"-E' come nelle grandi storie, padron Frodo, in quelle che contano davvero. Erano piene di oscurità e pericolo, e a volte non volevi nemmeno sapere come andavano a finire, perchè come poteva esserci un finale allegro? Come poteva il mondo tornare come prima dopo che erano successe tante cose brutte? Ma alla fine, era solo una cosa passeggera, quest'ombra. Anche l'oscurità deve finire. Arriverà un nuovo giorno, e quando il sole sorgerà, sarà ancora più luminoso. Quelle erano le storie che ti restavano dentro, che ti insegnavano qualcosa, anche se eri troppo piccolo per capire perchè. Ma credo, padron Frodo, di capire. Ora, so. I protagonisti di quelle storie avevano molte occasioni per tornare indietro, ma non l'hanno fatto. Sono andati avanti, perchè erano aggrappati a qualcosa. - Noi a cosa siamo aggrappati, Sam? - C'è ancora del buono a questo mondo, padron Frodo. Ed è giusto combattere per questo."
J.R.R. Tolkien, Il signore degli anelli.

28 ottobre 2011

Due domande sul caso di Laura Salafia

Due domande… 
di Antonio G. Pesce – Ci sono due cose, emerse dall’intervista a Laura Salafia, che mi sono del tutto inspiegabili. Non si tratta del suo atteggiamento verso chi l’ha ridotta in quello stato, perché, paradossalmente, questa è la cosa più comprensibile.
Immaginiamo di essere al bar con gli amici. Chi ha frequentato l’università, sa bene quale respiro di sollievo dopo un esame finito. Stai parlando del più e del meno, quando ad un tratto non ci capisci più nulla: sei a terra, il fiato corto, in una pozza di sangue. Passano i mesi, e ci capisci sempre meno. Poi, hai un barlume di lucidità: la tua vita non sarà più la stessa. Non perché potresti non essere più autosufficiente come prima – potresti anche ritornarlo ad essere. Il problema è che l’animo di un essere umano è più fragile di quanto non si creda: noi proprio non ce la facciamo ad accettare l’assurdo. E qui la cosa è ancor più assurda: un tizio che scorazza in moto sparando, e tra tanti che potevano restare a terra, proprio tu…
Alla fine, non tutti trovano il bandolo della matassa che, essendo nascosto ben in profondità, non è neppure tanto facile da scovare. Però Laura ce l’ha fatta, ha capito quale sia la sua condizione, e sta lottando per superarla. Tanto di cappello, signori!
Rimangono, però, due domande senza risposta. Laura dice di voler tornare a Catania, nella sua Sicilia. Dice di amare Catania, questa città che i tanti fighettari, col Suv del paparino, snobbano e denigrano per sentirsi ‘cool’ agli occhi del resto del mondo. Questa Catania ridotta ad essere una gallina, e peraltro ormai spennata, da chi l’ha considerata una diligenza da assaltare. C’è chi è fuggito, pur avendo avuto tutto: fuggito via, verso lidi più remunerativi. Chi, invece, non ha avuto nulla, e quel poco che aveva gli è stato tolto, vuole tornare per combattere qui la propria battaglia. E allora ti chiedi: perché i più fieri di questo tricolore, di questa bella isola, di questa incredibile città sono, innanzi tutto, coloro che avrebbero qualche buona ragione per esserne schifati? Perché il ‘patriota’ è il disoccupato, il disilluso, addirittura la vittima?
Un’altra domanda. Laura ha lanciato il suo grido. Se non fosse stato per le persone che la amano… fermiamoci qui! Ora, ritornando in questa terra, ha bisogno di tutto: una casa adeguata, un’assistenza adeguata. In molti si sono detti disponibile ad aiutarla: tutta gente che conta, tra l’altro. Ma la domanda è: perché devono muoversi le telecamere, perché ci si ricordi che siamo tutti ‘comunità’?
Voi, cari lettori, ve la prendereste con le istituzioni, i politici, i potenti dell’Isola, ecc. Sì, ci può stare. Ma io voglio essere più radicale: dov’è stata quella società civile – dove ‘siamo stati’ tutti noi in questo tempo? – noi che ci siamo indignati, che ci siamo dati appuntamento per manifestare, che abbiamo organizzato la nostra rabbia.
Noi – noi tutti – avevamo altro di cui ‘indignarci’.
E’ nato un comitato per sostenere “Laura Salafia”, promotore dell’iniziativa l’avvocato Carmelo Peluso. Laura tornera’ a Catania per Natale. Fino ad oggi il peso per assistere e curare Laura grava esclusivamente sulle spalle dei genitori che in 15 mesi non l’hanno mai lasciata sola. Dal giorno della sparatoria, è rimasta paralizzata, non muove nè gambe nè braccia. Laura ha bisogno di molte cure. Tutti insieme, possiamo davvero aiutare Laura, versando anche un piccolo contributo sul conto corrente: – IT 85F01030 16918 00000 1267 714 – Salafia Laura presso Monte Paschi di Siena.


Pubblicato il 24 ottobre 2011 su Catania Politica

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