"-E' come nelle grandi storie, padron Frodo, in quelle che contano davvero. Erano piene di oscurità e pericolo, e a volte non volevi nemmeno sapere come andavano a finire, perchè come poteva esserci un finale allegro? Come poteva il mondo tornare come prima dopo che erano successe tante cose brutte? Ma alla fine, era solo una cosa passeggera, quest'ombra. Anche l'oscurità deve finire. Arriverà un nuovo giorno, e quando il sole sorgerà, sarà ancora più luminoso. Quelle erano le storie che ti restavano dentro, che ti insegnavano qualcosa, anche se eri troppo piccolo per capire perchè. Ma credo, padron Frodo, di capire. Ora, so. I protagonisti di quelle storie avevano molte occasioni per tornare indietro, ma non l'hanno fatto. Sono andati avanti, perchè erano aggrappati a qualcosa. - Noi a cosa siamo aggrappati, Sam? - C'è ancora del buono a questo mondo, padron Frodo. Ed è giusto combattere per questo."
J.R.R. Tolkien, Il signore degli anelli.

17 ottobre 2012

La mattanza a sinistra



Testo del 25 febbraio 2002. Pubblicato sul Corriere del Sud del quale non ho la copia originale. Rivisto in alcuni dettagli nell’ottobre del 2012. Lo ripubblico perché – ahinoi! – in alcune parti ancora attualismo. In altre no. Un uomo, però, è sempre responsabile di quel che ha pensato. In una nazione che tende facilmente a cavalcare i buoni propositi del momento, questo potrebbe anche essere un atto eroico, se non addirittura sovversivo.

Titolo apposto nell’attuale versione.


di Antonio Giovanni Pesce - Chi conosce noi e il giornale che ci ospita si sarà accorto, ne siamo certi, che quando possiamo le suoniamo a tutti, senza alcuna distinzione, ma la giusta imparzialità del pubblicista diventa mero strumento di vanità col quale crogiolarsi, se non si ha l’ardire, quando urge, di testimoniare la verità sugli eventi. In fin dei conti, l’unica cosa che abbia veramente valore. E allora tagliamo corto – i lettori sanno, e della loro opinione solo ci importa, e cerchiamo di ricostruire il filo che lega fatti apparentemente così distanti, come il ribollire di Cofferati, le arringhe di Moretti, l’angoscia di Rutelli per i pericoli che la democrazia correrebbe in Italia, i comizi del’ex presidente super-partes della “pluralista” Rai, Zaccaria.

Il filo c’è, ma per descriverlo farò leva sulle vostre capacità estetiche, piuttosto che logiche. Avete mai visto la mattanza dei tonni? ne avete mai letto? ricordate la famosa canzone di Modugno “u pisci spada”? Quando rimangono intrappolati fra le reti e le navi dei pescatori, e mentre questi affondano i loro arpioni per caricarli sul peschereccio, i tonni, vistisi perduti, incominciano a dibattersi con ardore, continuamente, senza posa, e finiscono con l’infilzarsi gli uni gli altri, e lì dove non giunge l’aculeo del nemico arriva, inesorabile, quello dal compagno di sventura. Come i polli di Renzo, se volete alle immagini del Verga sostituire quelle del Manzoni. La storia non cambia.
Come pare non sia cambiato nulla, dal 1994 ad oggi, nelle strategie di opposizione della sinistra. È autolesionismo puro, che non porta a nulla: un voler sprecare le risorse umane e culturali, che un ampio schieramento, nel Paese e in parlamento, possiede, senza aver tentato la minima resistenza. Non quella dell’amico Borrelli, per il quale l’incriminazione per sovversione sarebbe stata poca cosa, in confronto all’atto insurrezionale da egli proposto e attuato (del resto, non si capisce perché, poi, si sia ricorsi alle manieri forti, quando quattro scalmanati leghisti diedero l’assolto al campanile di Venezia, se chi può sovvertire le istituzioni e il loro funzionamento rimane del tutto punito: repubblica Italiana o Repubblica delle Banane?), ma quella – l’unica – che potrebbe portare la Sinistra di nuovo alla guida del nazione.
Per arrivarci, però, non serve riproporre la solita salsa di accuse, infamie, dietrologismo: innanzitutto perché la salsa va bene quando è fresca, col tempo inacidisce. Poi, per ovvie ragioni di pudore, perché non può quello stesso popolo, così intelligente, maturo, onesto, per le elezioni del 1996, diventare d’un tratto, a 5 anni di distanza, ignorante, mafioso, immaturo tanto da credere alle favole. Ma se anche così fosse, di chi sarebbe la colpa? Delle destre? Non mirano forse, proprio queste stesse destre, nella visione della sinistra, alla subordinazione delle masse più umili? Non è forse stato della cultura e della storia delle sinistre il compito di educare, emancipare, condurre alla coscienza di sé il profano volgo? E come mai non ci sono riusciti in 5 anni? Non hanno potuto o non hanno voluto, e perché?
Tra galantuomini non vi è chi chiede e chi porge le scuse, ma solo un silenzio che sembra dire tutto. Ma quando ci si fa sfacciati, allora sarebbe opportuno ristabilire il valore della memoria. Poi, si sa bene che il potere, quando lo si ha, e lo si detiene già da molto tempo, viene amministrato sempre e comunque nello stesso modo, ma questo è un buon motivo per vigilare, affinché Berlusconi non faccia quello che, in quarant’anni, ha fatto la sinistra, non già per dimenticare, per mondarsi da ogni colpa e demonizzare l’avversario.
Cosa che, un giorno, dovrebbe capire il sindacato, la CGIL in testa. Per rendere più disponibile alla “concertazione” Cofferati, basterebbe informarlo che i DS, ormai da più di un mese, hanno un segretario, ma qualora la rassegnazione non possa nulla, forse potrebbe il pudore dell’intelligenza, la stessa che Cofferati dovrebbe usare per spiegarci il perché di un silenzio durato cinque anni. Non ve ne erano ragioni? E le proteste dei Cobas, degli autonomi, di Bertinotti & Co. cosa erano? pellegrinaggi al santuario di Arcore? E se si parla due lingue differenti, perché mai il regista de La Stanza del Figlio (dimostrazione chiara di come l’Arte possa operare sorprendenti prodigi) avrebbe dovuto pretendere da Rifondazione Comunista una alleanza elettorale, dietro la quale non vi sarebbero stati punti programmatici comuni? Sono domande, le risposte le diano i lettori: la nostra funzione è quella di avviare una discussione, non quella di concluderla.
 Le battaglie vanno combattute e vinte secondo le regole, e di regole una democrazia come quella italiana ne ha sfornate tante: è venuto il momento che sul banco di scuola siedano anche i politici, non solo i ladri di polli o i secessionisti da baraccone. Pensare che venga meno la libertà in Italia è, quanto meno, ridicolo se non folle, perché è proprio in questa libertà – divenuta ormai  farsa – che un procuratore della Repubblica si schiera apertamente contro l’esecutivo e invita alla rivolta, al di là della giustezza delle proprie considerazioni, che non mettiamo in dubbio. Il garantismo è come lo zucchero: piacevole per chi di insulina ne ha abbastanza, mortale per i diabetici. E il pancreas d’Italia, negli ultimi venni anni, non ha funzionato bene, se il malaffare, la corruzione, l’illegalità si sono radicati perfino nelle pratiche per una concessione edilizia. Ma questo non vuol dire giustizialismo tout court: perfino in epoca fascista, la magistratura ha saputo ritagliarsi una buona dose di indipendenza, senza grandi proclami ed eccessi di zelo. Figuriamoci quanto sia impossibile, per chi ancora oggi fa credere a milioni di cittadini che, dieci anni fa nel 1992, è stata fatta giustizia.
Del resto, non ci è chiaro come si potrebbe creare nel Belpaese un regime a giuda berlusconiana. Anzi, sì: grazie ai voltagabbana di turno, pronti a prestare al centrodestra i favori concessi al centrosinistra. Ma allora quello che è accaduto dal 1960 ad oggi non sarebbe stato frutto di un delirio collettivo, ingiustificabile ma comprensibile, bensì l’opera di automi, ad andar bene di piccoli e miserabili uomini, che alla propria dignità hanno preferito la visibilità e il successi, che solo l’affiliazione al Pci poteva dare.
Non ci pare Elio Vittorini fosse berlusconiano, nonostante ciò non si fece tanti problemi nello stroncare l’opera prima (e postuma) di un suo conterraneo, e scusateci se liquidiamo l’affaire Gattopardo così brevemente, ma dilungarsi a che pro? Tanto gli ignoranti, i fascisti censuratori stanno sempre da una parte, e chi non è di sinistra racconta frottole. Come quelle che, per Cassola – altro berlusconiano? – raccontava il premio Nobel Solzenicyn in Arcipelago Gulag. E in una nazione libera gli esami universitari andrebbero superati, perché si mostra la competenza necessaria o la tessera del Pci?
Sulle università italiane ci sarebbe tanto da scrivere, pressappoco quello che  ogni giorno studenti e docenti competenti ma non protetti da “santi” sono costretti a vedere. Però il problema è la stampa, non l’università. L’università non conta, la scuola non conta: che formerebbero, poi? Nulla di valore. Invece la stampa…. eh beh! La stampa forma il cittadino: il quotidiano è per Hegel il vangelo dell’uomo moderno. E vogliamo che il vangelo moderno finisca nelle mani del demonio?
Facciamo un esperimento mentale: abbiamo una bilancia, e su un piatto mettiamo Repubblica, Il Corsera, la Stampa, Liberazione, Il Manifesto, e dall’altro Il Giornale, Libero (con qualche distinguo), e il Secolo d’Italia. Dobbiamo considerare fascista pure Avvenire (che, del resto, non essendo di sinistra, è necessariamente fascista, secondo il famoso sillogismo che dalle parti di D’Alema fa ancora scuola), per raggiungere la tiratura di Repubblica.
Vogliamo, invece, parlare delle televisioni, vangelo dell’uomo post-moderno? Parliamone. In che cosa la Mediaset sarebbe monopolizzata? Quando? Dove? Il TG che fa più ascolto è nelle mani di Mentana, il cui curriculum non brilla certo per iniziative conservatrici o filoberlusconiane. Idem per Sposini. Maurizio Costanzo, conduttore dell’unica trasmissione Mediaset che si occupi di politica- quando non di sesso e perversioni - coinvolgendo un discreto numero di telespettatori, non ci pare abbia mai brillato per dedizione al suo capo, tanto che Fini, quando era candidato alle comunali di Roma, in un dibattito con l’altro sfidante, Rutelli, e moderato dallo stesso Costanzo, stava quasi per lasciare la trasmissione. E pensare che, allora, Berlusconi non era il nemico pubblico della sinistra, non era sceso in campo, poteva giostrare le cose dietro le quinte con più libertà di ora, e si era già pubblicamente espresso a favore del giovane segretario dell’Msi.
La sinistra paventa un monopolio senza indicare i possibili ras del regime. Strano. Forse sarebbe Maria De Filippi, colei che potrebbe gestire le notizie e convincere gli italiani a votare per il suo datore di lavoro? Possibile: Maria infatti dispone di influenti politologi ed economisti, assoldati per fare disinformazione e mettere nel sacco gli italiani, come il famoso postino Maurizio, la ballerina Rossella, la vamp Tina e lo scorbutico Karim. Senza contare le nuove leve di Saranno Famosi: con loro sì che in Italia vi è il rischio di un colpo di stato o, come dice Rutelli, “è in pericolo la democrazia”.
Per fortuna che in fatto di onestà intellettuale e imparzialità politica si possano contare vari esempi in casa Rai. Come Santoro che, si sa, è noto per la sua imparzialità, e quando nel 1994, qualche mese prima delle elezioni, organizzò una specie di processo al capo del Polo per le Libertà (Berlusconi al centro e tre di fronte a lui: mai scenografia fu tanto democratica!), lo fece solo per amore dell’imparzialità. Come Biagi, che guarda caso – che strano il mondo!… – ti trasmette una puntata dedicata a Benigni, il quale - …. ma strano davvero!- parte per la tangente, e contro chi si mette a fare satira di alto lignaggio? Sì, contro lui, contro il Cavaliere. Ma solo Luttazzi ha potuto fare di meglio: cosa avesse a che vedere la satira col suo ospite, unico e solo, che esponeva la propria tesi accusatoria contro il Silvio nazionale, Previti e Dell’Utri se lo sono chiesti in molti.
Zaccaria sentenziò: ha a che vedere. Punto. Basta. In nome della democrazia. Ed è risaputo che Zaccaria non se ne intenda di democrazia: negli anni del suo mandato, non lo si è sentito mai una volta dare ragione all’opposizione, ed è stato così super-partes che il 23 febbraio, all’indomani della nomina di Baldassarre a presidente Rai, egli dichiarò: “così ci daranno più voti”. Sottointeso “li daranno a noi”. Ma a chi si rivolge l’imparziale Zaccaria? A volte la notte porta consiglio: così neutrale il giorno prima, così schierato il giorno dopo. Misteri dell’occulto. Come quelli che portarono, prima di lui, in groppa al cavallo di viale Mazzini Enzo Siciliano, un intellettuale di sinistra, che alla sinistra deve la cappa di silenzio calata sulle polemiche circa il suo I bei Momenti, vincitore di un primo Strega, dopo le accuse del musicologo Buscaroli. Non abbiamo elementi per suffragare l’accusa, però che il caso venne chiuso dopo qualche giorno non ci pare un grande esempio di critica intellettuale.
Non capiamo come la democrazia possa essere in pericolo, più di quanto lo sia stata già. Con le parole bisogna fare attenzione, perché questo secolo di massacri è anche il secolo dell’informazione, che fotografa, scrive, registra. E quando la Ferilli da Santoro ci fa sorbire i suoi monologhi in difesa della libertà, che sarebbe stata soppressa, a suo dire, appena il centrodestra avesse vinto, e appena il centrodestra vince ella si becca fior di quattrini in coppia con Dalla, non è che si faccia poi una bella figura. Si rischia di compromettere anche la propria credibilità artistica, e Gianni Morandi dovrebbe saperne qualcosa, visto che in una sua trasmissione autocelebrativa invitò l’allora presidente del Consilio dei ministri Massimo D’Alema: se oggi Lauzi o D’Alessio invitassero Berlusconi cosa accadrebbe? E cosa sarebbe accaduto se, durante le occupazioni pre-natalizie, la polizia avesse dato l’assalto ai licei, come quando al Ministero dell’Istruzione vi era Berlinguer? Allora, a Milano, i licei storici “di sinistra” furono sgombrati nottetempo, e la protesta contro l’Attila della Scuola fu scandita da cori del tipo “ti teniamo d’occhio”, di bel altra fattezza di quelli che in questi mesi abbiamo sentito in piazza. Eppure Berlinguer, nonostante il dissenso di molti intellettuali di sinistra (dimostrazione che la cultura è un patrimonio nazionale, non partitico) è riuscito a distruggere un sistema che reggeva, bene o male, da almeno cinquant’anni, senza che alcun movimento riuscisse a contrattare alcunché.
Quando noi del Corriere del Sud diciamo quello che è stato non vogliamo, certo, giustificare i ricorsi della storia: l’informazione deve essere libera, perché lo è nella sua intima essenza. E la magistratura deve essere lasciata libera di operare secondo le leggi vigenti. E i lavoratori devono essere garantiti, anche perché la lezione fordiana, oggi così vetusta, dimostra tuttavia la propria insuperabile maturità, quando nei lavoratori medesimi non vede solo i costruttori del prodotto, ma pure i suoi consumatori. E quello che per noi valeva ieri, vale ancora oggi …. soprattutto oggi, a testimonianza che non copriamo nessuno e non vogliamo danneggiare nessuno.
Talune richieste dell’opposizione sono giuste e del tutto condivisibili: come si può, infatti, non essere d’accordo con la richiesta di più trasparenza nella gestione degli interessi pubblici? Come possiamo non essere d’accordo con la difesa dei lavoratori? Come possiamo, infine, non chiedere, con gli altri, più garanzie per l’informazione e l’amministrazione della giustizia, in fin dei conti i due pilastri sui quali si regge la moderna democrazia? Il sermone lo accettiamo. Quello che non accettiamo sono i predicatori, saliti sul pulpito come candide verginelle, quando ieri erano i magnaccia di una legge, quella sul conflitto d’interesse, merce di scambio negli ultimi cinque anni. Cinque anni, non un mese o qualche manciata di settimane: cinque anni. Ed è solo un esempio.
Quello che serve oggi alla sinistra è di smettere di piagnucolare come i putti. Una tradizione culturale radicata nel nostro Paese da almeno quarant’anni avrà pure seminato qualcosa, perché in tempo di carestia si possa trovare sostentamento per un’azione politica, la quale in questo frangente mostra sterilità e offuscamento visivo. Deve rimboccarsi le maniche, mostrare il profilo meno squadrista, e capire, infine, chi possa guidarla seriamente, perché ormai è chiaro che Rutelli, nella conduzione dell’oppositore, dimostra la stessa lucidità mentale di un corridore sul Pordoi e Fassino, da un paio di mesi appena segretario dei DS, passerà alla storia come Fassino il Piccolo, se non addirittura Il Breve, non appena l’asse D’Alema-Cofferati scenderà dalle steppe dello sciopero generale fino alla città della politica.
Le serve, infine, comprendere le ragioni che l’hanno portata alla sconfitta, le quali non possono essere liquidati con “l’incapacità della sinistra di pretendere in giro gli italiani come ha fatto Berlusconi”: le analisi politiche sono qualcosa di diverso delle scuse ironiche di bambini viziati, e meno pesanti da sostenere, se confrontate con accuse che hanno dell’incredibile, come quelle che vorrebbero l’elettorato del centrodestra ignorante e mafioso. Ogni onesto cittadino, se così stessero davvero le cose, piuttosto che tentare di riconquistare gente del genere, dovrebbe tenerla lontana.
Lontana, non chiamarla allo sciopero generale.

Antonio Giovanni Pesce

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