Ogni secolo ha i bigotti che merita. Quelli del nostro hanno la fisima del ‘cuore’: non vogliono donare a Dio una postina di rosario, un Pater biascicato nel torpore della notte, un’elemosina stentata. Vogliono donargli il cuore. Questa piccola borghesia di sacrestia, che prega schitarrando per più di due ore filate, crede facile giacere accanto a Cristo, nella penombra tetra della luna del Getsemani, quando è in gioco il Tutto stesso.
Cosa c’è di più vanaglorioso che voler star desti, quando pure i discepoli fidati dormivano? Pensano di farsi cirenei, quando perfino lo sventurato, raccontato dal Vangelo, avrebbe voluto non patire quell’umiliazione né affrontare quella sofferenza.
Ormai è semplice: alla Storia è stata rivelato il suo Fine. Il Tutto non è più in ballo, perché ha il suo Fondamento. La Morte è vinta. Ora sì, ora tutto è molto semplice. Ma il Getsemani è stato il più grande campo di battaglia. E combattere una guerra è cosa assai più grave che apprenderne l’esito qualche millennio dopo.
Antonio Giovanni Pesce
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