
di Antonio G. Pesce - In privato come in pubblico, chi ascolta Sandro Barbagallo ne ammira la simpatia e la cordialità. Schiettezza sicula, perché qui – ad Acitrezza per l’esattezza – sono le sue radici. Terra lontana, lasciata quasi un decennio fa per studiare a Siena e poi a Roma.



Barbagallo, quali altri risvolti non conosciamo della querelle sull’Agathae di Modigliani?
Direttamente nessuno ha più replicato. Tuttavia, tra il primo articolo e il secondo – quello che concludeva la querelle – ci sono state delle pressioni. Si voleva che io desistessi dallo scrivere ulteriormente sulla questione.
Lei ci invita a nozze. Di che natura?
Di natura diversa. Politica e non solo. Ma a quel punto io ho fatto presente la situazione alla mia redazione, che mi ha sostenuto e incoraggiato. Infatti, ho poi scritto il secondo pezzo.
Questa ‘influenza’ politica arrivava dalla Sicilia? Da Catania forse?
No, assolutamente no. Lo garantisco. Stranamente non avevano nessun collegamento – almeno che io sappia – con Catania.
Secondo Lei, perché si è preso quell’abbaglio? Dolo? Incuria?
Lei vuole sapere i motivi. A me sembrano chiari. Non crede?
La cosa che colpisce è la ‘scoperta continua’ di opere a firma del maestro livornese. Forse ne potremo scoprire delle altre…
Quando è morta Jean Modigliani, figlia del Maestro, era a tutti noto che non possedeva alcuna opera del padre. Subito dopo gli Archivi Modigliani hanno cominciato a tirare fuori decine e decine di disegni. Come si può spiegare ciò? Qual’è la loro provenienza? E poi, con quali fondi – e di chi – sono state acquistate queste opere, dal momento che, da quel che si sa, Jean non morì ricca? Purtroppo riuscire a fare chiarezza su questa storia è cosa alquanto ardua, visto che per qualunque situazione vengono fornite più versioni della storia.
In che senso più versioni?
Le dico una cosa: per il caso della Sant’Agata di Catania i quotidiani e le televisioni locali hanno più volte ripetuto “fugato ogni dubbio”. Come mai nessuno di questi giornalisti si è accorto che dal momento in cui è stato diramato il primo comunicato stampa, all’ultima intervista fatta al curatore, si erano avvicendate circa sette versioni differenti della storia? Distrazione? Incompetenza? Qualcos’altro? Faccia lei…
Forse i giornalisti hanno preso per buono ciò che dicevano gli Archivi Modigliani.
Forse… Ma io le dico che non basta trincerarsi dietro titoli altisonanti. Anzi, proprio perché sono gli Archivi Legali avrebbero dovuto fornire documentazioni certe ed inconfutabili. Diversamente la loro parola è uguale alla mia. Niente più! Invece i giornalisti locali si sono lasciati abbindolare dalla sicumera e da alcuni documenti assolutamente irrisibili.
In che senso?
Si è portata a Catania una dichiarazione della figlia Jean che attestava che quell’opera era del padre. Ma se questo padre è morto quando la figlia era appena nata, quand’è che Jean l’ha visto lavorare? Quand’è che ha potuto far suoi i segreti dell’opera di Modigliani? O le sono state passate nel DNA per diritto ereditario?
Comunque, la sua penna ha graffiato, lasciando anche il segno sulla stampa nazionale.
E non solo. Riportando a galla anche la vicenda del figlio prete di Modigliani, morto nel 2004 – vicenda sulla quale si taceva – è stata solleticata più di qualche curiosità. Ed avendo l’Osservatore Romano diverse edizioni in lingua, la querelle è giunta in Argentina come in Polonia, tanto per fare qualche esempio.
Se si fosse trovato a Catania, avrebbe speso i soldi del biglietto per andare a vedere la mostra?
Vuole che non andassi a vedere di persona ciò di cui avevo scritto?
Pubblicato il 28 maggio 2011 su CataniaPolitica
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