"-E' come nelle grandi storie, padron Frodo, in quelle che contano davvero. Erano piene di oscurità e pericolo, e a volte non volevi nemmeno sapere come andavano a finire, perchè come poteva esserci un finale allegro? Come poteva il mondo tornare come prima dopo che erano successe tante cose brutte? Ma alla fine, era solo una cosa passeggera, quest'ombra. Anche l'oscurità deve finire. Arriverà un nuovo giorno, e quando il sole sorgerà, sarà ancora più luminoso. Quelle erano le storie che ti restavano dentro, che ti insegnavano qualcosa, anche se eri troppo piccolo per capire perchè. Ma credo, padron Frodo, di capire. Ora, so. I protagonisti di quelle storie avevano molte occasioni per tornare indietro, ma non l'hanno fatto. Sono andati avanti, perchè erano aggrappati a qualcosa. - Noi a cosa siamo aggrappati, Sam? - C'è ancora del buono a questo mondo, padron Frodo. Ed è giusto combattere per questo."
J.R.R. Tolkien, Il signore degli anelli.

10 gennaio 2011

IL CIRCO DELLE ASSUNZIONI (SICULE)


di Antonio G. Pesce- L’Epifania s’è portata via le feste, ma ci ha lasciato la solita Sicilia. Talmente usuale, che viene il dubbio che ad altro qui non si possa aspirare. Perché mentre gli italici stomaci facevano incetta di colesterolo, i siculi trovavano sotto l’albero un po’ di zucchero. Buono, appunto, per farsi cariare i denti, prendere peso e restare sempre a stomaco vuoto. Senza sostanza insomma.

Nel nuovo anno consumeremo una quantità impressionante di calorie. In ordine, abbiamo i cantieri trimestrali per 30 mila disoccupati, che guadagneranno appena 31 euro al giorno per tre mesi (quelli giusti perché la politica si prepari al voto), con una spesa per l’erario pubblico di 222 milioni. Poi, continueremo a farci salire la glicemia con la proroga di due anni al contratto dei 23 mila Lsu, che comunque hanno visto saltare la stabilizzazione tanto promessa. Quanto spenderemo? 310 milioni di euro. Per finire, altri 6 milioni li spenderemo per l’ultima trovata caritatevole del presidente Lombardo, il quale preoccupato per il sostentamento delle persone indigenti e l’inserimento sociale di tossicodipendenti ed ex detenuti (temi assai seri), ha bandito una borsa lavoro di 500 euro mensili. E non dimentichiamo l’antipasto: la stabilizzazione di 4.800 precari della Regione. Ormai siamo oltre soglia 144 mila dipendenti.

Tutto questo la politica lo chiama lavoro. L’assessore alla famiglia, Andrea Piraino, per difendere le sue «borse di lavoro» dagli attacchi di Confindustria Sicilia e dei sindacati, una volta tanto uniti (e già questo è assai indicativo), ha fatto leva sui sensi di colpa di quei siciliani (ormai pochi) che un lavoro continuano ad avercelo, o che quanto meno hanno una pensione che permetta loro di campare.

È lavoro questo proliferare di posti senza occupati, di impiego senza impiegati? No. È invece una fabbrica di consenso usa-e-getta, per una politica che non ha saputo costruire la propria fortuna sul risparmio della speranza dei suoi elettori. Tuttavia, attenzione al moralismo: gli indigenti in Sicilia ci sono davvero, e davvero per molti anni c’è chi ha basato la propria vita su una promessa di lavoro quale è il precariato. Fare la rivoluzione sulle spalle di chi non può concedersi nemmeno lo svago del voto, e che probabilmente sarà arruolato tra le file dei famuli alla prossima tornata elettorale, è ignobile tanto quanto strumentalizzarne la fame di occupazione.

Però, se il peso della verità non può essere addossato sull’indigente, si può chiedere alla politica di farsene carico. A tutta la politica, non solo a Lombardo. Semmai, quest’ultimo è reo soltanto di non aver invertito la rotta, e aver già mostrato quale sarà quella dei prossimi mesi – di quei mesi che è probabile ci portino al voto.

Ed è per verità – si tappi le orecchie chi, purtroppo, ha lo stomaco svuotato dall’indigenza – che bisogna dare il vero nome alle cose. Questo sistema che pensa di far vivere sulla povertà più che sulla ricchezza, e che anzi ha necessità di produrre miseria per continuare a funzionare, è la follia che paghiamo tutti con la perdita di ogni aspettativa. Perché un lavoro tanto al chilo non è utile a nessuno, se non per chi se ne fa uso per la propria scampagnata elettorale. Non forma, non responsabilizza, e tiene sempre la persona sull’orlo dell’abisso morale ed economico. Inoltre, mantiene in Sicilia i più poveri di formazione, ai quali peraltro non viene data nessuna possibilità di reale miglioramento, e allontana i più ricchi, esclusi da un sistema che arruola solo sulla scorta di leggine promulgate decenni fa, senza più concorsi e con la meritocrazia fatta su misura della locale sezione del partito.

Tutti hanno diritto al lavoro. Anche i laureati siciliani, che vanno al nord a trovare lavoro. Anche i docenti, i ricercatori, i professionisti siciliani, assunti per anni con contratti atipici o con stage. Il tema è, dunque, troppo serio per affrontarlo con i toni melensi dei nuovi missionari siculi in giacca e cravatta.


Pubblicato il 7 gennaio 2010 su www.cataniapolitica.it

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