"-E' come nelle grandi storie, padron Frodo, in quelle che contano davvero. Erano piene di oscurità e pericolo, e a volte non volevi nemmeno sapere come andavano a finire, perchè come poteva esserci un finale allegro? Come poteva il mondo tornare come prima dopo che erano successe tante cose brutte? Ma alla fine, era solo una cosa passeggera, quest'ombra. Anche l'oscurità deve finire. Arriverà un nuovo giorno, e quando il sole sorgerà, sarà ancora più luminoso. Quelle erano le storie che ti restavano dentro, che ti insegnavano qualcosa, anche se eri troppo piccolo per capire perchè. Ma credo, padron Frodo, di capire. Ora, so. I protagonisti di quelle storie avevano molte occasioni per tornare indietro, ma non l'hanno fatto. Sono andati avanti, perchè erano aggrappati a qualcosa. - Noi a cosa siamo aggrappati, Sam? - C'è ancora del buono a questo mondo, padron Frodo. Ed è giusto combattere per questo."
J.R.R. Tolkien, Il signore degli anelli.

15 luglio 2010

CATANIA "PARCHEGGIATA"


di Antonio G. Pesce - È la vecchiaia che fa male. Mica è il mondo ad essere marcio. Ecco perché – il lettore ci scuserà – noi abbiamo preso molto sul serio le sparatorie di qualche settimana fa. Perché sarà che, nonostante l’età media della redazione sia molto bassa, siamo stati colti tutti da senilità incipiente, i cui effetti sul sistema nervoso sono stati accentuati dal caldo estivo.

Stiate tranquilli: a Catania va tutto bene. Capita a tutti di andare a comprare il pane o di andare all’università, e rischiare di non tornare a casa perché bersaglio (tra l’altro errato) di qualche raffica di proiettili. Capita. E capita di dover scortare e farsi scortare per le vie deserte la sera, o di non trovare più l’auto sotto casa, o che ti aprano lo sportello mentre sei in marcia per rubarti la borsa o qualcosa dal cruscotto. Capita.

Qualche tempo prima delle elezioni che sancirono la maggioranza bulgara con la quale il centrodestra governa, il governo precedente (di centrosinistra) si difendeva dall’accusa di non far nulla per rendere le nostre città più sicure, minimizzando i dati e dicendo che era tutta colpa della percezione “mediatica” del fenomeno. Insomma: non è che fossimo più insicuri, ci sentivamo tali perché i mezzi di informazione enfatizzavano gli eventi. Manco un anno passò, che a ripeterci la tiritera fu il ministro Maroni, il cavaliere indomito della marca padana.

Va bene: è tutto sotto controllo. Del resto, al governo della nazione abbiamo Silvio Berlusconi e all’amministrazione della città Raffaele Stancanelli: che c’è da desiderare oltre ad un amaro? Ecco perché parleremo di altro, un po’ come trovare il pelo nell’uovo. Un pelo che costa un euro – un euro a fermata. Perché la domenica, quando da mattino a sera le strade rimangono deserte di personale qualificato (ognuno interpreti a proprio modo), fermarsi nelle zone limitrofe al centro o ai luoghi di ritrovo costa quanto un biglietto urbano di un bus (ma in questo caso ci sarebbe da aggiungere anche il cero da accendere al santo patrono per la grazia di vederne uno arrivare), e sicuramente più di un’ora di sosta a pagamento.

Un euro: prezzo fisso chiesto da personale volontario a scopo di lucro, che prende servizio alle sette e mezzo del mattino e smonta la sera, presumibilmente verso la mezzanotte. In realtà, quanto più gli aggrada. Un lavoro difficile, che solo alcuni (reclutati per concorso interno) possono fare. Un lavoro che prevede propensione peripatetica, borsello a tracolla o marsupio, e nei casi di più alto valore professionale cappello e pezzetto di carta comprovante pagamento. Un euro, come la tassa sul macinato o l’IRPEF attuale: non si sfugge. Si può provare una domenica d’estate, d’inverno, e poi essere più pignoli e appurare che accade in giorni feriali e festivi, e non si vedrà che questi zelanti guardamacchine usufruenti di spazio pubblico non reclamato dagli aventi diritto.

Ora, vecchi sì. Stupidi no. Basta fare quattro conti per capire che il giro d’affari è abbastanza succulento per far venire la bava ai più ingordi. E basta ancora far un giro per rendersi conto che il troppo, alla fine, storpia. Quello che, però, non è abbastanza chiaro, è il perché venga tollerato tutto questo. Tutto questo e in queste proporzioni. Qualcuno dice si tratti di un accomodo per chi non ha lavoro. Altri, addirittura, ne ringraziano la presenza: ‹‹Almeno non sono sola – ci si può sentire dire da una donna – quando esco dall’ufficio, dalla facoltà, ecc››. Sono solo ingenuità di chi deve far di necessità virtù. È la “necessità” che non si capisce perché continui a prosperare.

Se Catania è così sicura, tanto da non far scomodare l’illustre ministro degli Interni, allora non si comprende il perché di questo personale parastatale. Ad ogni buon modo, è l’assenza dello Stato che preoccupa. Almeno per chi non passeggia in via Etnea o in corso Italia.



Pubblicato su www.cataniapolitica.it il 13 luglio 2010.

Nessun commento: