di Antonio G. Pesce - Muti come pesci (e non sono miei parenti). Il Consiglio di ieri sera è stata una faccenda sbrigata in una ventina di minuti. Tanto celere che il presidente, Marco Consoli, ha chiuso la seduta con un sorriso tra l’imbarazzato e il deluso.
Potevano parlare e illustrare le loro contrarietà o i motivi di un voto favorevole. E invece, i consiglieri hanno taciuto, rimandando a questa sera la loro arringa finale. Forse.
Hanno parlato solo i presidenti di commissione. Per la nona, Vincenzo Castelli (Udc), e per la prima Francesca Giuffrida (Api). Entrambe le commissioni avevano ricevuto l’atto deliberativo – che non è cosa da poco: si tratta del bilancio preventivo – perché ritenute competenti a trattare l’argomento. Come ha spiegato Marco Consoli, dopo l’intervento in aula del presidente della decima commissione, Antonio Bonica (Mpa), che lamentava la mancanza d’invio dell’atto, è ormai prassi consolidata sveltire il dibattito, evitando di coinvolgere quegli organi che non hanno deleghe attinenti alla materia trattata.
Da registrare soltanto un lungo intervento di Letterio Daidone (Pdl), presidente dell’ottava C.C.P. sui ‘Servizi demografici Decentramento amministrativo Solidarietà sociale’, sugli aspetti sociali del Bilancio in approvazione. Un discorso in cui è sono state messe in rilievo due cose: la situazione drammatica in cui versa l’Italia intera, figurarsi Catania; e le pur limitate risorse economiche del Comune, da gestire come farebbe ‘un buon padre di famiglia’, ed evitando di aggravare, con spese fuori bilancio, la già precaria situazione attuale.Pubblicato il 20 settembre 2011 su Catania Politica
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