"-E' come nelle grandi storie, padron Frodo, in quelle che contano davvero. Erano piene di oscurità e pericolo, e a volte non volevi nemmeno sapere come andavano a finire, perchè come poteva esserci un finale allegro? Come poteva il mondo tornare come prima dopo che erano successe tante cose brutte? Ma alla fine, era solo una cosa passeggera, quest'ombra. Anche l'oscurità deve finire. Arriverà un nuovo giorno, e quando il sole sorgerà, sarà ancora più luminoso. Quelle erano le storie che ti restavano dentro, che ti insegnavano qualcosa, anche se eri troppo piccolo per capire perchè. Ma credo, padron Frodo, di capire. Ora, so. I protagonisti di quelle storie avevano molte occasioni per tornare indietro, ma non l'hanno fatto. Sono andati avanti, perchè erano aggrappati a qualcosa. - Noi a cosa siamo aggrappati, Sam? - C'è ancora del buono a questo mondo, padron Frodo. Ed è giusto combattere per questo."
J.R.R. Tolkien, Il signore degli anelli.

12 gennaio 2009

VITO MANCUSO IN GITA COL MONDO. BUON VIAGGIO!

Vito Mancuso è ormai famoso. Ha scritto molti libri, e anche di peso, e soprattutto è stato cresciuto dalle università cattoliche di mezzo Italia, ma è saltato alla ribalta del pensiero pret-à-porter grazie a un testo assai ricco di vetuste dottrine ereticali, riconsegnato al mercato editoriale col titolo di L’anima e il suo destino. Chi conosce il libro in questione sa che Mancuso non deve aver lavorato troppo di fantasia, giacché buona parte di quello che scrive è stato già scritto. La differenza sta nel fatto, invece, che mentre una volta si veniva scomunicati per molto meno, oggi le gerarchie ecclesiali e teologiche della Chiesa sono più caute, e per il semplice motivo che a scrivergli la prefazione e a presentarlo al pubblico è stato proprio un cardinale della Santa Madre Chiesa, S.Em. Carlo Maria Martini. Che da quando gli è andata male l’elezione a papa, gioca a fare l’antipapa con sparate che – detto col rispetto che si deve all’ordine – sanno più di progressiva depauperazione intellettuale che non di un preciso piano di ribaltamento teologico del Magistero.
Quando, all’uscita dell’opera di Mancuso, alcuni giornali anticiparono brani corposi della prefazione di Martini, molti fummo a preoccuparci: se perfino Martini prendeva le distanze, anche se blandamente, anche se timidamente … non venimmo smentiti, anzi.

Da allora – ed era il 2007 – il libro di Mancuso ha venduto 120.000 copie, che per un libro di teologia è un miracolo (Mancuso crede ai miracoli?). Ma dal momento che in Italia non si contano tanti teologici, né altrettanti filosofi, è probabile che il libro, scritto così bene da riuscire a far passare un errore per una verità, sia finito in teste non sempre molto capaci di tener vigile la tensione critica.
L’idea di fondo non cambia mai: avvicinarsi al mondo. Le eresie di una volta, almeno, avevano una carica rivoluzionaria che si disinnescava difficilmente, a volte solo bandendo crociate od organizzando processi e roghi. Il potere politico, poi, equiparava l’eresia al delitto di lesa maestà, perché se si poteva sfidare il giudizio divino così a cuor leggero, figuriamoci quello degli uomini. Federico II, l’imperatore laico (per definizione altrui), gli eretici non li gradiva molto: gli erano affatto indigesti. Ovviamente.
Oggi gli eretici sono funzionali al sistema attuale, che mentre s’ingrossa di corruzione, pianifica le nostre vite e decide il loro tenore, quando non addirittura se siano vite oppure no – cosa che fino a qualche ventennio fa credevano potesse essere possibile solo nella mente di qualche folle pittore mancato – addita la Chiesa come invadente presenza nel dibattito pubblico.

Mancuso ormai è un pensatore. E fin qui nulla di strano, perché pensare è l’unica cosa che agli esseri umani viene bene. O meglio: viene spontaneo. Ma è strano, invece, che nell’epoca dell’allarmismo contro l’ingerenza vaticana, si dia così spazio alle opinioni di un cattolico soprattutto nella cultura laica – la stessa che censura il Papa alla Sapienza, senza però rispondere alle questioni sollevate da quel discorso. E allora due sono le spiegazioni: o Mancuso non è considerato ingerente, o non è considerato cattolico. O è perfettamente del mondo, o non è di Cristo.

Non so. Ma Mancuso, sul Corriere della Sera del 31 dicembre, qualche dubbio me lo toglie. Fa lezioni di umiltà alla Chiesa, asserendo che gliene manca tanta dal momento che non si allinea con i tempi. La gente del nostro tempo finisce per non capirla più. Non bisogna essere sentinelle, pare dire Mancuso, ma semplici compagni di viaggio: ”Credo sia difficile negare l'oggettiva difficoltà del Cristianesimo di venire a patti con il mondo e la ragione contemporanea”. Notava nello Zarathustra Nietzsche – ché anche lui, qualche volta, ne diceva una buona – che “non ci sono più ne pastori né greggi”, tutti vogliamo la stessa cosa, tutti facciamo le stesse cose: e così chi la pensa diversamente finisce di sua di sua piena volontà al manicomio.
Nietzsche non poteva sapere che fine avrebbero fatto i suoi libri, o quali tascapane avrebbero riempito, o che croci disegnato. Mancuso, considerata la storia che ci portiamo dietro, dovrebbe essere un tantino più malizioso: la potenza vaticana non può contare su divisioni armate. E in fatto di mezzi di informazioni e danaro ne ha molti meno del gruppo editoriale che, un giorno sì e l’altro pure, lo chiama a salire in cattedra come successore designato di Emanuele Severino, ormai avanti con l’età, e da sempre notoriamente poco comprensibile alle masse di intellettualoidi che la vanità speculativa moderna sforna.

6 commenti:

mafalda ha detto...

Finalmente hai ripreso a scrivere, mi stavo preoccupando.Ma dove sei stato chiuso????In sgabuzzino??????
Non ho letto il libro quindi non posso rispondere, però so che di eretici ne abbiamo fin troppi ....basta guardare il governo.
La cosa che più m'infastidisce è ai politici è permesso prendere la comunione, quando sappiamo che il 90% di loro sono divorziati, mentre per noi comuni mortali è peccato!Ma la chiesa ci è o ci fa????Ammetto che questo nuovo pontificato non mi piace, non mi sento amata per nulla, è vero Woityla aveva anche lui le sue restrizioni, ma allo stesso tempo ascoltava, ma questo papa no.Non ascolta per niente impone e basta.
Mi sento lontana da questa chiesa, anche se continuo ad ascoltare la parola di Dio che credo valga più di quella di un uomo.
Baciamo le mani

Antonio G. Pesce ha detto...

Cara Mafalda,
il vostro amico Antonio è fuori regione da parecchio. Ma tornerò presto, vedrai!
Entro nel merito della questione, dicendoti che anche i comuni mortali possono prendere la comunione, ancorché divorziati, non solo Casini o Nichi Ventola. Tutti, nessuno escluso, e per il semplice fatto che, al momento in cui ti presenti innanzi al ministro, questi non è tenuto - anzi, non deve - chiederti alcun documento di idoneità. tant'è, che al mio paese non sono pochi quelli che fanno - o lo hanno fatto, prima che un sacerdote cominciasse a seguirli.
Il tema è assai difficile da affrontare, ma non vi è stata mai divergenza alcuna tra il passato e l'attuale pontefice. Anzi, secondo alcuni commentatori, Benedetto XVI si è spinto anche oltre Giovanni Paolo II: e in effetti, piaccia o no, i toni già consolaroti del papa polacco, sono divenuti in alcuni casi più teologici in quello tedesco, e appunto per questo più "pesanti" per il magistero.
Mi fa piacere però notare che da uno come Giovanni Paolo II tu ti sia serntita capita: fino al 2000, anno del Giubileo, ma anche della palese dimostrazione al mondo della sua malattia, il papa era visto come un vecchio bigotto dalla quasi totalità dei giornali laici italiani (solo di colei che allora non era ancora beata, ma una semplice suora, Teresa di calcutta, si diceva di peggio, a causa del suo impegno contro l'aborto tra i suoi assistiti). Quello che gli rimproveravano era pressapoco quello che rimproverano all'attuale, e anche di peggio, dato che già nel 1978 Giovanni Paolo II si battè contro il comunismo e la sua versione cattolica, la teologia della liberazione: anche allora il pontefice fu accusato di essere chiuso alle istanze del mondo. E ricordo ancora un dibattito RAI sulla visita del papa alla sua polonia post-comiunista, invitata a non cadere, ora libera, alle lusinghe del liberismo, nel quale si dissero peste e corna di questa "chiesa chiusa davanti alla storia".
Ora cher pure quella storia liberista naufraga, scopriamo l'alto valore del non essere del mondo, pur essendo nel mondo.

Giovanni Paolo II è stata la diga davanti alla diluvione: un muro che per 22 anni si è servito di un pilatro come Ratzinger, messo e lasciato, anche controvoglia, a guardia della dottrina cattolica.

Purtroppo, o per fortuna, la Chiesa è così: o amata o odiata. Ma in blocco. Tutta insieme. Come unito è il capo alle membra, e i tralci alla vite.

Ci sentiamo presto cara Mafalda.
saluti al caro O. ;-)

Anonimo ha detto...

Caro Antonio...non ho letto il libro di Mancuso e non mi interessa leggerlo. Ma nelle parole del cardinale Martini, anche nelle ultime, mi ci sono riconosciuta spesso, come cattolica che si pone di fronte al modo con tanti interrogativi e che è tormentata dal conflitto tra lo spirituale e il materiale, e come lui ho imparato ad apprezzare la via intermedia, quella che passa per la riscoperta di ciò che è propriamente umano. Non credo proprio che il cardinale Martini le spari e giochi a fare l'antipapa -poverino è pure molto malato-. Piuttosto penso che non si limiti a dividere il mondo manicheamente in bianco e nero, buono e cattivo, anzi si sforza davvero di superare le distinzioni nel riconoscere in ogni uomo che soffre e che è tormentato e persino nell'uomo che non si pone interrogativi "grandi", cioè nell'uomo medio e massificato tipico della nostra società, il Cristo. Cosa che, ai tempi, anche Gesù stesso faceva.
In quanto al Magistero della Chiesa: fa parte della tradizione della nostra comune religione, e come tale va rispettato anche quando i dettami umani che emana sono oscuri o poco flessibili. Ma anche il parere di un Cardinale della Chiesa va rispettato. Ma sempre con la consapevolezza che dinanzi a Dio, quello che infine conta è il testimonium coscientiae. E quello è individuale. E questo non è relativismo perchè la coscienza individuale separata ciascuno per sè ce l'ha data proprio Lui, che ha creato tutto, ed in cui trovano inizio e fine le nostre vite, le bnostre attività e ciò che noi siamo.
Ti abbraccio...
Anna Lisa

Antonio G. Pesce ha detto...

Avrei voluto scrivere qualcosa di più lungo, ma diversi impegni mi impediscono di approfondire molti degli spunti che mi vengono dati. Avrei voluto partire dalla mia prima conversione al cattolicesimo, che come ogni conversione è stato un incontro con una Persona nel profondo della mia anima, e non già una scelta soppesata o uno studio accurato. Purtroppo non posso in questa occasione, ma mi riprometto di farlo.

Entriamo nel merito. Anna lo ricorderà di certo, Mafalda forse no, ma io non sono sempre stato così. Anzi, dodici anni fa era Anna al mio posto, e per molti versi è rimasta lì dove è sempre stata. Io, invece, sì che dividevo il mondo manicheisticamente in bianche e neri, buoni e cattivi, come si fa del resto ion ogni ideologia.
Credevo che il mondo sbagliasse, e che l'unico ad avere ragione fossi io. Non solo, ma volevo essere compreso più che comprendere; essere amato, più che amare; servito, più che servire. Del resto, ero un buon conservatore, amavo lo status quo: quello sociale; ma anche quello umano, morale, dove l'unica situazione possibile è quella che è, senza alcuna tensione verso ciò che ancora non è ma può essere che sia, solo che lo si voglia. Era la Chiesa che sbagliava, non io....

Poi, chiarezza nella mia vita. Che è costata dolore. Schemi mentali che andavano in fumo; parole d'ordine che non potevano più rischiarare lo spazio dentro il quale mi muove; sentimenti nuovi e nuovi modi di giudicare la realtà. Io ho rigettato tutto, completamente. Almeno nelle intenzioni. Perché essere cattolici - questo l'errore di molti, anche di voi mi pare - non è essere già santi, ma provare a diventarlo. Provare, Provarsi: tendere l'arco e scoccare come scintilla. E poi a volte ci si riesce. Ho vinto molto per amore di Cristo, ma molto altro rimane da fare.
Se perfino il Maestro si è fatto carne, perché contrapporre spirito e materia? No, noi siamo un unicum - in tutti i suoi sensi! e così dovremo salvarci. Solo così.

Conosce bene i fremiti della carne: li conosceva S. Paolo, e li conosce S. Francesco d'Assisi. Credetimi: li conosco anche io. E non sempre solo all'altezza del mio Esempio, anzi: non lo sono il più delle volte. Ma se posso fare questo paragone, se posso pensare a rialzarmi, è perché Qualcuno mi ha insegnato a sperare, più che ad accettare.

Quello che ho rimprovato sempre agli "uomini di chiesa" - la Chiesa, invece, è cosa ben diversa, è il corpo del Maestro, del mio Signore, di quel Gesù Cristo che ha dato un senso alla mia vita - è di ammorbidire il messaggio del Maestro per accattivare più persone: no! Come Pascal con i gesuiti: no! Io ho diritto di sapere la verità, e la verità è quella che Gesù ha fondato su Pietro. Non ce ne sono altre.
Se poi alcuni uomini meritino certi onori o no, saranno affari del padrone della vigna che l'ha a loro affidata: io, umilmente, ci vado a zappare, chiamato a giornata mentre bivaccavo davanti alle porte del nulla nicciano-fascista.

Voglio sapere che devo fare: non è mancanza di libertà, anzi è somma libertà. Perché la libertà è fare quel che bisogna fare. dare il proprio consenso, liberamente, non già mutare per vile tornaconto personale i termini della questione, e rendersi la fatica meno dura.

L'opinione di un cardinale va rispettata, dici tu Anna. Sono d'accordo. Figuriamoci quella di un Papa. Ma non entro nella coscienza del cardinale. Entro nella mia, che non è l'orecchio di Dioniso dove rimbonba l'eco del mio ego, bensì il sommo tribunale dove la realtà viene giudicata dall'unico che può farlo, io stesso, secondo la legge del Bene (DIO). Dio è la legge, io il giudice: questa la libertà più grande, la dignità immensa che il Creatore ci ha dato.
Posso ingannare il mondo intero: Dio e me stesso non potrei mai farlo. Perché la legge non s'inganna, giacché dice la verità, e il giudice neppure, dal momento che è lui che la applica.

Non sono un santo, ma non voglio diventarlo seguendo scorciatoie. Non ne ho mai usate in vita mia: esami, concorsi, selezioni... mai. Perché illudermi sulla cosa più importante? Se poi Dio lascia che la strada sia "irta e piena di insidie" (sono parole del Maestro, non mie, sicuramente mi ha già dato le forze per sopportare il peso della mia croce.

Il peccato è il segno della nostra condizione presente. la Grazia di quella futura.
Io spero.
fatevi anche voi contagiare da questa speranza.... ;-)

Antonio.

Anonimo ha detto...

Caro Antonio,
è vero, ti conosco da tanto e sono contenta che tu Lo abbia conosciuto. Comunque neppure io, ai tempi in cui tu mi hai conosciuto, Lo conoscevo. Semplicemente seguivo una tradizione impostami dall'alto, da mia madre, in particolare, donna molto severa. Allora andavo in chiesa e non pregavo, ascoltavo la messa e non vedevo l'ora che finisse, ero chiusa in me, nei miei progetti, arida, vuota.
Sai quando l'ho incontrato? Quando, per l'infelicità che mi causava quel genere di vita a cui ero stata educata, mi sono allontanata da Lui -che poi non era Lui, ma l'impalcatura e l'educazione con la quale Lo identificavo-.
Quando ho iniziato a fare di testa mia, a lasciare fuori quelle pratiche dalla mia vita, quando ho fatto esperienza di peccato "mortale", quando ero fuori dai dettami di mia madre Lui c'era, stava là, ho SENTITO fisicamente la sua presenza. Insomma, dove uno pensa che ci sia, non c'è, dove non ti immagini neanche di trovarlo, Lui sta là.
E' da allora che Gli parlo davvero, che LO cerco e prego. E che ho capito che tutta l'impalcatura della mia vecchia religione, i precetti bigotti che non portano gioia, dovevo lasciarli perdere per essere me stessa, così come sono, perchè così lui mi ha creata e mi vuole bene. Se il mondo sapesse questo, il bene che vuole a tutti, tutti gli starebbero vicino, invece di discettare sui preservativi e i finanziamenti alle scuole cattoliche... Il discorso è lungo, caro Antonio...io sono consapevole che non sono degna di nominarne il nome, però so che adesso c'è, e questo per me è un vero conforto...
ti abbraccio...anna

Antonio G. Pesce ha detto...

Anna,
le tue belle parole mi spronano ad essere migliore, proprio per la testimonianza che chi si dice - e si augura di esserlo davvero - in piena comunione con la Chiesa di Cristo, è chiamato a dare.
Ti prego però di credermi: il ritualismo a cui decade la religione non è insito nella religione medesima, ma nello spirito di chi lo pratico. E, comunque, è meglio non giudicare la coscienza altrui: i nostri genitori ci hanno trasmesso la fede come hanno fatto l'esempio del loro amore: nulla di sentimentale, forse nulla di apparentemente profondo. Quando li abbiamo visti abbracciati, o mano nella mano? O seduti in diviano a coccolarsi, come facciamo noi con le persone che amiamo? Eppure, in fondo, non dubito del loro amore, resistente alle intemperie degli ultimi 40anni!!! ;-)
Grazie per gli spunti, Anna.
Ti abbraccio.

Antonio