di Antonio G. Pesce - È stato presentato alla stampa il 10 ma divulgato soltanto ieri, il documento della Conferenza Episcopale siciliana Amate la giustizia, voi che governate la terra,
disanima impietosa dello stato in cui versa la Sicilia, ma anche sprone
per uomini di buona volontà e laici cattolici, perché non venga meno
l’impegno ad una società più giusta.
«Non tocca a noi Pastori – scrivono i
vescovi siciliani - pronunciarci sugli aspetti tecnici e strettamente
politici della crisi in atto. Siamo convinti, però, che essa ha una
radice culturale e morale che ci interpella come cristiani. Prendiamo
parola allora, in forza di uno sguardo radicalmente nuovo sulla realtà,
che scaturisce dal quotidiano incontro con la presenza viva di Gesù
Cristo, nostra vera Speranza». Il primo paragrafo è dedicato a delineare
i tratti di un declino che, per i prelati siciliani, non è solo di
natura economica, ma morale ed educativo. L’autonomia che lo Statuto
prevede non può diventare occasione per «riaffermazioni di una
sicilianità perduta o in improvvisate piattaforme rivendicazioniste nei
confronti dello Stato». Semmai, va proposta «un’autonomia della
competenza e della responsabilità», che ricordi a ciascuno l’importanza
del proprio contributo.
«È stata alimentata la distorta
convinzione – continua il documento - che l’unica risposta adeguata alle
ispirazioni di crescita potesse scaturire dall’iniziativa diretta
dell’amministrazione regionale, consolidando logiche di scambio
clientelare». Su questo piano, che nega il valore della sussidiarietà,
ha prosperato la cattiva politica che, con « penose scorciatoie,
utilizzate per creare o mantenere il consenso elettorale», ha impedito
pure un migliore «approdo al mondo del lavoro» di migliaia di giovani,
rinchiusi nel precariato.
«Tale perverso circuito appare, in
ogni caso, definitivamente inceppato – notano i vescovi di Sicilia - a
causa del grave deterioramento in cui versa la finanza regionale. Il
modello di sviluppo praticato in questi anni è risultato sbilanciato
paurosamente verso una deviante dilatazione dell’intervento pubblico, a
scapito della valorizzazione del protagonismo sociale e imprenditoriale
espresso dal nostro territorio, che una politica meno autoreferenziale
avrebbe dovuto, al contrario, riconoscere e valorizzare».
La soluzione proposta è fondata sul
supermento dell’«individualismo che comprime i legami sociali
significativi e impedisce lo sviluppo di un tessuto civile democratico».
Impegno, questo, per ogni cittadino, e non solo per chi ricopre cariche
istituzioni. L’appello è accorato: «È l’ora di una solidarietà
lungimirante – si legge in un capoverso - e di una concentrazione
assoluta e senza distrazioni su alcune priorità: il lavoro per tutti, la
lotta penetrante e inesorabile alla corruzione e al malaffare e la
riforma dei meccanismi e degli strumenti della partecipazione
democratica».
Bisogna allora ritornare alla
centralità del concetto di bene comune, «il respiro comunitario» della
originaria vocazione al bene di ogni essere umano.
«In nome di questa centralità
intendiamo fare appello a tutte le coscienze affinché la partecipazione
al voto sia ampia, piena, consapevole, libera da occulti e fuorvianti
condizionamenti, soprattutto di natura criminale, e affrancata da
logiche clientelari o di mera tutela di rendite parassitarie o privilegi
prevaricanti».
I presuli siciliani ribadiscono
l’importanza di una politica che sia incentrata sul valore fondamentale
della persona umana, riproponendo l’importanza dell’istruzione e di
politiche di sussidiarietà e solidarietà, «e non del mero rigore
finanziario». Inoltre, incoraggiano «le aggregazioni laicali ed i
movimenti di ispirazione cristiana che, radicati nei principi guida del
magistero sociale, sperimentano modelli e forme nuove di partecipazione e
di impegno civile», «le esperienze aperte alla ricerca di nuovi modelli
di sviluppo attraverso la formazione imprenditoriale e la promozione di
reti sociali come quelle sviluppatesi attraverso il progetto Policoro»,
e «le diverse esperienze diocesane di scuole e laboratori di formazione
sociale possano dare vita ad una rete organica e coordinata di
esperienze, riflessioni e proposte». Di particolare interesse, la
costituzione di «un Osservatorio sulle politiche pubbliche regionali, per offrire appropriati strumenti di analisi e di proposta al dibattito pubblico regionale».
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