"-E' come nelle grandi storie, padron Frodo, in quelle che contano davvero. Erano piene di oscurità e pericolo, e a volte non volevi nemmeno sapere come andavano a finire, perchè come poteva esserci un finale allegro? Come poteva il mondo tornare come prima dopo che erano successe tante cose brutte? Ma alla fine, era solo una cosa passeggera, quest'ombra. Anche l'oscurità deve finire. Arriverà un nuovo giorno, e quando il sole sorgerà, sarà ancora più luminoso. Quelle erano le storie che ti restavano dentro, che ti insegnavano qualcosa, anche se eri troppo piccolo per capire perchè. Ma credo, padron Frodo, di capire. Ora, so. I protagonisti di quelle storie avevano molte occasioni per tornare indietro, ma non l'hanno fatto. Sono andati avanti, perchè erano aggrappati a qualcosa. - Noi a cosa siamo aggrappati, Sam? - C'è ancora del buono a questo mondo, padron Frodo. Ed è giusto combattere per questo."
J.R.R. Tolkien, Il signore degli anelli.

7 novembre 2006

RAGIONE E SENTIMENTO

Negli scorsi mesi ho tentato più d’una volta di ridar corso al flusso delle riflessioni rapsodiche – questo pensiero che Hegel definirebbe ipocondriaco, non sistematico cioè – che trovano occasione in letture, eventi, sentimenti. Putroppo, l’essere ancora legato a questa continua e istituzionalizzata vicenda formativa, al fine di conseguire l’abilitazione all’insegnamento, senza che peraltro sia possibile stabilire alcuna direzione personale, mi ha impedito la costanza.
Mi ripropongo di coltivarla in futuro. Intanto, quanto era stato già pubblicato lo raccolgo qui: niente di valore, come buona parte di quanto finora scritto di mio pugno, e tuttavia piccoli stralci di vita che voglio condividere con altri.
Verrà il momento di dibattiti più colti e impegnati. Speriamo, invece, non venga meno questa inaspettata speranza, mentre al mondo pareva non doversi chiedere null’altro che solo un poco più di luce su quanto già conosciuto, di poter – meglio, di dover ancora scoprire, capire e, infine, dire. Davanti alla sorte che il tribunale degli uomini impone – l’orizzonte muto di una vita consumata entro i limiti del buon borghese, con sempre così alti discorsi da riversare nelle pubbliche piazze o nei salotti perbene – discorsi importanti, che non contemplano i problemi dello spirito e quelli della storia, universale e personale, liquidati invece come passatempi impropri al buon uomo di società, produttivo e senza troppi grilli in testa, che quelli messici dal potere accademico o politico: quelle corone che ti innalzano sul trono del successo filisteo - davanti a questa sorte umana, le redini del nostro destino ci sono state messe in mano da Dio, che si è riservato solo il diritto di scegliere l'inzio e la fine. Il senso tocca a noi mettercelo.
Queste parole, come quelle che danno il titolo a questo luogo, come ogni altro discorso indecoroso – di quelli che mettono a nudo davvero un uomo, pronto oggi a spogliarsi (e con assai piacere) dei propri abiti che non già dei propri stereotipi – saranno fatti oggetto di scherno, se ben mi è dato conoscere un’ampia parte di coloro che si appropinqueranno costì, ed è anche ben comprensibile, giacché l’uomo ciò che non può amare distrugge, e disprezza ciò che non può capire.
A me tanto basta. A nessuno di noi è dato scegliere quando e con che mezzi combattere la guerra dell’esistenza. Ma se combatterla sì. Assalire il mistero magari porterà ad una grave sconfitta, ma che vittoria da operetta è quella di fingersi vincitori di una guerra mai combattuta! Si vince con lealtà e si muore con onore.
Non ho mai barato. Benché meno mi tirerò indietro.

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