con un’idea da lui stesso ritenuta ‘velleitaria’ (‹‹come tutte le mie idee, del resto››): far parte delle assemblee decisionali in virtù della propria provenienza lavorativa e della competenza esperienziale. È il corporativismo, e Pogliese non si vergogna a nominare vecchie dottrine, apparentemente sepolte dalla storia. Anche perché – questo anziano e garbato signore dall’oratoria chiara e semplice lo sa bene – se si rispolvera il marxismo per superare la crisi finanziaria, e la teoria del colpo di stato per superare quella del sistema politico, quella del corporativismo è la proposta meno impropria che si possa fare davanti ad una platea di giovani. Tutti studenti universitari, e forse futuri disoccupati.
Pubblicato il 18 aprile 2011 su www.cataniapolitica.it
Nessun commento:
Posta un commento