"-E' come nelle grandi storie, padron Frodo, in quelle che contano davvero. Erano piene di oscurità e pericolo, e a volte non volevi nemmeno sapere come andavano a finire, perchè come poteva esserci un finale allegro? Come poteva il mondo tornare come prima dopo che erano successe tante cose brutte? Ma alla fine, era solo una cosa passeggera, quest'ombra. Anche l'oscurità deve finire. Arriverà un nuovo giorno, e quando il sole sorgerà, sarà ancora più luminoso. Quelle erano le storie che ti restavano dentro, che ti insegnavano qualcosa, anche se eri troppo piccolo per capire perchè. Ma credo, padron Frodo, di capire. Ora, so. I protagonisti di quelle storie avevano molte occasioni per tornare indietro, ma non l'hanno fatto. Sono andati avanti, perchè erano aggrappati a qualcosa. - Noi a cosa siamo aggrappati, Sam? - C'è ancora del buono a questo mondo, padron Frodo. Ed è giusto combattere per questo."
J.R.R. Tolkien, Il signore degli anelli.

16 aprile 2009

MICHELE SANTORO E L'ANNOZERO DELLA PROTEZIONE CIVILE



Fa specie rivedersi non-conforme negli anni in cui viene meno la voglia di sfidare il mondo, e l’uomo cerca di acquietarsi nel silenzio degli affetti, quando nell’adolescenza si raccattava considerazione a basso prezzo, magari frutto di biasimo, con lo scandalo di un passatismo parolaio, che cantava canzoni vecchie e sbandierava colori sbiaditi. Evidentemente, nessuno può mai completamente dimenticare il talento che gli è cresciuto dentro negli anni rigogliosi del giovanilismo ribellista.

Come chi non vuole più onorare il mondo della propria capacità salvifica, la sera del nove aprile non ero davanti allo schermo televisivo, ma se non m’inganno era a tavola, a chiacchierare – come sono solito – davanti ad un bicchiere di vino e compagnia di buona qualità. Non ho potuto, così, vedere l’operato dell’ultimo soviet rimasto sulla faccia della terra, ma pare che anche questa volta Michele Santoro, giornalista contro-corrente che, quando si stanca di fare il giudice mediatico, si fa cacciare fuori per mettersi a fare il politico, l’abbia combinata grossa. Non gli è bastato prendersela contro l’operazione “Piombo fuso” degli israeliani che ha raso al suolo Gaza, ma ora se la prende anche con la protezione civile, alla quale però, va detto, necessitano più considerazione e denaro che non applausi e difese accorate.

Così, avendo ormai preso l’abitudine, da una dozzina d’anni a questa parte, di risalire alle fonti del contendere, mi sono sciorinato una buona metà e più di registrazione, cercando un capo d’accusa decente per colui che reputo il più fazioso dei giornalisti italiani. Santoro non mi piace. È rimasto l’unico ad atteggiarsi a campione di libertà, in un paese in cui ogni coniglio ha la sua comoda tana (lui compreso). Solo uno come lui poteva aprire un programma cantando parole che, fino a ieri, una parte cospicua di questa nazione reputava sacre, e l’altra parte quanto meno rispettava, come se si trattasse di un motivetto da curva, emblema dell’ultima pazzia del più sgangherato tifo da stadio, senza pensare che, quelle malinconiche strofe, hanno accompagnato la lotta e la morte di giovanissimo sangue italiano, e non certo la rescissione di un contratto suggellato da abbondante oro statale.

Tuttavia, proprio esempi come il suo mostrano l’importanza dell’onestà intellettuale, bene che scarseggia sui lidi italici quanto la messa in sicurezza delle abitazione della Penisola, ed ad onor del vero, pur con tutte le contraddizioni in cui cade chi vuole arricchire l’audience con ossa di vittime e macerie di disastri, la questione sulla quale, alla fine, Santoro si è messo d’accordo con se stesso è: siamo preparati? E lo è stata la protezione civile davanti ad un disastro come quello dell’Abruzzo?

La questione non è da poco conto, ed ora che, piano, ci si avvia verso una lacerata e straziante normalità, qualche domanda dobbiamo pur farla. Quanto investe in prevenzione l’Italia? Come si costruisce in Italia? Quanto è ritenuta importante, in Italia, la presenza della protezione civile? Quanti stanziamenti sono previsti, in Italia, per il suo operato? E le esercitazioni di evacuazione, in caso di calamità, sono vissuti in serietà o non sono, forse, un momento di pausa tra una lezione e un’altra, tra un turno e un altro? Le nostre città hanno attrezzato punti di raccolta, e se sì quante città e quanti punti sono presenti sul territorio nazionale?

Sono domande che non possono restare evase per l’ennesima volta. Le ponga Santoro o gente più rispettabile di lui, ciò non toglie nulla all’urgenza di una verifica seria: un annozero della prevenzione che non può più attendere di scoccare. Poi, ovvio è che speculare, come fa l’imbonitore radio-televisivo pubblico, sulla prevedibilità dei terremoti è squallido e meschino, e basti pensare che, qualche anno addietro, si discuteva della colpa delle trasmissioni meteo nell’allarmare la gente con le loro previsioni – cosa che, infine, aveva una cerca ricaduta economica, soprattutto sul turismo. Che accadrebbe se una previsione non si avverasse? E che previsione è quella di cui non conosciamo, e di cui non abbiamo ancora discusso i protocolli scientifici che la supportano? E che senso ha sparare a zero su migliaia di volontari, per poi far marcia indietro e prendersela con il loro direttore, Bertolaso, in fin dei conti solo per colpire il governo? E con che pudore Claudio Fava può dire che “in Italia non c’è solo un problema sicurezza, ma c’è anche il problema della messa in sicurezza delle scuole”, quando egli ha sempre e solo parlato di lotta alla mafia, e nessuno ricorda in bocca sua altra denuncia che questa? Come può essere difensore credibile delle vittime abruzzesi, egli che non lo è stato di quelle siciliane in Lentini, Carlentini e S. Venerina? Cosa ha fatto egli per quei suoi conterranei? In Catania l’ho visto due volte, e solo in occasioni elettorali. Non mi pare siano ottime credenziali.

Fra le tante cadute di stile, avrei potuto accettare anche quella di Vauro, quella vignetta che, pare, sia stato l’unico boccone indigeribile a viale Mazzini, e che invece non vuole certo mancare di rispetto ai morti del terremoto, ma colpire il “piano casa” governativo di prossima approvazione, che in fatto di rispetto della tutela del paesaggio e delle norme edilizie deve dare ancora parecchie risposte. Ma farlo ad appena quattro giorni dalla sciagura, e mentre si parla dei morti attuali, e non già di quelli che, un possibile salvacondotto all’abusivismo potrebbe generare in futuro, mi pare sia l’ennesimo urlo di follia, quando la pietà non dico cristiana, ma quella di uomini verso altri uomini imponeva garbo e serenità.

Siamo però, ormai, troppo avvezzi a tutto questo – a uomini divenuti lupi per altri uomini – che dimentichiamo che le bestie non mangiano mai altre bestie della propria specie.




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