"-E' come nelle grandi storie, padron Frodo, in quelle che contano davvero. Erano piene di oscurità e pericolo, e a volte non volevi nemmeno sapere come andavano a finire, perchè come poteva esserci un finale allegro? Come poteva il mondo tornare come prima dopo che erano successe tante cose brutte? Ma alla fine, era solo una cosa passeggera, quest'ombra. Anche l'oscurità deve finire. Arriverà un nuovo giorno, e quando il sole sorgerà, sarà ancora più luminoso. Quelle erano le storie che ti restavano dentro, che ti insegnavano qualcosa, anche se eri troppo piccolo per capire perchè. Ma credo, padron Frodo, di capire. Ora, so. I protagonisti di quelle storie avevano molte occasioni per tornare indietro, ma non l'hanno fatto. Sono andati avanti, perchè erano aggrappati a qualcosa. - Noi a cosa siamo aggrappati, Sam? - C'è ancora del buono a questo mondo, padron Frodo. Ed è giusto combattere per questo."
J.R.R. Tolkien, Il signore degli anelli.

9 aprile 2010

NON AVRAI ALTRO DIO CHE LA VITTORIA ELETTORALE

di Antonio Giovanni Pesce- Ha vinto la Lega. È uno choc per chi è cresciuto nella civiltà delle buone maniere, perché la Lega dimostra di non coltivarle molto. Ma è un dato di fatto. Come è un dato di fatto che a queste ultime regionali, che assegnavano il governo di tredici regioni, il Pdl non solo non ha arretrato, ma anzi ha consolidato la sua forza nello scacchiere politico, rinvigorendo la figura di Silvio Berlusconi, ultimamente apparsa anemica. Possiamo, dunque, stracciarsi le vesti, dire che gli italiani non capiscono un accidente (e sono sempre «gli altri» gli italiani che non capiscono niente), e lasciare intatte le nostre teoriche analisi pre-elettorali, o avere quel barlume di lucidità per capire che la realtà, anche quando non piace, è sempre meglio della lusinghiera illusione.

Il Pdl vince. Vince perché, intanto, gli italiani siamo un popolo che disprezza la forma. Erroneamente, perché la forma è anche sostanza. Ma così è. E preferiamo la pragmatica azione di uomini di governo al governo delle leggi. Così tutti. L’altro giorno un amico lamentava il «formalismo» del presidente della Repubblica, reo di non interpretare la Costituzione come egli vorrebbe che venisse interpretata (sostanzialmente, contro le leggi del Cavaliere). E a chi cercava di fargli capire che la Costituzione non è quella forma che, ormai, non si rispetta neppure a tavola, ma la forma che in-forma la nazione, proprio per guidarla con l’astrattezza delle leggi che non col concreto atto di volontà di un uomo, lui obiettava il filosofismo, il chiacchiericcio, ecc. Tutto quello per evitare il quale in Italia pensammo di sperimentare il fascismo.

Ai grillini e ai dipietrini si contrappongono i berluscones. Tutti convinti che la politica sia nient’altro che lotta cruda e pura all’interno di un medesimo popolo; che non sia altro che la scelta redentrice di novelli profeti. La ricerca del compromesso qui, da noi, è inciucio. È tradimento. Ma chi non tradisce, avrà in eredità la nuova Italia, il paradiso terreno. Ecco perché l’astensionismo fino a ieri colpiva solo la maggioranza silenziosa del paese, i cosiddetti moderati, e a questa ultima tornata perfino la sinistra: il popolo di destra si sta clericalizzando, quello di sinistra si è laicizzato. O meglio, mentre i devoti dell’Unto di Arcore vanno a votare, i fedeli di sinistra non ci vanno perché, se non credono agli dei dell’Olimpo giacobino (Grillo e Di Pietro, in poche parole…), non vedono altro che la «morte di Dio», e dunque perché scomodarsi?

Se la politica è strategico spostamento di voti, per creare una sana concorrenza tra gli operatori della politica, in Italia non esiste più. Il Italia vige un credo: quello del fare o quello del fare giustizia. Anche chi non va a votare è un fedele. Lo rimane tuttora, nonostante e proprio perché non più praticante. La Lega vince perché non governa – perché così ha lasciato credere. Non è un male la sua straripante vittoria, neppure per i suoi nemici. Perché se sono così bravi come dicono, allora avranno cinque anni per dimostrarlo, e l’Italia avrà guadagnato una nuova classe politica, fatta magari di gente poco colta e sostanzialmente razzista, ma più pulita e capace di quelli che l’hanno preceduta. Altrimenti, vedremo come è facile portare anche l’acqua del Po al proprio misero mulino.

Si apre ora un stagione difficile per il presidente del Consiglio. Non gli sono serviti a nulla le moine fatte all’elettorato del Nord nell’ultimo anno, sproloquiando di inadeguatezza delle classi dirigenti del Sud (vero, ma quelle classi, negli ultimi vent’anni, sono state scelte da lui), strizzando l’occhio alla regionalizzazione della scuola, o l’aver pensato perfino alle ridicole gabbie salariali. C’è sempre qualcuno più fondamentalista. Perfino sugli immigrati, che ne vengono espulsi sempre meno di quanti ne entrano, l’italiano medio vuole essere confortato – mica accontentato, e in questo la Lega dimostra di saper cantare la ninnananna meglio di lui. Ora, può seguitare ad accontentare i leghisti, dimenticandosi del Sud, come è sostanzialmente accaduto nell’ultimo anno e mezzo. E, dunque, scavarsi la fossa da solo. O tirare un po’ la coperta pure dalla sua parte, tentare di rafforzarsi al Nord senza perdere il Sud come riserva di voti, e recuperare lentamente il ruolo di partito politico nazionale che il Pdl sta perdendo. Tutto sta a vedere se il problema del Cavaliere sia di carattere politico o giudiziario. Perché tirare la corda con la Lega si può: i primi a non voler che si spezzi sono proprio Bossi e compagnia. Quando l’hanno spezzata, il loro elettorato, assai incline alla soluzione dei problemi piuttosto che alla rivendicazioni di identità celtiche o di diritti democratici, si è riversato quasi per intero in Forza Italia. Però, tutto può sempre accadere, e giocarsi un governo è questione esclusivamente politica. Giocarsi la libertà (altri direbbero l’impunità, ma credo che il concetto sia comunque chiaro) è tutt’altra questione: significa uscire fuori di scena e perdere ogni partita. Vedremo nei prossimi mesi.

Un’ultima questione. Perdono Bresso e Bonino. Perde l’Italia delle rivendicazioni intellettualistiche di diritti inesistenti (come quello all’aborto o al matrimonio omosessuale, o alla liberalizzazione della droga, ecc), e vince l’Italia della Lega grossolana, identitaria ma, soprattutto, di destra: poco ideologismo, governo anche duro, attenzione ai problemi, ecc. Cioè vince Bossi che fa, per una sola parte del territorio nazionale e in modo pacchiano, quello che avrebbe dovuto fare Gianfranco Fini per l’Italia intera. Fini, un altro sconfitto.


Pubblicato su www.cataniapolitica.it del 21 marzo 2010.

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