"-E' come nelle grandi storie, padron Frodo, in quelle che contano davvero. Erano piene di oscurità e pericolo, e a volte non volevi nemmeno sapere come andavano a finire, perchè come poteva esserci un finale allegro? Come poteva il mondo tornare come prima dopo che erano successe tante cose brutte? Ma alla fine, era solo una cosa passeggera, quest'ombra. Anche l'oscurità deve finire. Arriverà un nuovo giorno, e quando il sole sorgerà, sarà ancora più luminoso. Quelle erano le storie che ti restavano dentro, che ti insegnavano qualcosa, anche se eri troppo piccolo per capire perchè. Ma credo, padron Frodo, di capire. Ora, so. I protagonisti di quelle storie avevano molte occasioni per tornare indietro, ma non l'hanno fatto. Sono andati avanti, perchè erano aggrappati a qualcosa. - Noi a cosa siamo aggrappati, Sam? - C'è ancora del buono a questo mondo, padron Frodo. Ed è giusto combattere per questo."
J.R.R. Tolkien, Il signore degli anelli.

12 novembre 2011

Ricostruire il Pdl: il caso Catania

Ricostruire il Pdl: il caso Catania 
 

di Antonio G. Pesce - Ormai il crack c’è stato. Inutile girarci attorno: il centrodestra ha perso quel predominio politico, che durava ormai da molto tempo. Predominio giusto, perché sancito dal voto, nelle differenti tornate, e da una maggioranza, la quale, nei paesi ‘normali’ tanto evocati, è sempre, alla fine della solfa, numerica. Se c’è un voto in più, c’è maggioranza. E la discussione è chiusa.
Probabilmente, chi della politica ne ha fatto un mestiere, non tanto per passione continua, quanto per incapacità di averne un altro, non si farà seppellire dagli eventi. Berlusconi non può scappare e abbandonare il Titanic, e per diversi motivi che non si possono affrontare qui. Gli altri, soprattutto gli anonimi segnaposto, si stanno già ricollocando. E a tutti i livelli. Fini, che anonimo non lo è affatto, essendo entrando nelle grazie dell’antiberlusconismo di maniera (che, guarda caso, ora in gran parte vorrebbe le elezioni, per passare subito all’incasso elettorale), ha fatto dimenticare abbastanza facilmente i suoi diciotto anni quale scudiero del Cavaliere. Ma per altri sarà ancora più facile, come è pronosticabile una certa emorragia di voti.
Insomma, Stancanelli ha scelto la poltrona più giusta. Ha fatto bene per sé, e bene per il Pdl, che dovrà ricostruire dal basso quella credibilità, innanzi tutto nazionale, che ha perso dall’alto. Ma come ricostruirla, e come ricostruirla partendo da Catania?
Se si pensa di fare leva ‘soltanto’ sulle tessere di partito, si rimane nel guado. Troppo smaliziati, ormai, per non sapere che i ‘tesserati’, in gran parte (il che non esclude altre motivazioni), sono dei ‘clientes’ da far pesare nei futuri equilibri del partito. Non bastano, dunque. Ci vuole dell’altro. E ieri, quando sorridevano i giorni al centrodestra italiano, ci si era permessi di indicare qualche strada, soprattutto al Pdl catanese. Non fummo ascoltati, perché caratteristica saliente della politica, ormai, è quella del far-da-sé, e infatti se ne vedono i risultati. D’ogni buon conto, è meglio ripetersi, e aggiungere qualche altra cosa.
Innanzi tutto, partire dall’università. Senza la zavorra di una difesa di partito di ‘tagli’ lineari, che hanno ridotto il sistema scolastico e universitario italiano alla conta degli strappi della carta igienica, si potrà rappresentare meglio il corpo studentesco, magari evitando di impelagarsi sui grandi temi (dove maggiore è stato il fallimento), e più sulle questioni direttamente tangibili: battersi per un appello d’esame in più, o su qualche servizio, non è poi così denigrante dell’alto ruolo della politica. Ovviamente, non si rimpolpa il bottino elettorale soltanto con l’università, fatta anche di fuorisede. E allora sotto con il lavoro nelle municipalità. Questo vale per tutti i partiti, ma finora pare che solo i piccoli (dall’estrema destra a quella sinistra), si siano degnati di un radicamento ‘vero’ e più capillare. Le municipalità potrebbero essere il punto di forza di un recupero, anche perché lì il confronto è tra persone e non tra ‘narrazioni’, ‘racconti’, ‘immagini’ del grande Paese che vogliamo.
Non basta. Servono altre due cose. Il Pdl pullula di associazioni, anche di un certo peso e di buona organizzazione. Bisognerebbe, allora, farsi interpreti di un ‘ripensamento’ della politica, svegliando Catania e inserendone la discussione pubblica in quella più ampia della nazione e dell’Europa. Per farlo, non basta portare in città il capobastone nazionale, il più delle volte un tizio che viene a decantare i suoi meriti e quelli del potentato di turno a cui, anch’egli, si collega. Serve un coinvolgimento ‘ideale’, che è poi quello che sta facendo la fortuna del Movimento 5 stelle di Beppe Grillo. E se si vedono i frutti in un partitello, perché non dovrebbero vedersi in un grande partito? Insomma: perché essere ancora di destra, nonostante Berlusconi e Fini e le loto scellerate tattiche?
Armare la testa, armare la mano. E qui bisogna pensare alla maggioranza in Consiglio comunale. Ora, non è detto che regga, perché un punto fermo, in questi anni, è stato l’Mpa. Che – è noto – si è schierato col Terzo polo. Ma è vero che il Pdl potrebbe serrare i ranghi – se ancora ne ha. Più d’una volta, facedo la cronaca delle sedute, abbiamo dovuto notare la mancanza di numero legale. Sì, tutti i nostri consiglieri – nessun partito escluso – preferiscono far altro, che non presentarsi lì dove hanno voluto essere eletti. Ma non c’è dubbio che il Pdl potrebbe, presentandosi compatto, dettare tempi e agenda, e scusate se è poco. Invece, più d’una volta s’è ridotto ad essere rappresentato da Carmencita Santagati, da Manlio Messina e da Vincenzo Li Volsi, e qualche altro. È poco, senza scuse.
Infine, un ultimo appunto. E forse il più pesante. D’accordo: Stancanelli si ricandiderà, come del resto ha detto (seppur in politichese) nelle sue dichiarazioni in Consiglio qualche settimana fa. E si rincadideranno in molti a destra, dal Pdl a Fli, senza tenere in debito conto la storia degli ultimi 20 anni. Rimane da discuterne, però, la legittimità. Se davvero il Pdl non sarà più l’azienda berlusconiana, soprattutto quelli che avevano già provato la caserma finiana, dovranno rimettere tutto in discussione. Si devono mettere in discussione. Ad oggi, la classe ‘anziana’ del centrodestra, soprattutto la parte proveniente dall’ex Msi-An, ha responsabilità difficilmente definibili, se non per mezzo di eufemismi. Ha lasciato l’Italia senza una destra. E, soprattutto, ha lasciato l’Italia malamente (in tutti i sensi).
Forse urge, ormai, un cambio generazionale. Un sussulto di dignità dei vecchi, e un grido di arrembaggio da parte dei giovani.

Pubblicatol'11 novembre 2011 su Catania Politica

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