"-E' come nelle grandi storie, padron Frodo, in quelle che contano davvero. Erano piene di oscurità e pericolo, e a volte non volevi nemmeno sapere come andavano a finire, perchè come poteva esserci un finale allegro? Come poteva il mondo tornare come prima dopo che erano successe tante cose brutte? Ma alla fine, era solo una cosa passeggera, quest'ombra. Anche l'oscurità deve finire. Arriverà un nuovo giorno, e quando il sole sorgerà, sarà ancora più luminoso. Quelle erano le storie che ti restavano dentro, che ti insegnavano qualcosa, anche se eri troppo piccolo per capire perchè. Ma credo, padron Frodo, di capire. Ora, so. I protagonisti di quelle storie avevano molte occasioni per tornare indietro, ma non l'hanno fatto. Sono andati avanti, perchè erano aggrappati a qualcosa. - Noi a cosa siamo aggrappati, Sam? - C'è ancora del buono a questo mondo, padron Frodo. Ed è giusto combattere per questo."
J.R.R. Tolkien, Il signore degli anelli.

5 luglio 2010

LA VECCHIA CATANIA RITORNA (?)



di Antonio G. Pesce- Compostezza nel commentare questo rigurgito della vecchia Catania, questa melma che ritorna a galla. Lo vuole la serietà della testata, il rispetto per il lavoro del direttore e dei colleghi. Ma soprattutto il riguardo per Laura, la studentessa il cui unico errore è quello di non frequentare uno degli atenei per signorotti, che presto o tardi saranno gli unici enti culturali di questo schifo che è la seconda repubblica. Nella quale il marcio attuale ricicla il peggio di quello di ieri.

La si deve – la compostezza – anche ai ventimila lettori di Catania Politica, che non hanno bisogno di uno che scriva improperi contro il nulla che inghiotte Catania – per questo, c’è il bar e le nostre vie (ammesso che non ci vengano ad ammazzare pure lì). I nostri lettori vogliono fatti, non sentimentalismo, che è poi così facile da sfornare. Quando perfino chi dovrebbe comandare si limita a rammaricarsi, allora è bene essere cinici ed andare diritti al sodo. Ci scusi Laura se non parliamo di lei: riceverà solidarietà da tutta la Catania che conta, ma le consigliamo di tenersi cari gli auguri di quella che non conta, e che insieme a lei dovrà sorbirsi per un paio di settimane pure il fritto misto di corbellerie e amenità.

I fatti, dicevamo. I fatti dicono che la zona in cui è avvenuta la sparatoria, che voleva togliere di mezzo un tizio, e stava per ammazzare una innocente, è una delle zone più affollate di Catania: tre università tra le più frequentate, due scuole superiori, tre presidi ospedalieri. Ogni giorno, ci stanno dentro come in un girone dantesco migliaia di persone, cercano posteggio centinai e centinai di veicoli, si svolgono decine di iniziative. Ma – nell’ordine – è la zona meno servita dai mezzi pubblici, la più ingolfata e, soprattutto, la meno controllata. Lo Stato lì – a piazza Dante e dintorni – si materializza con la divisa di un ausiliario del traffico. Dopo le sei, in inverno, c’è il coprifuoco, manco fossimo sotto i bombardamenti alleati: i colleghi scortano le colleghe, si cerca di fare squadra, e si va avanti.

Una parte dei fatti è questa. L’altra è molto più lunga. E più dolorosa. Dice grosso modo che Catania è ritornata al passato. Che in appena dieci anni, tra buste della spesa, mance pre-elettorali, appalti truccati, casse vuote, fughe in senato, giunte amministrative mobili più del Mongibello, ci si è mangiato quel poco che pure era stato fatto in anni belli di serena e fruttuosa ‹‹co-abitazione››. Inutile essere più espliciti, ma dato che il gesto che ci ha svegliati lo è stato come solo il dolore innocente e il sangue incolpevole possono esserlo, allora è bene dire pane al pane e vino al vino: dopo gli anni in cui Bianco era al comune e Musumeci alla provincia s’è vista solo una lenta ma continua agonia del tessuto sociale e culturale della nostra città. Avrei mille cose da rimproverare ai due, ma non è merito loro né colpa mia se chi li ha seguiti ha fatto di tutto per farli apparire uomini politici di ben altro lignaggio.

Capisco che c’è stato il crollo delle Torri Gemelle, la guerra in Afghanistan e Iraq, il crollo delle borse mondiali, eccetera. Ma fare politica – a tutti i livelli – è prevedere il possibile e tenere botta davanti all’impossibile. Missione difficile? Certo, anzi difficilissima. E infatti nessuna epoca ha conosciuto tanta voglia di consigliare la città, di amministrare i propri concittadini come la nostra. Forse perché, quando poi succedono certi fatti – disgrazie per i singoli, che potevano non trovarsi lì, ma abbastanza prevedibili nel computo delle vicende sociali – ci si limita a spendere un poco di carta e infarcirla di un altrettanta infima retorica.

Catania ha ancora speranze. Tante speranze. Basta volerle. Basta capire che non ci si limita a vendere agli incompetenti, che raccattano voti, la propria dignità di cittadino e il futuro lavorativo dei propri figli, ma addirittura la vita. Basta capire questo. In un voto dato per amicizia o, peggio, per palese connivenza, si sacrifica il bene che più dovrebbe starci a cuore: l’incolumità dei nostri cari.

Catania si sveglierà, siamo certi. Ma la Catania che deve svegliarsi non è un’entità autonoma: è la somma dei cuori, delle menti, dell’integrità morale degli ‹‹uomini onesti›› che la compongono. Che non accettano cariche – diceva un noto signore che ancora, nonostante i duemilacinquecento anni di distanza, bazzica dalle parti di piazza Dante – né per ‹‹denaro né per gli onori››, ma se condannati da una pena. ‹‹Ma la pena più grave, nel caso non si voglia governare di persona, sta nell’essere governati da chi è moralmente inferiore; questo è il timore che a mio parere spinge gli uomini onesti a governare, quando lo fanno. In tal caso assumono il potere non come se fosse qualcosa di buono in cui possono deliziarsi di piacere, ma come se andassero verso qualcosa di necessario, poiché non possono affidarlo a persone migliori o uguali a loro››.

Catania deve tirarsi su. Anche se non doveva cadere. Perché cadendo, si è portata dietro in tanti. Anche la nostra cara Laura, che speriamo si rialzi presto.

Pubblicato su www.cataniapolitica.it il 1 luglio 2010.

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