"-E' come nelle grandi storie, padron Frodo, in quelle che contano davvero. Erano piene di oscurità e pericolo, e a volte non volevi nemmeno sapere come andavano a finire, perchè come poteva esserci un finale allegro? Come poteva il mondo tornare come prima dopo che erano successe tante cose brutte? Ma alla fine, era solo una cosa passeggera, quest'ombra. Anche l'oscurità deve finire. Arriverà un nuovo giorno, e quando il sole sorgerà, sarà ancora più luminoso. Quelle erano le storie che ti restavano dentro, che ti insegnavano qualcosa, anche se eri troppo piccolo per capire perchè. Ma credo, padron Frodo, di capire. Ora, so. I protagonisti di quelle storie avevano molte occasioni per tornare indietro, ma non l'hanno fatto. Sono andati avanti, perchè erano aggrappati a qualcosa. - Noi a cosa siamo aggrappati, Sam? - C'è ancora del buono a questo mondo, padron Frodo. Ed è giusto combattere per questo."
J.R.R. Tolkien, Il signore degli anelli.

12 febbraio 2011

Tremonti ha fatto la battuta (e non fa ridere)



di Antonio G. Pesce- “I treni che vengono dal Nord hanno i moscerini spiaccicati sui finestrini. Quelli che vengono dal sud no. Al sud sono più veloci i moscerini dei treni”. In trasferta al Sud, sotto quella Roma ladrona oltre la quale la raffinata classe dirigente leghista si vanta di non essere mai stata, il ministro dell’economia Tremonti, il più ottimista tra gli ottimisti ministri del gaudente governo del fare (quadrato), ha fatto la battuta. Che ci sarà poi da essere così spiritosi non è dato sapere, quando si ha il presidente inguaiato in una storia di prostituzione e minorenni, e un tessuto sociale che, dal lento sud al velocissimo nord, soffre disoccupazione e mancanza di produttività.

La prendiamo per buona, tuttavia. Se c’è qualcosa, di cui il terrone italico può farsi vanto, è l’onesta e l’umiltà con cui, a parità di capacità intellettive e morali, ammette deficienze e riconosce colpe. E lasciamo che certa spocchia marcisca nelle stesse valli in cui prospera elettoralmente, andando al nocciolo della questione.

Chi è abituato ad avere autisti e piloti a propria disposizione, di tanto in tanto si diletta a prendere i mezzi di trasporto più comuni. Già una volta, ‹‹per il bene della Sicilia››, un gruppetto di molto zelanti politici siciliani prese il treno che dovrebbe collegare Catania a Palermo. Si meravigliarono delle sei ore di viaggio. Molto più prosaicamente, la gente non si meravigliò davanti a tanto stupore, e non solo perché conosceva il problema, ma perché nel percorrere l’autostrada che collega i due capoluoghi, può vedere con i proprio occhi con quale mezzo, rigorosamente blu e a volte lampeggiante, la classe poetico-politica della Sicilia si sposti per ottemperare agli impegni derivanti dal ‘volere dei cittadini’.

Noi siciliani, noi meridionali però abbiamo una classe politica scadente. Ce lo ricordano spesso in molti – gli stessi che ce la propongono. Ma così è. Il sud non può contare sul garbo di Borghezio, sull’acume di Calderoli, sulla cultura di Nicole Minetti. Ma se Castiglione, Lombardo, Stancanelli e il mai dimenticato (impossibile a farsi) Scapagnini non sono un gran che, Tremonti avrebbe potuto dare loro un buon esempio. Cominciando a dirci non solo quel che c’è da fare – ché tanto lo sappiamo bene – ma anche quello che egli e i suoi sodali hanno fatto in questi nove anni di governo per colmare il divario esistente – ecco, su questo non si hanno le idee chiare. Avrebbe potuto toccare con mano molto prima i vecchi binari, mai ampliati perché non ritenuti produttivi, mentre se ne costruiscono di nuovi per abbattere di appena un’ora il già veloce tragitto tra Milano e Roma (sempre la stessa ladrona che tutti, non si sa perché, vogliono raggiungere velocemente, senza mai volersene staccare!). Avrebbe, infine, ripensato alla sua odissea, quando ci sarebbe stato da utilizzare i fondi Fas destinati al sud perfino per i traghetti del lago di Como.

Non è più tempo di viaggi etnografici. Non se ne sente la necessità, da quando il razzismo è stato bandito, prima ancora che dalla storia, dalla comunità scientifica. È il tempo, invece, di impegnative scelte politiche, cominciando dall’evitare di legare il consiglio dei ministri, una volta a trimestre (ormai questa è la cadenza), alla discussione di evanescenti piani dedicati alle tribù ‘transafricane’ del Mezzogiorno. Ma la politica inizia, quando la lettura del reale non è ridotta all’ideologia. E fino a quando si continuerà a raccontare la balla del denaro pubblico sprecato dal sud, e non già – come è stato– dalla diffusa corruzione degli apparti politici nazionali, dalle lobby feudo-mafiose del sud e da quelle imprenditoriali del nord, non ci sarà spazio che per una telenovela, più che per la storia.

La quale – Tremonti dovrebbe saperlo – racconta ben altri eventi. Uno, tra i tanti, di un capitalismo nazionale a trazione settentrionale, non molto riducibile alla virtuosa operosità della piccola azienda agricola della Valtellina.


Pubblicato il 12 febbraio 2011 su www.cataniapolitica.it

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