di Antonio G. Pesce – Ci sono mancati i nostri supereroi. I nostri consiglieri comunali, dico. Il preciso Marco Consoli, il ciceroniano Rosario D’Agata, il tecnologico Manlio Messina, l‘irreprensibile Porto, gli opliti Francesco Montemagno e Vincenzo Castelli, , il combattivo Francesco Navarria, l’irruento Salvo Di Salvo, il garibaldino Puccio La Rosa, l’elegante rossazzurro Lanfranco Zappalà, l’avanguardista Manfredi Zammataro. E la pasionaria Valeria Sudano, la guerrigliera Carmenita Santagati, la pacifista Francesca Raciti, la grintosa Gemma Lo Presti …
Dov’è andata a finire la politica catanese? A Ramacca, ché c’erano elezioni. Il Consiglio comunale non è stato convocato per circa un mese e mezzo. C’è stata questa tornata elettorale importantissima, e mentre da Milano e da Napoli si attendeva la spallata contro il governo Berlusconi, da Ramacca i partiti attendevano quella alla giunta Lombardo. E, ringraziando il cielo, non s’è votato a San Cono, a Raddusa, a Santo Stefano di Ganzaria, altrimenti per giorni i partiti politici avrebbero chiuso battenti, e si sarebbero sfidati a colpi di borraccia per un paio di migliaia di voti.
D’accordo: spirito di squadra. Ma perché al rientro nello spogliatoio di piazza Duomo c’erano appena quattro persone, tanto da non far partire neppure la diretta televisiva, e tenere tra le mura ‘silenti’ la vergogna? Che Catania non abbia problemi da discutere? Non è l’Amministrazione comunale quella accusata di essere latitante? Non è forse Stancanelli che si vorrebbe vedere più spesso in Consiglio? E chi consigliere lo è, perché non ci va?
Signori cari, ci dovete delle spiegazioni. Siamo tutti amici e parenti, ma per questo giornale non c’è che Catania, la sua dignità, il suo decoro. Non abbiamo gonne né grembiuli sotto i quali coprirvi – non abbiamo da coprire nessuno. Vogliamo che Catania torni ad essere la città con cui veniva identificata la Sicilia. Detto come va detto: dei derby calcistici ‘eroicamente’ vinti (e di larga misura!) ci importa fino ad un certo punto. E non si tratta neppure di vincere quelli politici, economici o culturali. Vogliamo tornare, come città, a militare nella massima serie, a giocarci anche nel palcoscenico della politica nazionale la nostra partita. Pulvirenti ha dato al Calcio Catania cinque anni di salvezza. La classe politica ci deve un paio di lustri di dignità.
C’è una curva che non dimentica per cosa, alla fine, valga davvero la pena tifare. Dunque, se non volete essere fischiati, alzate il vostro deretano dalla poltrona, e scendete in campo. E cercate di onorare quei colori che dite di amare, quando gratuitamente andate a sedere in tribuna la domenica.
Pubblicato il 7 giugno 2011 su CataniaPolitica
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