Nel mezzo del cammin della giornata scorsa, mi ritrovai nella selva oscura del sonno postprandiale, succulento come ogni dì che mi vede metter peso e bagnato dal buon vino di Avola. Io stavo sprofondato in divano, con sottofondo lo strepitio di donnine avvizzite, che scoprono sull’orlo della morte il gaudio di un giorno dentro il tubo catodico, quando ecco che vidi laggiù – o parvemi di vedere – una miriade di corpi aspettare in riva ad un fiume di lava bollente. Venne il traghettatore, ed io credetti di vedere Acheronte. Era invece Marco Travaglio, che gridava alle anime: “Guai a voi, anime pudiche”. Lì, sulla nave, ci fu pianto e stridor di denti, e quando le anime giunsero nell’altra sponda, un cartello faceva bella mostra di sé e recitava: “Lasciate ogni intimità sessuale voi ch’entrate”. Le anime, allora, dovevano dichiarare a forza come piacesse loro fare all’amore, e dovevano poi ballare al ritmo di samba brasiliana il motivetto che un arcigno mostro, dalle sembianze simili a quelle di Lucia Annunziata, ticchettava su dei fogli di carta prepagata.
Io me ne stavo terrorizzato e lontano, e al mio duca dissi: “Caro amico ti parlo, così mi distraggo un po’”. Ma egli, un po’ triste, rivoltosi a me rispose: “Attento al Lupo”. Ed io capii quanto meschini siano quei lupi, che per brama di far sentire al mondo il loro inutile ululato (più simile al latrato di una cagna da guardia al soldo del padrone della masseria), turbano le placide acque del golfo dei ricordi.
Antonio Giovanni Pesce
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