"-E' come nelle grandi storie, padron Frodo, in quelle che contano davvero. Erano piene di oscurità e pericolo, e a volte non volevi nemmeno sapere come andavano a finire, perchè come poteva esserci un finale allegro? Come poteva il mondo tornare come prima dopo che erano successe tante cose brutte? Ma alla fine, era solo una cosa passeggera, quest'ombra. Anche l'oscurità deve finire. Arriverà un nuovo giorno, e quando il sole sorgerà, sarà ancora più luminoso. Quelle erano le storie che ti restavano dentro, che ti insegnavano qualcosa, anche se eri troppo piccolo per capire perchè. Ma credo, padron Frodo, di capire. Ora, so. I protagonisti di quelle storie avevano molte occasioni per tornare indietro, ma non l'hanno fatto. Sono andati avanti, perchè erano aggrappati a qualcosa. - Noi a cosa siamo aggrappati, Sam? - C'è ancora del buono a questo mondo, padron Frodo. Ed è giusto combattere per questo."
J.R.R. Tolkien, Il signore degli anelli.

20 luglio 2010

TESTOSTERONE ITALICO BASSO



di Antonio G. Pesce– Fu l’anno scorso di questi tempi (grosso modo), che avemmo di che spettegolare. Non è che ci facessimo una gran bella figura, ma almeno le nostre televisioni non trasmettevano a lutto il loro palinsesto come oggi. In un anno, in un solo, brevissimo anno, in un paese come il nostro, nel quale per fare la più banale delle leggi ce ne vogliono due o tre, in un solo anno è finita la festa. Non siamo più il paese del mandolino, del buon vino e, soprattutto, dell’amore.

L’altro giorno ti vedo in tv il nostro presidente del consiglio. Il capello, a destra, un po’ rigonfio come se fosse un panettone natalizio – segno che Fini lo sta facendo bollire di brutto. E che la cura per l’accessorio non è più quella di una volta. Parla da qualche tribuna, farfuglia un paio di cose, parla anche di donne, ma che ti dice? Che lui non è più un playboy, un ‹‹ragazzino birichino›› in poche parole. Non è più quello che radunava a palazzo Grazioli una schiera di femmine come se fossimo da Gucci per i saldi, né lo stesso che dormiva un paio di ore a notte, riservandosi il resto per il gioioso spasso genitale. No! Lo ha detto lui: ora è un ‹‹playold››. Che, in soldoni, significa ‹‹vecchio dal testosterone basso›› (sfumatura in più, sfumatura in meno). Molto basso. Moscio. Come la ripresa italiana – che non c’è; come la rivoluzione liberale – che non si è mai mossa dal palo; come l’umore degli elettori del suo partito – stanchi di vedersi affibbiare intenzioni mai espresse col proprio voto, come quello di difendere a spada tratta una loggia di affaristi sanguisughe.

In Italia – ‹‹Povera patria! schiacciata dagli abusi del potere›› intonava il siculo cantore – l’unica cosa che tira è la brutta aria. Silvio sta cadendo. Lentamente come le candele che arrivano alla fine. Si è consumato lui e, quel che è peggio, ha consumato l’Italia intera. Lombardo non sta bene – ha continue ricadute. Basta uno spiffero, e si ritorna in convalescenza. Stancanelli non ne parliamo: da quando è rimasto zoppo di maggioranza, l’idioma catanese, nella torrida estate siciliana, ha sfornato l’ennesimo epiteto che non fa onore al signor senatore, ora per tutti ‹‹Sciancanelli››.

Intanto, la Rai ci trasmette il vigore di Iniesta, che con un goal ha portato la coppa del mondo in terra iberica. Ci fa vedere la Spagna che, nonostante crisi e disoccupazione, se la canta e se la spassa. Noi che ci rodiamo il fegato – noi che abbiamo sperimentato nel fallimento più assoluto il ‹‹ghe pensi mi›› di Lippi, la prestanza di Cannavaro, il fiato di Zambrotta, ci tocca vedere Iker Casillas che bacia in diretta quel bel tocco di figliuola della fidanza giornalista. Noi che non abbiamo, quest’anno, neppure Noemi né Patrizia di cui sparlare. Noi che vediamo trecento giornalisti del servizio pubblico seduti a commentare partite che non ci hanno fatto mai vedere. Pure le partite sono ormai centellinate. E quelle trasmesse sarebbero state pure mosce, se non ci fosse stata l’iperbolica dialettica del commento di Salvatore Bagni ad innervosirti come una mosca a pranzo o una zanzare a letto.

Perfino i ladri non sono più quelli di una volta. C’era un combriccola che voleva condizionare addirittura l’operato della Corte Costituzionale; che si spartiva centinaia di milioni di euro, mentre duemilioni e mezzo di italiani sono a spasso, galoppa la disoccupazione, e i più giovani lasciano l’Italia che muore di vecchiume ristagnante in poltrone. E per il presidente del consiglio sono quattro rimbambiti pensionati (loro!). Cioè, in poche parole, per essere ladro, ma di quelli che contano, in Italia devi essere almeno un ultrasettantenne, come Flavio Carboni.

Neppure l’opinione pubblica è più quella di una volta. Comprensibile che, in tempi di recessione, non si voglia lapidare nessuno lanciandogli monetine – anche perché, dato lo stile e il gusto dell’attuale marciume, è possibile che il malcapitato colga l’occasione per l’ultimo arraffo. Però che si rimanga a sventolarsi col ventaglio, facendo la siesta con la birretta accanto, sia anche nonno o solo papà che si gioca il futuro della propria discendenza, dimostra che la tensione morale, in Italia, è l’unica risorsa di cui non disponiamo più.

Che il testosterone sia basso in gente che, a detta dei loro patrimoni editoriali, soffre di prostata è fuor di dubbio. Ma rimane incomprensibile il silenzio di quel poco di gioventù che ancora rimane nella Penisola. Impossibile un altro Sessantotto, dato il livello medio della cultura italiana (e di conseguenza dell’intelligenza, perché un motore mai oleato finisce per gripparsi), e forse neppure auspicabile, perché quegli anni furono per noi come una visita dal medico: ci entri per una messa a punto e ne esci rifatto. Non sempre in meglio. Ma il vuoto della piazza (agorà) è il vuoto di un’anima che non sa più sognare una nazione migliore, un futuro migliore. Un posto migliore dove fare l’amore. E così rimaniamo, impotenti, a guardare gli spagnoli che tubano come piccioncini nonostante tutto.


Pubblicato su www.cataniapolitca.it il 16 luglio 2010.

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