"-E' come nelle grandi storie, padron Frodo, in quelle che contano davvero. Erano piene di oscurità e pericolo, e a volte non volevi nemmeno sapere come andavano a finire, perchè come poteva esserci un finale allegro? Come poteva il mondo tornare come prima dopo che erano successe tante cose brutte? Ma alla fine, era solo una cosa passeggera, quest'ombra. Anche l'oscurità deve finire. Arriverà un nuovo giorno, e quando il sole sorgerà, sarà ancora più luminoso. Quelle erano le storie che ti restavano dentro, che ti insegnavano qualcosa, anche se eri troppo piccolo per capire perchè. Ma credo, padron Frodo, di capire. Ora, so. I protagonisti di quelle storie avevano molte occasioni per tornare indietro, ma non l'hanno fatto. Sono andati avanti, perchè erano aggrappati a qualcosa. - Noi a cosa siamo aggrappati, Sam? - C'è ancora del buono a questo mondo, padron Frodo. Ed è giusto combattere per questo."
J.R.R. Tolkien, Il signore degli anelli.

24 gennaio 2011

Esplodono sei autori a Catania per mancanza di personaggi

di Antonio G. Pesce- Ci sono progetti culturali che significano più di quello che avrebbero voluto. Non perché si è arrivati alle vette di Ungaretti, Pound, Eliot, ma perché, per quanto buono è il prodotto, l’idea che fa nascere è migliore.

È di Raudi. Esplosioni dalla periferia che parliamo. Un libro corsaro, un po’ fantasma, che si trova nelle borse dei suoi autori, nelle fotocopisterie dove non dovrebbero entrare nemmeno i testi ormai fuori commercio. È un libro sui generis, soprattutto perché scritto a più mani – se ne contano dodici, essendo normodotati i sei autori – da un gruppetto un po’ randagio di amici, tutti (o quasi) gravitanti attorno alla facoltà di lettere e filosofia di Catania. Ed è bene che dall’ex monastero dei Benedettini venga, di tanto in tanto, qualcosa di culturalmente valido. C’è ancora Step1, ma serve una risposta anche dal “corpo studentesco” non organizzato. Prima fu il Millantastorie, il cui nucleo fondativo ha dato vita alla case editrice Maori, bella espressione della voglia di cultura ed editoria che tira in città.

Ora, facendo circolare le loro nugette tra gli ampi corridoi del monastero, Francesco Buscemi, Davide Pappalardo, Alessandro Puglisi, Fabio Stancanelli, Salvatore Vecchio e Emiliano Zappalà vogliono far rivivere i fasti di un tempo. E quello che hanno scritto se lo sono pure autoprodotto. E si sono pure fatti da se medesimi le biografie finali, il pezzo migliore (leggetele e capirete). Però, l’ottima copertina e l’editing che non lascia rimpiangere la professionalità di una casa editrice, non devono ingannare: Raudi, più che l’esplosione, ne è il frutto. Perché quei versi e quelle prose raccontano di una generazione che non trova spazi da vivere, che non siano le aperture vuote del nonsenso attuale. Raccontano di una gioventù che non sa come ritrovarsi, persa nel flusso della vita che non sa più comprendere. Il manierismo di alcune parti è giustificato dallo spessore di altre, tanto che alcune cose avrebbero meritato ben altro pubblico.

Se vi capitasse di poter comprare Raudi e di “accenderne” una, potreste trovarvi con Stancanelli e Sartre nauseati non già ai giardinetti, chiusi a discettare del senso della vita con i vostri pensieri, bensì in un neutro scatolone di suoni e video (un aeroporto forse?), ad essere tanto sicuri di cosa significhi vivere, da sapere che non può essere quel clip quello che volete. O magari sentirete Catania che vive di notte, una birra e tante chiacchiere con Emiliano Zappalà in via Mancini.

Ma capirete con questi ‹‹sei autori in cerca di personaggi›› che quello che avete da cercare siete voi, questo ‹‹disperato bisogno di concretezza›› che ci viene tolto pian piano – o che forse perdiamo? – nel quotidiano che ci assilla, sempre in bilico tra fuga e ritorno, e il più delle volte si rimane, invece, in bilico tra passato e futuro. E allora piangerete quando la brocca dei ricordi si rompe e brani di vita ‹‹si spargono come monete››. Vorrete qualcosa di più: una vita essenziale come sa esserlo il corpo descritto da Alessandro Puglisi, e che Davide Pappalardo, in un suo ironico pezzo (Pornogiustizia) descrive nel ridicolo di una solitudine (anche fisica) che non si vuole accettare.

L’essenzialità la si dice, invece, anche attraverso un abbraccio. E non è questa un’illusione. L’illusione è una gioventù che asservisce l’essere all’estetica, come scrive brillantemente Salvatore Vecchio. E l’uomo alla tessera – prima quella del partito, ed oggi quella del Billionaire. Per questa vita che si schianta al mattino col suo Cayenne scrive Iodio Francesco Buscemi, ma non si pensi ad un predicozzo: iodio non è solo il disprezzo per i nuovi dogmi del divertimento (io-odio), ma anche il suo contrario, anche la preghiera che sterilizza la rabbia ‹‹di quelli che non chiedono 10 euro in più alla madre perché vedono tutti i giorni il sudore dei padri››.

Questo è Raudi: un prodotto reale di una realtà in bilico tra quel brano che si vive e quello che si vorrebbe vivere. E qui, in questo giuoco tra passato e futuro, che si trova la cifra morale dell’opera. Certo, chi non sa andare oltre le apparenze (e forse neppure gli autori, quando smettono di esseri ispirati, saprebbero farlo), si limita ad accettare o rifiutare un apparente individualismo libertario. Ma sotto un giovane che soffre c’è un germoglio di verità che non sa decidersi a spuntare. Ed è questa verità che denuncia – forse ancora con poca coscienza – le contraddizioni e le ipocrisie di una modernità liquefatta, il miglior risultato di Raudi.


Pubblicato il 15 gennaio 2011 su www.cataniapolitica.it

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