"-E' come nelle grandi storie, padron Frodo, in quelle che contano davvero. Erano piene di oscurità e pericolo, e a volte non volevi nemmeno sapere come andavano a finire, perchè come poteva esserci un finale allegro? Come poteva il mondo tornare come prima dopo che erano successe tante cose brutte? Ma alla fine, era solo una cosa passeggera, quest'ombra. Anche l'oscurità deve finire. Arriverà un nuovo giorno, e quando il sole sorgerà, sarà ancora più luminoso. Quelle erano le storie che ti restavano dentro, che ti insegnavano qualcosa, anche se eri troppo piccolo per capire perchè. Ma credo, padron Frodo, di capire. Ora, so. I protagonisti di quelle storie avevano molte occasioni per tornare indietro, ma non l'hanno fatto. Sono andati avanti, perchè erano aggrappati a qualcosa. - Noi a cosa siamo aggrappati, Sam? - C'è ancora del buono a questo mondo, padron Frodo. Ed è giusto combattere per questo."
J.R.R. Tolkien, Il signore degli anelli.

17 giugno 2010

PRECARI E SCELTE SUICIDE



di Antonio G. Pesce- Sabato 12 giugno, a p. 51 de La Sicilia, è stato pubblicato un intervento a firma del senatore del Pdl Salvo Fleres sulla stabilizzazione dei precari della pubblica amministrazione siciliana. Non l’unico, in queste settimane. L’on. Lino Leanza, assessore regionale alle politiche sociali e al lavoro, sempre sabato dichiarava: ‹‹Forse per la prima volta la Sicilia, su questa vicenda, si troverà unita e questo è un grande risultato politico››. Ma è al Pd che si deve la direzione di un’orchestra trasversale, la cui sinfonia chiede la stabilizzazione dei quasi trentamila precari, che la manovra economica in discussione vorrebbe bloccare. Con piglio strategico, il senatore democratico Garraffa, vicepresidente della commissione Industria e componente della commissione bicamerale Antimafia, ad inizio mese auspicava una cordata di ‹‹parlamentari siciliani›› per ‹‹garantire un futuro ai ventimila precari stabilizzati della Sicilia››.

Non può che far piacere questa operosa concordia, soprattutto se serve a garantire diritti di lavoratori in una regione che non ha né diritti né lavoratori. Soprattutto se altrove in Italia, per difendere i feudi del moralismo leghista, che predica bene sugli altri e razzola male su se stesso, si è deciso di non tagliare né province piccole e grandi né comuni ad una piazza. Però, un’informazione che vuole essere degna della libertà che poi tanto rivendica, non può limitarsi a pubblicare comunicati stampa né a seguire pedissequamente il flusso delle emozioni. Qui a CataniaPolitica non è gradito farlo. Non è propria questa l’occasione per cominciare.

Perché ha ragione Fleres: non è questione di destra e sinistra. E c’è da aggiungere che non è questione né di nord né di sud. Peggio, molto peggio: è questione generazionale. E se nessuno, tra destra sinistra e autonomisti, se n’è accorto, allora sarebbe opportuno che i trentenni – tagliati fuori dalla politica, dall’economica, dalle università, dalla scuola e, ci manca poco, anche dalla cittadinanza – lo ricordassero loro.

Un anno fa un’altra questione saltò alla ribalta nazionale: era quella dei precari della scuola. E sì che ce ne sono, tra loro, di siciliani, che per ottocento euro al mese si prendono il freddo del Nord e gli improperi dei suoi gendarmi verdastri. Reclutati con norme nazionali che, se non sono per nulla meritocratici, di certo non sono ad usum Delphini né IGP (di indicazione geografica protetta). Reclutati con anni di studio e decenni di servizio.

Il ministro Gelmini non si fece scrupoli ad invitarli a cambiare mestiere. La maggioranza fece quadrato attorno ai suoi provvedimenti finanziari – tutta la maggioranza, perché allora era in ballo la sopravvivenza di gente anonima, scelte di vita e duri sacrifici, mica l’importantissima stabilità della diarchia “co-fondataria”. Anche allora il Pd diede del suo meglio: davanti a tagli indecenti, che stanno portando allo sfacelo dell’istruzione in Italia, il ministro “ombra” Garavaglia si impuntò sul grembiulino. Oggi, che pure ci sarebbe da combattere contro il disegno di legge per il reclutamento dei ricercatori – quel disegno di legge che introdurrà l’èra della precarietà scientifica – i ricercatori italiani si ritrovano soli, perché il Pd nicchia. E deve andare bene, perché il più delle volte pensa (e vota) come la maggioranza.

Non solo. Chi ha mai sentito di una “cordata” di parlamentari siciliani, per difendere non tanto i posti di lavoro, quanto almeno la dignità dei lavoratori “allogeni”, non “autoctoni”, dalle bordate dei kapò padani? Nessuno. Perché, semplicemente, non c’è mai stata.

Diciamocela tutta allora: i precari della scuola hanno un “altro valore politico”. Sono prodotti in “altro modo” – in modo politicamente diverso. La loro gestione è altra da quella dei precari della pubblica amministrazione. E, soprattutto, hanno dimostrato negli anni di esseri più propensi alla genuflessione ideologica. Speriamo – per loro – riconquistino quel minimo di “coscienza di classe” per porsi davanti agli interlocutori istituzionali innanzi tutto come intellettuali. Poi come lavoratori. Infine – se proprio non se ne può fare a meno – come burocrati. Mai, però, come cani da guardia di rivoluzioni solo promesse.

Qui, però, non si tratta di contrapporre due fazioni di disperati in una fratricida guerra tra poveri. In fin dei conti, non è colpa di una se l’altra riesce ad accattivarsi l’attenzione del politburo nostrano. Ma la politica non può darcela a bere. Non può operare delle scelte – scelte chiare, nette – facendo credere che non abbiano poi né conseguenze e che, soprattutto, non siano generate da visioni ideologiche preconcette. Che non si scontenti nessuno, e che così si faccia solo del bene a tutti.

Per decenni, nella pubblica amministrazione non si potrà bandire alcun concorso. Sarà tutto saturo. Ma è attraverso i concorsi che la pubblica amministrazione dei paesi a cui dovremmo guardare recluta i suoi membri. E questa è una scelta politica. Ed è una scelta politica quella di garantire alcuni precari e non altri. Ed è, ancora, una scelta politica quella di far studiare alcuni (e lasciarli a spasso) e far lavorare altri (per decenni senza diritti).

Sono scelte. Si può poi concordare sul fatto che non siano né di destra né di sinistra. Né da comunisti né da liberali. Anche perché si tratta di scelte suicide. Tutto qui.

Pubblicato su www.cataniapolitica.it il 14 giugno 2010

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