"-E' come nelle grandi storie, padron Frodo, in quelle che contano davvero. Erano piene di oscurità e pericolo, e a volte non volevi nemmeno sapere come andavano a finire, perchè come poteva esserci un finale allegro? Come poteva il mondo tornare come prima dopo che erano successe tante cose brutte? Ma alla fine, era solo una cosa passeggera, quest'ombra. Anche l'oscurità deve finire. Arriverà un nuovo giorno, e quando il sole sorgerà, sarà ancora più luminoso. Quelle erano le storie che ti restavano dentro, che ti insegnavano qualcosa, anche se eri troppo piccolo per capire perchè. Ma credo, padron Frodo, di capire. Ora, so. I protagonisti di quelle storie avevano molte occasioni per tornare indietro, ma non l'hanno fatto. Sono andati avanti, perchè erano aggrappati a qualcosa. - Noi a cosa siamo aggrappati, Sam? - C'è ancora del buono a questo mondo, padron Frodo. Ed è giusto combattere per questo."
J.R.R. Tolkien, Il signore degli anelli.

22 dicembre 2010

CHI HA UN PROGETTO?





di Antonio G. Pesce- Qualcuno lucido è rimasto. Ringraziando il Cielo. Nel giorno in cui gli scanni del Parlamento italiano si sono trasformati nel campetto parrocchiale della nostra adolescenza, quando ci si dava battaglia per il solo sfizio di vincere, Marcello Pera, senatore Pdl ed ex presidente del Senato, ha dato voce alla dignità di una politica sempre più affranta. Di fronte ai messianismi laici che si fronteggiavano, c’è stato un uomo che ha fatto sentire la voce della propria coscienza. Qualcosa di divino, nel mezzo del baratro in cui ci troviamo. Un po’ di orgoglio, poi, è d’uopo: leggere Platone, Aristotele e un mucchio di altri sfigati filosofi alla fine rende, come rende la cultura, quando non è l’abito della festa ma il costume di ogni momento – la fibra stessa di cui è intessuta la vita morale dell’uomo.

Il discorso andrebbe letto e riletto. Qui non è il momento. Però, su un punto è bene soffermarsi. Chi ha un progetto oggi? Chi, nell’anniversario della nascita del nostro Stato, ha ancora la bussola? Il nocciolo della questione posta da Pera. Nessuno, ci tocca rispondere. Di questo, dobbiamo tutti esserne coscienti. Non farlo, sarebbe un’idiozia che potrebbe costare più cara, di quanto ci stia costando l’indifferenza dei nostri padri verso il futuro della nazione. Chi oggi ha grosso modo trent’anni deve essere cosciente che il futuro sarà grave come lo fu per i nostri nonni. I decenni prossimi saranno il nostro dopoguerra.

Il centrodestra, come lo abbiamo conosciuto, è morto. La destra, alla prova dei fatti, ha fallito. Era meglio la Dc. Finché fu un partito, ricostruì una nazione e ne difese la democrazia. Oggi, i vari ‘centristi’ che ad essa si ispirano sono privi del senso della grandezza – della grandezza delle potenzialità d’Italia e della vastità delle sue lacune. Berlusconi non è degno di legare i sandali a De Gasperi, Fini neppure a Scelba, e uno Sturzo non ce l’hanno e non lo vogliono neppure avere. La cultura non fa mangiare e non fa vincere le elezioni (che poi sono due cose connesse, almeno in un certo senso). Casini, inoltre, che sa, se vuole, volare alto, finisce sempre per accontentarsi di quel che passa il convento. E chi si accontenta non gode punto. È risaputo.

La sinistra è in crisi dal 1989. Questo a sentire Pera. Chi non vuole essere così ottimista, dice che la crisi dura dal dopo Sessantotto. Quando, cioè, si scambiò per rivoluzione degli oppressi una ribellione libertaria. Magari più giusta, ma non per questo ininfluente sugli assetti ideologici del partito. Tant’è, che oggi abbiamo più diritti civili che economici. I padri hanno avuto il divorzio, l’aborto e, forse, otterranno pure l’eutanasia. I figli a stento un contratto per sei mesi a garanzie zero. Tutto questo non può non aver influito. E infatti, la sinistra ha anche vinto le elezioni, ma non ha risolto problemi.

Insomma, siamo in pieno stato confusionale. I partiti dovevano essere post-ideologici. Ora sono post-etici: non sanno fare, perché non sanno cosa sia giusto o sbagliato fare. E dunque non servono come classe dirigente. Lo stiamo vedendo con la riforma universitaria: se a destra l’hanno sbagliata, a sinistra non saprebbero come cominciarla. E lo abbiamo ancor di più notato con la battaglia parlamentare scatenata attorno alla mozione di sfiducia al governo. Gli italiani, quando fiutano che il vento della sorte (e dunque del potere) sta per cambiare, sono pronti a rinunciare alle sane abitudini: scendono dal carro su cui hanno bivaccato per anni, e rincorrono lesti quello del vincente. È che sono modaioli, gli italiani: piace loro la movida politica e le pantofole a casa. Ma qualcuno ha capito chi e che cosa ci sarebbe stato (e ci sarà) dopo Berlusconi?

I prossimi decenni saranno durissimi. Perché saranno quelli di una generazione che ha visto sfumare ad uno ad uno non tanto i sogni, ma il frutto dei sacrifici. C’è da ricostruire l’Italia. L’anniversario dell’Unità può essere un buon momento per pensare. Però, questa volta affrontiamo il viaggio con la bisaccia piena di idee, buone o meno che possano essere (si sa che non tutte le ciambelle riescono col buco). Considerato quel che è accaduto negli ultimi trent’anni – negli ultimi venti soprattutto – a pane e cicoria si può campare. E l’uomo non è quel che mangia ma quel che spera.


Pubblicato il 16 dicembre 2010 su www.cataniapolitica.it

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